lunedì 25 febbraio 2013

Il pedone e il giocatore di scacchi


Questa sera non so cosa pensare. Sarebbe facile saperlo, ma non lo voglio fare. Sarebbe facile pensare “italiani coglioni”. Giá fatto... non porta da nessuna parte, non é né giusto né costruttivo. Sarebbe facile pensare “avete sbagliato tutto”... lo fanno in tanti, si...ma poi? Sarebbe facile pensare “me ne vado”. Giá fatto, ma ignorare il problema non fa che amplificare la questione. In definitiva, sarebbe facile sentirsi un osservatore del problema, piú che una parte integrante di esso.

Ieri mentre mettevo quelle due croci da analfabeta l’ho fatto con una coscienza precisa, avevo una speranza. La mia speranza andava oltre la sensazione diffusa che qualcosa stesse cambiando, andava oltre: era un atto di volontá. Volontá che qualcosa cambiasse. Era la speranza che potessimo ricordarci del nostro passato per interpretare a dovere il presente. E per immaginare il futuro. Era la speranza che le coscienze tutte degli italiani si fossero finalmente messe in moto, avessero per una volta acceso i sensori a indicargli la strada da dove venivano, la stessa sulla quale non si doveva tornare. La sensazione, questa sera, é che mi ero sbagliato. Non so se sia effettivamente cosí, la storia si interpreta solo a posteriori. In momenti come questi mi sento semplicemente un pedone sulla tavola degli scacchi, quelli che avanzano solo dritto, una casella alla volta, senza poter tornare indietro. Il giocatore di scacchi invece vede tutto dall’alto. Ha una tattica in mente, ha delle prospettive, combina nella sua mente tante pedine e conosce in anticipo la strategia dell’avversario. La storia, giocatore esperto, come al solito seguirá il suo corso. E come sempre sará soprendente capire in che modo aveva ragione lei. Potrebbe pure non sembrare, ma si stanno scatenando eventi che vanno al di lá della nostra comprensione. Il classico battito di ali di farfalla. E infatti non sembra. Ma io non sono un giocatore di scacchi, sono un semplice pedone.

E allora l’unica cosa che penso, questa sera, é che ho sbagliato tutto. E hanno sbagliato, come me, tutti quelli uguali a me. Tutti quelli che questa sera non sanno che cosa pensare, tutti quelli che una spiegazione proprio non la riescono a trovare. Tramortiti, attoniti, scossi. Hanno sbagliato gli intellettuali, i critici, quelli della sinistra, la sinistra vera. Hanno sbagliato quelli che si ritengono al di sopra delle bassezze, quelli che cercano la veritá con sincera dedizione, che rifuggono come la peste le facilonerie e le lusinghe elettorali, quelli che non ci stanno a sporcarsi le mani per giocare nel fango. Mi ci metto dentro anche io, in pieno. Abbiamo sbagliato. E non perché non avessimo ragione, ne sono ancora fermamente convinto. Abbiamo sbagliato perché questo non é il paese in cui vivamo. E lasciamo stare tutti i discorsi sull’italiano medio, su chi si informa solo attraverso la tv, su chi non ha capacitá critica e su chi non usa la testa se non per riempire lo spazio tra le orecchie. Lasciamo perdere tutti questi discorsi perché qui non si tratta di criticare, ma di assumersi le proprie responsabilitá. L’unica cosa che possiamo fare. L’unica cosa che in questo momento dipende davvero da noi.

Chiediamoci: com’é possibile che sia andata ancora cosí? Lo snobbavamo, lo davamo per finito, dicevamo che “gli italiani hanno imparato”... parlare al vento, senza parlare con gli italiani. Pensare che gli italiani votano con la pancia piú che con la testa senza cercare di farli ragionare per non farlo... é ancora piú grave che farlo noi stessi. Questo é il paese in cui viviamo. Questa é la gente che ci sta attorno. Questa é la NOSTRA gente. Questi SIAMO NOI. E come al solito, noi si ha quello che ci si merita. Prima di tutto: conoscere il problema.
La sinistra intellettuale é morta, ancora una volta. Dissanguata. Lacerata da un senso di superioritá misto ad una scarsa aderenza col mondo reale. Misto, verrebbe proprio da dirlo, a una mancanza di impegno politico. É morta per non parlare alla gente che vota con la pancia. É morta per non mettersi a discutere con loro. É morta per non cercare di far ragionare chi urla. É morta per non spiegare le cose come stanno davvero. É morta per non riuscire a farle capire alla gente. É morta per non volersi abbassare nel fango del dibattito politico di oggi, per non volersi sporcare le mani a raccogliere quell’asticella che in piú di 20 anni ormai é al livello fecale del suolo... perché solo cosí sarebbe stata in grado di tornare ad alzarla lá dove le compete stare. Con estrema umiltá e coraggio. Secondo: saper rispondere al problema. Parlare la lingua delle persone vere, anche se senza lusingarle e prenderle in giro sicuramente é piú difficile che ti ascoltino. Ma provarci.

Ecco dove sta la responsabilitá politica di ognuno di noi, militante o no. Politica é impegnarsi in prima persona. Fare divulgazione, parlare a chiunque, diffondere una coscienza critica, crescere insieme al tuo interlocutore in un dialogo costruttivo... tutto questo é un atto politico profondamente importante. Cosí come lo é – di segno contrario – il ritenersi al di sopra del problema, nella propria torre d’avorio lastricata di snobbismo a guardare il mondo dall’alto. Consapevoli, nella propria dignitá minoritaria, di avere la veritá in tasca e la protesta in ogni caso assicurata.

Forse non capiró mai come si legge una partita a scacchi, ma la responsabilitá di avanzare nella mia direzione stasera la sento forte. E come me, dovrebbero sentirla in tanti. Forse non staremmo qui a guardarci negli occhi sconvolti, stasera. Forse non ci sarebbero, dopotutto, serate come queste. Forse... se ognuno di noi facesse la sua casella in avanti con coscienza e convinzione... forse alla fine capiremmo che la storia, dopotutto, siamo noi pedoni.