sabato 12 novembre 2011

Cosa dovremmo pensare?


Sono giorni di fermento, giorni in cui ti puó anche scoppiare la testa a forza di pensarle tutte. È proprio in giorni come questi che l’unica soddisfazione che uno può prendersi è quella di fermarsi un momento a pensare e riflettere su cosa stia, effettivamente, succedendo. Perché se proprio di devono fregare in qualche modo, almeno esserne consapevole. Saperlo, capire il come e il perchè. Magra consolazione.
Da dove si parte per provare a mettere un po’ di ordine? Come sempre, iniziamo dai fatti.

Il governo Berlusconi è finito. Il berlusconismo, pesantissima eredità di molti più dei 17 anni di governo, quasi sicuramente no. Siamo sull’orlo della bancarotta. Non capiamo bene se la democrazia esiste ancora o no. Perchè se in Africa i governi cadono sotto le bombe, quelle vere, in Europa e nel mondo libero ormai cadono sotto gli oscuri colpi della finanza.

La vera domanda qui è: Cosa dovremmo pensare? Qualcuno, uno che ne sapeva, diceva che a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina...vediamo dunque.

Possiamo immaginarci che la realtà esista sottoforma di due livelli, due mondi paralleli.
Uno è quello ufficiale, quello delle dichiarazioni, quello formale. Quello della politica, per intenderci. Quello di facciata, che tante volte puzza ma che si fa meno fatica ad ingoiare e mandar giù perché tutto sommato si capisce e si crede di conoscere. L’altro é quello oscuro, sotterraneo, quello che muove i fili restando nell’ombra, che ci rende tutti burattini. Quello delle cosidette teorie del complotto, quello che niente è come sembra, niente è scontato. Quello che bisogna scavare sotto la superficie per vederci chiaro, quello che tutto ha un doppio significato. Simbolismo e massoneria. Elite non elette. Mondo finanziario e gotha globale. Matrix.

A quale credere? Se ti fai questa domanda, è evidente più che mai che non c’è niente in cui credere. Non bisogna credere, bisogna per quanto possibile cercare di informarsi e far girare le rotelline arrugginite che tutti abbiamo in testa. Iniziamo da qui allora.

Mondo ufficiale

Si fa un gran parlare di governo tecnico. Dovremmo andare democraticamente a votare o delegare temporaneamente la nostra sovranità a qualcuno che non abbiamo eletto ma con le competenze per tirarci fuori dai problemi? La domanda assume un significato particolare qui: crediamo ancora nella politica?

C’è chi sostiene che la politica non serva a niente. Spesso mi ritrovo a pensarlo anche io. La politica, intesa come il teatrino cui stiamo assistendo ormai da troppo tempo, staccata dai bisogni e dalla passione della gente, quella che si alimenta di ideologie piuttosto che di problemi concreti e quotidiani, che si nutre di miti elaborati ad arte, aliena alle dinamiche del mondo reale, quella politica non serve a niente.
Peró le masse non si gestiscono da sole e noi, volendo o nolendo, nei nostri 7 miliardi di unità siamo masse. Quindi si è inventata la democrazia rappresentativa per delegare il proprio potere decisionale a qualcuno, sulla base di principi condivisi. Su basi prevalentemente ideologiche. E qui è dove le cose, ultimamente, sono cambiate. Con l’avvento della società della comunicazione, dell’accesso all’informazione e alla conoscienza reso possibile a tutti, del boom dell’educazione, forse è ora di pensare la cosa diversamente.

C’è qui chi sostiene che i problemi che ci troviamo ad affrontare sono, per la stragrande maggioranza, problemi di natura tecnica e, come tali, andrebbero affrontati. Non c’é un modo di destra o di sinistra per costruire un aereo, se vuoi farlo volare. È qui allora che la politica perda ogni senso. Quello che servirebbe non è la politica al potere, ma la ragione al potere. Delegare le decisioni che affettano il bene della comunità piú che alle ideologie ad un processo logico e razionale, basato sul metodo scientifico. Dimostrami che hai ragione, non dirmi che hai ragione. Se possiamo descrivere un problema in termini matematici, scientifici, allora abbiamo degli strumenti eccezionali per poterlo risolvere. Per risolverli in maniera libera da contraddizioni, da doppiogiochi, da corruzione, da menzogne, da convenienze personali. È tutto trasparente e sotto gli occhi di tutti.

In una prima approssimazione, è quello che si intende per governo tecnico. Se poi volessimo emanciparci da quell’enorme limitazione che è la necessità di delegare a pochi le decisioni che affettano il bene di tutti, allora arriveremmo alla ricchezza vera, quella che nasce dalla cooperazione. È il concetto dell’open source. Nella sublimazione di questo concetto, tutti possono e tutti DEVONO partecipare. Abbiamo gli strumenti per poterlo fare, oggigiorno. Questa, sì, sarebbe democrazia allo stato puro. Wikitecnocrazia 1.0.

Ma rimaniamo con i piedi perterra, rimaniamo nel presente. Torniamo alla democrazia rappresentativa, si parlava di governo tecnico. Una prima approssimazione. Basi tecnico-scientifiche, non sinistro-destriche. In questo senso mi pare che non possa che essere una buona novitá. In un momento in cui siamo sull’orlo del baratro non vorrei proprio affidare le nostre sorti nelle mani di chi si preoccupa di garantire una maggioranza piuttosto che di risolvere i problemi che abbiamo. Se i problemi sono principlamente economici preferisco, lo confesso, un economista a un politico. Problemi che sono sotto gli occhi di tutti, e non sono nè di destra nè di sinistra.

Se solo uno non volesse considerare anche quel submondo che potrebbe esistere sotto la superficie, parrebbe proprio che le cose si stiano mettendo per il verso giusto.

Mondo oscuro

C’é chi dice che non esiste più la sovranità popolare, in quanto tale. Che gli stati nazionali non hanno più alcun senso. Che i nuovi stati, al giorno d’oggi, sono le multinazionali. Che chi muove i fili di tutto quello che succede sono una manciata di persone dell’elite finanziaria mondiale, che si riuniscono in totale segretezza con lo scopo di dirigire gli avvenimenti a livello globale in modo da ricavarne un beneficio, loro, alla spalle di tutti gli altri, il famoso 99%. Una specie di setta oscura e malefica che, mossa da interessi esclusivamente personali, perpetua quotidianamente un unico enorme crimine contro l’umanità. Concentra la ricchezza mondiale nelle mani di pochissimi a scapito della qualità delle nostre vite e dell’ambiente. Con disprezzo per la vita stessa. Il potere per il potere.

Avete visto matrix? Ecco. Nel vero mondo ombra invece delle macchine chi controlla il mondo fittizio in modo da darci l’illusione di essere arbitri delle nostre decisioni (vedasi democrazia rappresentativa) è probabilmente un gruppetto di qualche centinaio di persone di cui non si conosce la faccia, chiusi in una stanza e che ci guarda sogghignando maleficamente dall’alto di un qualche superattico.

Dovremmo crederci? Abbiamo abbastanza prove quotidianamente sotto gli occhi a suffragare questa ipotesi, prove che forse tante volte non siamo abbastanza allenati da vedere. O non vogliamo vedere.

Dove voglio andare a parare?

C’è chi dice che il governo in Italia è caduto per colpa dei mercati. Qualunque cosa significhi, non ha poi tutti i torti. Qualche potere oscuro – che la gente comune non capisce,  non conosce –  ha assestato un attacco mortale negli ultimi giorni. Il governo è caduto immediatamente dopo mesi, forse anni, in cui stava in una specie di coma farmacologico. Un’escalation inarrestabile. Gli stessi che sostengono queste cose ci dicono anche attenti, perché il salvatore della patria, il tecnico competente che sta arrivando a salvare il paese, l’unico e il solo che puó uccidedere quel drago malefico che è lo spettro incombente della bancarotta, altro non è che un uomo mandato proprio dallo stesso potere occulto. Quello che controlla i fili del mondo. Lo stesso che ha appena assestato il colpo mortale. In quest’ottica, sarebbe il crimine perfetto. Agendo nell’ombra tutto è possibile.

Assestiamo un colpo mortale ad un paese, con le nostre armi finanziarie, poi mandiamo uno dei nostri a prenderne il comando col pretesto di salvarlo. E a salvarlo, dato che i fili di tutto li muoviamo noi, certo che ci riuscirà. La gente lo acclamerà. Nel frattempo li convinceremo che dovranno fare sacrifici, che è l’unico modo per risolvere il problema. Diamo la colpa alla politica e mandiamo un non politico. Il problema è economico? Mandiamo un economista. Il crimine perfetto. Saranno perfino contenti di morire lentamente. E qualcuno ci guadagnerà, come sempre.

Cosa dovremmo pensare?

Non lo so. In ogni caso non è che cambi più di tanto le cose, adesso come adesso.
Quello che mi fa sospettare è che, ancora una volta, depositiamo tutte le nostre speranze in un illuminato uomo della provvidenza, l’uomo giusto al momento giusto. Sbucato fuori all’improvviso dall’ombra. Un uomo nuovo. Che salverà l’Italia, l’Europa e il Mondo (per dirla con il Wall Street Journal). Siamo pieni di aspettative e pronti al peggio. Sull’orlo dell’esasperazione e della paura non si ha più tempo per la critica, si fa passare qualsiasi cosa alla svelta. Per far fronte alle emergenze, si è pronti a tutto. Noi siamo il paese delle emergenze. Ma se le emergenze fossero create ad arte per indorarci la pillola?

A pensar male si fa peccato...








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