venerdì 5 ottobre 2012

Sólo sé lo que no sé


Ho 28 anni ed ho sempre avuto una tensione bipolare nella mia vita. Verso la scienza da un lato e, dall’altro, verso tutto quello che scienza non é.  Chiunque guardando alla mia vita direbbe che la prima ha vinto. Appena ho potuto scegliere ho deciso di fare il liceo scientifico, l’universitá, sono diventato ingegnere e poi ricercatore. Oggi porto avanti la mia piccola parte di scienza quotidiana, cercando di non scivolare dalle spalle dei giganti sulle quali mi trovo spesso a bivaccare. La seconda pulsione é rimasta invece perlopiú latente. Limitata piú o meno consapevolmente ai momenti di libertá. Oggi capisco che in realtá questa distinzione non esiste. Forse non é mai esistita, veramente. Un bel sospiro di sollievo.


LA SCIENZA

Da sempre la scienza mi ha affascinato in quanto ti permette di conoscere il mondo. Ti avvicina al perché e al per come delle cose. E non c’é margine: é precisa, univoca, ripetibile. É sicura, solida. Se ti ci addentri sul serio poi, ti puó perfino dare l’idea di riuscirle a controllarle le cose, quasi a predire come andranno a finire. É una specie di magia. Ma bisogna studiare duro per poterla controllare. Richiede anni e anni di sacrificio, direi quasi il compromesso di non smettere mai. Non é affatto facile arrivare a quei livelli, ma sono sempre stato profondamente affascinato da chi mi dava l’impressione di averlo raggiunto. Cosí ho sperato di poterlo fare anche io. Ho sempre considerato la scienza, prima ancora delle arti, come l’espressione piú nobile dell’essere umano e delle potenzialitá della sua mente, ció che ci contraddistingue. Lo stesso si potrebbe dire per le arti, certamente. Ma se mi aveste chiesto fino a poco tempo fa, non avrei avuto il minimo dubbio. Il sapere nobilita l’uomo, lo rafforza. É nel nostro destino quello di conoscere il mondo, per poterlo capire e adattarci ad esso per vivere meglio.

Il progresso. La scienza é la premessa necessaria e non sufficiente per il progresso. Non sufficiente perché non basta, dev’essere guidata da qualcos’altro... E qui entra in gioco quel qualcosa di latente. Chiamiamola filosofia. Chiamiamola spiritualitá. Chiamiamola arte. Chiamiamola sensazioni, emozioni, passioni. Chiamiamola etica, morale. Chiamiamola come volete, ma siate consapevoli che c’é. Che ci deve essere.
Recentemente ho avuto la fortuna di deviare dai binari del razionalismo per farmi un viaggio attraverso lande per me quasi desolate. Quelle che ti portano a pensare che, per quanto possiamo sapere, per quanto possiamo sforzarci... non sapremo mai niente. É stato davvero un viaggio rivelatore. La scienza dunque... che cos’é davvero la scienza?


L’ILLUSIONE DEL SAPERE

La scienza é l’illusione di sapere. Il mondo é talmente complesso, talmente vasto e misterioso che qualsiasi persona che si reputi razionale per davvero non puó che assentire sul fatto che non arriveremo mai a conoscerlo sul serio. Il controllo poi, quella piú che un’idea é un illusione. Un ulteriore passo verso la follia, é che questa nostra presunzione ci inviti addirittura a voler plasmare il mondo stesso secondo i nostri bisogni.

Piú mi immergo nella scienza e piú mi rendo conto di quello che non sappiamo. Ogni conclusione si appoggia su assiomi, ipotesi piú o meno verificate, interpretazioni soggettive di questo e di quello, quantificazioni di proprietá non misurabili. Ogni modello riflette in sé la nostra visione del mondo. L’importanza relativa che diamo alle cose. Uno scienziato serio questo lo sa. E non puó fare finta di niente. Che poi, per certe applicazioni, le approssimazioni della realtá cosí come la conosciamo attraverso quegli strumenti di cui noi stessi ci siamo dotati siano funzionali ai nostri bisogni... beh, quella é una gran bella cosa. Ma sono grato di aver compreso, grazie alle parole di persone illuminanti che avevano giá percorso questa stessa strada prima di me, che accanto alla soddisfazione di una previsione azzeccata ci deve sempre essere la consapevolezza della nostra nullitá di fronte allo sterminato e impenetrabile mondo che risiede al di fuori della nostra mente.


SCIENZA O COSCIENZA?

Arrivato a questo punto, la bilancia torna a pendere in misura uguale da entrambe le parti. Non é piatta, ma cambia continuamente di lato, in uno stato di equilibrio dinamico. La scienza, intesa come abilitá di usare la nostra razionalitá, é in equilibrio con la coscienza della nostra inadeguatezza a comprendere per davvero il mondo. Si alterna costantemente con la sempre piú profonda convinzione che la realtá in quanto tale ci é imperscrutabile. Che tutto quello che possiamo fare é darne un’interpretazione, che sappiamo essere soggettiva e, pertanto, necessariamente incompleta. E che occorre viverci in pace. Accettarla. Accettare di non sapere, per mantenere l’umiltá di imparare quel che si puó. Ma senza nemmeno darsi troppa importanza, perché quello che impari oggi puó non valere piú domani. E questo non solo perché sia la realtá fisica a cambiare. Noi cambiamo costantemente e con noi la nostra capacitá di interpretare e di leggere il mondo.

Per quanto grandioso, per quanto emergente in  dimensione collettiva o storica, il nostro intelletto e la conoscenza che ne deriva é pur sempre limitato. E questa limitatezza ci pone costantemente di fronte ad una scelta: é meglio conoscere in profonditá un aspetto specifico della realtá, oppure averne una visione piú globale, seppur generale? Oggi tendiamo ad avere un approccio riduzionistico, che riduce la realtá alla descrizione dettagliata delle sue parti. Ma come si puó pretendere di conoscere qualsiasi cosa, per circoscritta che sia, se si ignorano o addirittura si trascurano volutamente i legami che questa mantiene con tutte le altre componenti che con essa interagiscono costantemente e in maniera complessa? La risposta é semplice, non si puó. Cosí come non ci sarebbe possibile abbracciare la realtá nel suo complesso in un unico sguardo.




E allora? E allora niente. Tutto qui. Siamo coscienti che non solo di scienza e di razionalitá si nutre lo spirito umano. Siamo consapevoli che i problemi non si risolvono solo grazie a numeri che decidiamo noi. Che ci sono altre forze in gioco e che, spesso, sono perfino piú potenti. Che la tecnologia, riflesso applicato della scienza, non é – da sola – la soluzione a niente. Che una buona dose di autocritica fa sempre bene. Che dobbiamo mantenere l’umiltá che ci viene richiesta dalla nostra condizione di limitatezza. Che se una guida dobbiamo proprio avere, allora dovrebbe essere qualcosa di piú saggio, di piú grande e di meno limitato di noi. Nel tempo, nello spazio e in ogni altra dimensione.

La nostra guida, quella vera, sia allora la natura. Quella che vive attorno a noi. Assieme a noi eppur indipendentemente da noi. Quella che si sviluppa costantemente e da miliardi di anni, secondo leggi che ci sfuggono nella loro complessitá. Osserviamola, cerchiamo di capirla... ma sentiamola anche, rispettiamola, impariamo da essa. E accettiamola, per accettare noi stessi e tornare alla nostra vera dimensione: l’essere umano. Parte auto-cosciente di Gaia.






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