domenica 10 giugno 2012

Elogio dell’incompletezza






“In qualsiasi cosa, l’uniformitá é indesiderabile.  
Lasciare qualcosa di incompleto lo rende interessante, 
da l’impressione che ci sia spazio per la crescita”

Yoshida Kenko in Tsurezuregusa (Saggi sull’ozio), 1322



La nostra ricerca quotidiana di ordinare il mondo secondo criteri di intellegibilitá é cosí forte da divenire  devastante per il mondo stesso che cerchiamo di comprendere. O di domaniare, sarebbe forse il caso di dire. La conoscienza spesso si distorce nel fluire dal mondo reale alle nostre menti, dandoci l’illusione del controllo su cose che in veritá non controlleremo mai. Perché non le riusciremo a comprendere mai fino in fondo. Tanto vale accettarlo e comportarci di conseguenza. Lasciamo da parte la presunzione e l’orgoglio, la ricerca della perfezione e la quadratura del cerchio. Abituiamoci all’incompletezza, stato costante nella sua transitoreitá verso sé stesso.




Percepiamo il mondo attraverso i nostri sensi. Da essi riceviamo le informazioni secondo le quali ci relazioniamo con esso e con le quali cerchiamo di comprendere quello che abbiamo davanti. Questo é il nostro primo livello di conoscienza, non  molto diverso da quello di tutti gli altri animali. Il secondo livello é la nostra capacitá di astrazione. Il potere della nostra mente. Entra qui in gioco la nostra capacitá di creare modelli per interpretare quello che i nostri sensi ci hanno detto finora, per prevedere risposte a domande che ancora non ci siamo fatti. È davvero magica la nostra capacitá di astrazione. Si pensi solo all’intero universo matematico creato nei secoli con le sue leggi e il suo linguaggio, che ci permette di arrivare a contemplare cose che non avremo mai la possibilitá di percepire con i nostri sensi. Senza poi parlare della filosofia e della costante tensione nei secoli dell’essere umano verso ció che trascende i suoi sensi. Conosciamo e ragioniamo di cose che non avremo mai la capacitá di vedere o sentire, ma cui riusciamo a dare una applicazione piú o meno pratica nella vita di tutti i giorni.

Questa nostra capacitá di astrazione é come una finestra su un altra dimensione, una dimensione che non ci é dato percepire ma che pure é lí davanti a noi. O attorno a noi, sarebbe meglio dire. Ed é senza limiti. Continuando sullo stesso percorso di astrazione, non dovremmo sorprenderci se, al pari di cose che non percepiamo e che pur possiamo immaginare e considerare al pari di oggetti concreti, ne esistessero altre che non solo non percepiamo, ma nemmeno immaginiamo. Non dovremmo meravigliarci se dopo piú di migliaia di anni di storia evolutiva, la nostra conoscienza delle leggi che governano il mondo é ancora del tutto parziale. Lo rimarrá sempre. Incompleta.

Ci sono quelli che credono che esista una veritá, e la nostra conoscienza é semplicemente un tentativo di avvicinarci ad essa, di raggiungerla. Altri non credono che di veritá ne esista una, ma infinite, come infinite sono le modalitá di intepretarla e rapportarsi con essa. In ognuno dei due casi, mi pare di poter concludere che si tratta di qualcosa cui possiamo solo – eternamente – tendere, senza per questo poterla mai raggiungere. Siamo limitati, facciamocene una ragione. I nostri sensi sono limitati, le nostre menti sono limitate. Le nostre vite sono limitate. Abbiamo ampliato i nostri sensi con strumenti straordinari, le nostre menti si sono sviluppate in modi incredibili, raggiungendo perfino quello che si potrebbe definire come una mente collettiva, che tramanda le proprie conoscienze ben oltre i limiti delle vite individuali. Ma non é ancora abbastanza. Né lo sará mai.
La nostra visione del mondo, la nostra conoscienza, sará sempre incompleta e parziale. E cosí dobbiamo accettarlo. Ció non significa fermare il progresso, tutto il contrario. Ció significa peró che per quanto lo si porti avanti, non sará mai abbastanza da darci la sicurezza di aver capito il mondo. Né tantomeno di poterlo controllare o piegare a nostro piacimento. Occorre quindi guardare alla realtá attorno a noi con altri occhi rispetto a come facciamo ora. Non dare mai nulla per scontato perché, per quanto universalmente accettato possa essere, potrebbe risultare un giorno completamente fallace. O, ancora peggio, potrebbe semplicemente esserlo senza mai rivelarsi tale.

Alla luce di ció vale sempre piú la pena domandarsi se la nostra societá sia davvero un anello definitivo, o quantomeno stabille, nella catena dello sviluppo umano. Nonostante sia ora universalmente accettata come tale. Oppure se in realtá non stiamo credendo troppo alle favole che noi stessi ci raccontiamo. Vale la pena chiedersi se dovremmo, invece che credere a noi stessi, aprire bene gli occhi e cercare altri modelli solidi di sviluppo, plasmati dalla natura nel corso di milioni di anni. Il tempo che noi non abbiamo mai avuto, né avremo mai.
Dice Bill Mollison che tutto quello che c’é da imparare nella vita é davanti ai nostri occhi quando camminiamo in un bosco. Direi che noi, invece, abbiamo preso una strada radicalmente diversa per organizzare le nostre vite. Limitando il verde presente nelle nostre vite a sporadiche creazioni artificiali e sotterrandoci in un mare di cemento. Condivisibile o no come stile di vita, resta il fatto che lo abbiamo creato noi, basandoci su considerazioni estemporanee se comparate con i tempi della natura. Eppure non ci passa nemmeno per la testa rivederle in qualche modo. Dietro questa convinzione ferrea c’é ben piú che l’umana arroganza, c’é l’infida credenza di possedere qualcosa che in realtá non riusciremo mai ad avere se non forse solo in una minuscola parte: conoscienza.
La nostra conoscienza é necessariamente caratterizzata dalla validitá parziale che deriva dalla limitatezza dei nostri sensi e della nostra mente. Faremmo meglio a capirlo, ad accettarlo e comportarci come tale. La ricerca della perfezione é una menzogna. Non lo é la ricerca della conoscienza, ma questa deve essere onesta e rendersi conto che, in qualsiasi momento, potrá solo essere parziale. Scordiamoci quindi la perfezione o, il suo riflesso, la completezza. L’incompleto deve essere il nostro stato mentale, quell’incompleto che ci stimola alla crescita senza fine, senza preconcetti e senza aspettative frustrate.




Sentiamoci a nostro agio nell’incompletezza, é la nostra condizione naturale di esseri umani. Non accontentiamoci davanti all’illusione di un qualcosa che non possiamo raggiungere. Riconosciamo la nostra vera natura e viviamo di conseguenza. Smettiamo di correre dietro alle chimere ed apriamo bene gli occhi invece, davanti alla vera unica maestra che abbiamo sempre avuto attorno a noi. Ascoltiamo l’eco dei boschi. È quanto di piú sensato possiamo fare. Forse.





“La mente umana é alla disperata ricerca di modelli, per questo siamo ossessionati dalla simmetria. Un modello implica un significato. Peró a volte le cose accadono per puro accidente e non seguono nessun modello.”

Marcus du Sautoy, Simmetria.