sabato 14 dicembre 2013

Tutta la luce che illumina il giorno, un tempo dormiva in un punto solo

La luce, lo sappiamo, si propaga in linea retta. Pensate ai raggi che entrano dalla finestra di una stanza in penombra, così ben definiti. A guardare una sorgente luminosa da lontano, essa ci apparirà quindi come un punto brillante che irraggia luce in ogni direzione dello spazio. Come una stella. Guardarla direttamente fa quasi male agli occhi, guardare la sua luce allontanarsi invece è più facile. Questo perché i raggi tendono a divergere gli uni dagli altri, disperdendosi. Per cui mano a mano che ci allontaniamo dalla sorgente, la luce è sempre meno concentrata. È come quando si soffia dentro ad un palloncino su cui sono stati disegnati dei puntini. Quanto più si gonfia, tanto più i puntini si allontanano tra di loro.



Ora ribaltiamo il nostro punto di vista. Pensiamo di voler raccogliere la luce che ci arriva da quella stella. Più che rincorrere ogni raggio di luce mentre scappa nella sua direzione, perché non pensare di catturarla all'origine? Come? Avvolgendo la fonte in qualcosa di sferico, una sorta di retino caccia-luce. Quanto grande? Dipende da quanto siamo lontani dal centro. Più ci avviciniamo al nucleo infatti, al cuore pulsante della stella, e più potremo ridurre le dimensioni del nostro retino visto che l’energia è tutta lì, non si è ancora dispersa. Posto che il nostro retino resista a quell'intensità energetica, si farebbe peraltro molta meno fatica che ad averne uno gigantesco che avvolga la stella intera.

Problem busters
È un po’ quello che succede con i problemi. Poniamo di avere 1’000 problemi da risolvere. Se ci accorgiamo che in realtà questi derivano da una causa comune, non ha senso risolverli uno a uno. Nè ha senso aspettare che si ingigantiscano o si disperdano, prima di fare qualcosa. Per essere davvero efficaci, bisognerebbe invece andare quanto prima alla causa comune e cercare risolverli tutti una volta per tutte.
D'altronde è banale, semplice logica. Eppure lo dimentichiamo, continuamente. Lo facciamo tendenzialmente perché confondiamo la causa con l’effetto, la fonte di energia con la forma in cui questa si propaga, l’idea con la sua realizzazione. Pensiamo che la lampadina accesa e la luce che emana siano la stessa cosa. Non lo sono.  E allora diamo la caccia col nostro retino ad ogni singolo problema come se fosse in sé una causa primaria, mentre in realtà non è che l’effetto di una causa più profonda e per questo meno visibile. Soprattutto ad occhi superficiali. Soprattutto ad occhi distratti.
Succede quindi che per risolverli tutti, quei 1’000 problemi, dobbiamo spendere 1’000 volte energia. Talmente tanta che spesso lasciamo perdere. Magari usiamo perfino 1’000 retini diversi. Il tutto mentre la loro causa profonda – irrisolta – continua a pulsare, a irraggiare e a crearne altri – di problemi – che noi torneremo a cacciare come sempre. “Problemi irrisolvibili”, ci diciamo allora. Oppure: “Ce ne sono troppi, da dove iniziare?” Oppure ancora, “Ne arriverà comunque un altro, tanto vale evitare di dannarci a risolvere questo”. E loro, nel frattempo, restano lì a tormentarci. È evidente che si capisse che esiste, e dove sta, una causa comune sarebbe tutto molto più semplice.
Perché a volte non immaginiamo nemmeno che esista. Altre volte, pur intuendo che debba esserci un nucleo che irraggia da qualche parte, non riusciamo a trovarlo. Magari cerchiamo nella direzione sbagliata. O seguiamo percorsi troppo tortuosi anche se, l’abbiamo detto, i raggi di luce viaggiano in linea retta. Per cui osservando dove si incrociano ci sono buone possibilità di trovarne la fonte. E se funzionasse così anche con i problemi?

Geometria conoscitiva
Pensiamo di stare su di una sfera immaginaria, la sfera delle questioni irrisolte. Una sfera fatta di tutti i problemi che ci tormentano, come puntini sulla superficie collegati tra loro da una rete. Sforziamoci di conoscerla, questa rete, di tessere le relazioni tra una questione e l’altra in modo da contestualizzare, da relativizzare, da associare e dissociare, da mettere in prospettiva. Ma non fermiamoci lì. Ogni questione irrisolta è infatti collegata alla sua causa profonda, quella che sta al centro della sfera. Il nucleo pulsante di ogni questione, che si materializza in mille forme diverse nel suo irradiare problemi come raggi di luce. Ognuno dei quali diventa un puntino sulla superficie della sfera, nel suo propagarsi. Proprio come una stella. Chiaramente, lo avrete capito, è uno schema molto semplificato, ma funziona. Possiamo pensare a diversi livelli di aggregazione, passando da un problema ben concreto su cui indagheremo più in dettaglio fino alle questioni fondamentali che tratteremo in maniera necessariamente più generica. A volerla complicare di più, si tratta in realtà sempre di sfere nelle sfere. Sfere più piccole contenute in quelle più grandi. Ma lasciamo perdere per il momento. Quello che ci interessa veramente ora è di unire tutti i puntini con il centro della sfera, con la loro causa profonda. Quella che poi, l’abbiamo detto, laggiù tende a essere la stessa per tutti. Perché ci interessa? Beh, ma è molto semplice: per costruire un retino abbastanza resistente da poterla ingabbiare, quella causa, il più possibile vicino all'origine.

Il menù del giorno
Oggi viviamo costantemente immersi in una miriade di problemi che ci angosciano e non ci lasciano tregua. Basta accendere la tv per saperlo (è solo un esempio, in realtà non fatelo per favore). Crisi, disoccupazione giovanile, aziende che chiudono, tasse che aumentano. E poi guerre, terroristi, delinquenti e degrado urbano. E poi frane e alluvioni, i morti e i feriti, le emergenze continue. E il governo che non fa, la politica che non rappresenta, l’economia che non va. E poi ancora l’ambiente, il cambio climatico, la deforestazione e tutto il resto. Tutti temi importanti. Tutti difficili da risolvere. Quanti soldi – ci chiediamo –  quante risorse, quanta volontà politica servirebbe per tappare tutte queste falle? Che poi ognuno ha la sua idea sul come fare. E magari poi va a finire che per una che ne tappi ne saltano fuori altre 10. Eccoci caduti nella solita spirale di disperazione inconcludente...

Proviamo però a tracciare la nostra mappa conoscitiva. La nostra rete sferica. Ci accorgeremo presto, relativamente presto, che si evidenzia un centro comune a tutte queste questioni. Un nucleo da cui propaga e si espande tutto quello di cui veniamo continuamente bombardati. Un nucleo che è rappresentato dal nostro sistema socio-culturale, ossia l’insieme delle leggi e convenzioni umane su cui abbiamo basato la nostra società. In altre parole: quello a cui diamo importanza, e quello a cui non ne diamo, senza nemmeno sapere il perché.
Perché (ad esempio) si lavora sempre di più, anche quando ormai ci si riesce a garantire la copertura delle proprie necessità, a scapito del tempo libero? Passare tempo con la famiglia e gli amici, attività ricreative e rilassanti, culturali... perché sembra non esserci mai tempo per queste cose? Sembra stupido anche solo farsela, una domanda del genere: la risposta è talmente ovvia! “Perché bisogna lavorare”. E se si diventa bravi e serve meno tempo per fare la stessa cosa non vuol dire che si può lavorare meno tempo, vuol dire che si potrà – a conti fatti – lavorare di più nello stesso tempo. È solo un esempio, piuttosto attuale, ma solo un esempio. Viviamo costantemente immersi in tutto questo, da sempre. Convenzioni sociali e leggi umane. Tutte create da noi. Non ce ne accorgiamo nemmeno più, tanto che è davvero difficile metterle in discussione. Sono i fondamenti della nostra civiltà, quelli da cui tutto il sistema in cui siamo nati e cresciuti dipende. Per immaginare alternative serve un notevole capacità di astrazione. E serve conoscenza. Eccoci al punto della questione: la conoscenza.

Fatti non foste a viver come bruti
Il fulcro irradiante di tutti maggiori i problemi che vediamo oggi è proprio il paradigma socio-culturale su cui si basa la nostra società. Il capitalismo cannibale, di cui il consumismo sfrenato e compulsivo non è che il braccio armato. Da lì nascono le guerre e la fame nel mondo. Da lì nascono povertà e ingiustizia sociale. Da lì nasce l’economia del saccheggio, quella che non è in grado di sostenersi sul lungo periodo. Da lì nasce la corruzione e l’inadeguatezza della classe politica, collusa con i poteri forti economici. Da lì nasce l’omologazione culturale e l’appiattimento, l’eradicazione delle diversità. E da lì nasce il più importante degli strumenti di controllo: l’ignoranza.

Come per ogni sistema dominante in ogni epoca storica infatti, anche quello odierno tende a preservare sé stesso, propagandosi nel tempo e nello spazio. Per farlo ha bisogno di propaganda, ha bisogno di supporters e tifosi ciechi. Gente che deve svolgere il compito che gli è stato assegnato senza avere una visione d’insieme, senza preoccuparsi del resto. Ingranaggio di una macchina perfetta, progettata dall'alto. Gente che deve conoscere solo il lato buono del sistema, rimanendo all'oscuro di tutto il resto. Ed eccovi servita l’ignoranza. Eccovi servita la distrazione. Eccovi servito il futile. Eccovi servita la sfera intricata dei 1’000 problemi apparentemente indipendenti da dover risolvere. Ma anche la matassa inestricabile delle preoccupazioni quotidiane che non ci lascia né tempo né modo di andare oltre, di giungere alla fonte. Quella che ci succhia ogni energia, rendendoci impossibile destinarne una parte men che minima a indagare questioni che vengono infatti percepite come secondarie, inutili perché lontane, troppo astratte. La fonte viene ignorata, perché non se ne conosce l’importanza. Laddove dovremmo concentrare le nostre energie per far crollare come un castello di carte il costrutto di tutti i nostri tormenti, lasciamo che siano sporadiche incursioni a farla da padrone, motivate più dalla noia o dal senso di colpa che altro. È così che la fonte si protegge. E continua a irraggiare su tutte le nostre vite.

La conoscenza è l’arma più potente che abbiamo a nostra disposizione per scardinare questo schema che ci vede subalterni. Per riacquisire la nostra dignità e tornare a decidere per noi stessi. Per il bene nostro e di tutta la comunità di persone a cui teniamo. Grande o piccola che essa sia. Conoscenza è tessere una rete solida che unisca i puntini sparsi sulla nostra sfera. E sapere che al tirare un filo ne seguono altri, mentre altri rimangono immobili. Ma è anche andare in profondità, verso la fonte, collegandovi ogni puntino. Dalla superficie al cuore, che è uno solo. Ed è lì che la conoscenza diventa coscienza. Ed è solo con la coscienza profonda che si conducono e si vincono le battaglie. È solo con una grande coscienza che si diventa forti nel portare avanti le proprie cause. 

È solo con la coscienza che si progredisce e si immaginano, poi si creano, le condizioni per un mondo migliore. 

Perché conoscere è sapere di potere.