tag:blogger.com,1999:blog-51520489967647831842024-03-21T16:31:55.153+01:00STAND UPMi alzo in piedi contro l’ignoranza perché credo che ce ne sia bisogno.
Mi alzo in piedi perché c’é bisogno di consapevolezza.
Mi alzo in piedi contro la paura del diverso e la mancanza di dialogo.
Mi alzo in piedi contro l’immobilitá che ci avvolge e ci stordisce.seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.comBlogger49125tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-74323721431142000492014-09-23T14:37:00.001+02:002014-09-23T14:37:39.550+02:00In marcia per il nostro futuroPubblico di seguito il mio intervento integrale in occasione della Marcia per il Clima a Rimini, Giovedì 18 Settembre 2014. Quel giorno abbiamo inaugurato una serie di manifestazioni a livello globale sfociate domenica 21 Settembre in più di 2'600 eventi organizzati in 156 paesi diversi, per un totale di oltre 165'000 persone scese in piazza a dimostrare la loro determinazione a vivere in un Mondo pulito e rinnovabile al 100%.<br /><br />La testimonianza di quella giornata è un gruppo di persone come te che si sta organizzando a Rimini per continuare la mobilitazione, la sensibilizzazione e la promozione di attività che aiutino a migliorare le nostre prospettive future. Aspettiamo anche il tuo contributo, qualsiasi esso sia sarà il benvenuto. Per info ci trovi su:<br /><br />Facebook: Marcia Globale per il Clima a Rimini<br />
Twitter: @climarimini<br />
<br />
Chi non avesse voglia di leggere tutto si porti a casa almeno questo messaggio:<br />
<br />
"Capite quello che sta succedendo attorno a voi, e poi guardatevi dentro e capite quanto sia importante agire. E allora iniziate, ognuno per sé, a fare la vostra parte. <b>Fate la cosa giusta, la gente seguirà il vostro esempio e la storia vi darà ragione. </b>E allora davvero saremo in tanti. E non potranno non ascoltarci. Ma faccio qui una scommessa: in quel momento, nel momento in cui saremo davvero in tanti a fare quello che serve, non ci importerà più essere o meno ascoltati. Perché avremo già risolto il nostro problema."<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrd80mrCVDmDVwgaXbFhqFvrkV4AP34Uiyf_C4vdzXBhmsBTxoctlu5Fw6-hfY-lnv5SUNZrGEU___UBhE7hjcUaqxhs7qfRMlF8Odten9vEUHROdf2Sxb0wOPSuuO8BDH6QfSmuQH-Ns/s1600/fb6.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrd80mrCVDmDVwgaXbFhqFvrkV4AP34Uiyf_C4vdzXBhmsBTxoctlu5Fw6-hfY-lnv5SUNZrGEU___UBhE7hjcUaqxhs7qfRMlF8Odten9vEUHROdf2Sxb0wOPSuuO8BDH6QfSmuQH-Ns/s1600/fb6.jpg" height="426" width="640" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: center;">
Marcia Globale per il Clima a Rimini, ci trovi su Facebook e su twitter come @climarimini</div>
<br />
<div style="text-align: center;">
* * *</div>
<br />
<br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="font-family: Cambria, serif; line-height: 115%;"><span style="font-size: large;">In marcia
per il nostro futuro</span><span style="font-size: small;"><o:p></o:p></span></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">“Oggi è quando inizia la nostra storia, la storia di un momento unico nel
cammino dell’uomo. Non l’abbiamo scelto, ci è capitato. Ogni generazione ha
avuto le sue gatte da pelare, a noi ne è toccata una bella grossa. È la lotta
del nostro tempo. Siamo i primi a sentire gli effetti dello sconvolgimento
climatico, e allo stesso tempo gli ultimi a poter fare qualcosa per fermarlo.
Siamo chiamati ad affrontare un problema che in futuro determinerà dove
vivremo, come vivremo, e se vivremo.”<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Parlare da qui oggi per me è molto
importante, perché posso fare la mia parte. In quanto cittadino di questo
pianeta, esattamente come voi, <u>ho il potere e il dovere di fare la mia
parte, esattamente come voi.</u><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Per parlare dei cambiamenti
climatici dobbiamo capire razionalmente cosa sta succedendo prima di tutto, dobbiamo
parlare di scienza. Ma capire non basta, bisogna fare qualcosa, e per fare
servono le <b>motivazioni, la voglia, la
passione</b>. Per questo oggi proverò sí a parlare ai vostri cervelli, ma per
una volta anche ai vostri cuori.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Conoscete <b>l’IPCC</b>? È l’agenzia intergovernativa sul cambio climatico, il più
autorevole organismo internazionale sul tema. È composto da scienziati di tutto
il mondo che in maniera volontaria raccolgono ed esaminano dati scientifici (pubblicati
in tutto il mondo) per capire essenzialmente tre cose. La prima: esiste il
cambio climatico, e se si, è dovuto alle azioni dell’uomo? La seconda, quali
sono gli impatti, le conseguenze, e come possiamo fare noi per adattarci ad
esse. E la terza: possiamo addirittura mitigarle, cioè ridurle, visto che ormai
tornare indietro del tutto non si può?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Piú o meno ogni 5 anni dal 1990
l’IPCC rilascia un rapporto che è un po’ la bibbia del cambio climatico, visto
che descrive la nostra attuale conoscenza di una materia incredibilmente complessa.
Conoscenza che poi deve servire a stabilire una base comune a livello globale
affinché la politica possa prendere <b>decisioni
informate ed efficaci</b>, su una questione che riguarda tutti. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Bene nell’ultimo rapporto,
rilasciato proprio quest’anno, l’IPCC ci dice che un paio di cose fondamentali
sono diventate finalmente chiare. Si, il cambio climatico è una realtà, <b>esiste</b>, non se lo sono inventato gli
hippies. E si, non per volerci autoflagellare, ma abbiamo anche capito che è
palesemente <b>dovuto alle nostre azioni</b>.
<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Nel 2007 l’IPCC ha vinto il premio
Nobel per la pace, assieme ad Al Gore, autore del film “An inconvenient truth”,
tradotto in italiano come <i>una scomoda
verità</i>. Questo perché studiando un problema così grande da riguardare il
mondo intero, si prevengono letteralmente le <b>future guerre per le risorse</b>. Ma anche perché a soffrire
maggiormente degli impatti del cambio climatico saranno, manco a dirlo, i più
poveri e vulnerabili. E quindi cercare modi per risolverlo è un modo per
aumentare la <b>giustizia e l’eguaglianza a
livello mondiale</b>.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;"><b>I FATTI</b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="line-height: 115%;"><b><br /></b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">M</span><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">a di cosa stiamo parlando? Spesso si
fa confusione tra cambiamento climatico, riscaldamento globale, effetto
serra... queste cose non sono la stessa cosa, ma una la causa dell’altra: il
cambio climatico è provocato dal SURriscaldamento gobale, che a sua volta è
provocato dall’effetto serra. In realtà
funziona un po’ come una coperta: immaginatevi l’intero pianeta avvolto in una
coperta di lana, va a finire che si scalda. Quella coperta è fatta di CO</span><sub style="line-height: 115%;">2</sub><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">
e di altri gas detti climalteranti, che assorbono il calore che la Terra emette
dopo esser stata riscaldata dal Sole e lo rimbalzano di nuovo verso il basso
contribuendo a scaldarla. Oltre alla CO</span><sub style="line-height: 115%;">2</sub><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"> i più importanti sono il vapore
acqueo, il metano e il protossido di azoto. Questo effetto coperta non è un
male in sé, giacché senza di esso non si potrebbe abitare questo pianeta perché
sarebbe troppo freddo. Il problema è quando la coperta di lana si ispessisce
sempre di più: va a finire che si scalda troppo, </span><b style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">surriscaldamento globale</b><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">. È provato, l’abbiamo misurato, abbiamo
capito fuori da ogni dubbio che tutto questo è dovuto principalmente alle
nostre attività.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><b>Le cause</b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><b><br /></b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">C</span><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">’è stato un momento nella storia
dell’uomo, a partire da metà 800’, in cui abbiamo scoperto di avere sotto i
piedi una fonte di energia incredibile, concentratissima e ampiamente
disponibile: i </span><b style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">combustibili fossili</b><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">,
carbone, gas naturale e petrolio. Erano talmente abbondanti e densi di energia
da farci ubriacare, energia praticamente gratis. E siccome senza energia non si
fa nulla, ma con l’energia si può fare tutto, ecco la rivoluzione industriale,
lo sviluppo tecnologico e l’emergere della società moderna. Qualsiasi cosa che
facciamo o che usiamo oggi dipende in tutto e per tutto da consumi spropositati
di energia fossile: per arrivare fin qui, per scaldare e illuminare le nostre
case, per scaldare l’acqua e ormai perfino per tostare il pane a colazione.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Ma da quell’ubriacatura non ci
siamo mai veramente ripresi, ci siamo abituati talmente bene che ne usiamo
molta più di quella che ci serve, semplicemente perché possiamo. Ecco allora
nascere, più che la società dei consumi, la<b>
società degli sprechi</b>: oggi divoriamo quantità enormi di energia, spesso in
maniera del tutto inutile e spesso male, usandone di piú di quella che
realmente ci servirebbe. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Ma tendiamo a dimenticarci, e non
dovremmo, di un’altra conseguenza dell’utilizzo dell’energia fossile, cioè che per
produrla stiamo bruciando combustibili che inevitabilmente <b>liberano la famosa CO<sub>2</sub>.</b> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Ecco da dove ha inizio tutto: <u>il
nostro stile di vita, combinato con un sistema che si basa sui combustibili
fossili, ci costringe a liberare sempre più CO<sub>2</sub> in atmosfera, da cui
il surriscaldamento globale, da cui il cambio climatico</u>.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><b><br /></b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><b>Alcune conseguenze</b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">A</span><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">vete presente i tifoni e le
tempeste tropicali? Sapete perché si chiamano tropicali? Perché avvengono ai
tropici, e avvengono ai tropici perché ai tropici fa caldo, e allora l’acqua
evapora molto di più e si concentra in atmosfera provocando proprio la nascita
di queste tempeste che non fanno altro che scaricare l’eccesso di energia
accumulato dalla terra. Già da qui capiamo che non si tratta di andare a
lavorare in infradito anche di inverno, c’è molto di più: è molto probabile che
di questo andazzo gli </span><b style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">eventi estremi</b><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">
aumentino di frequenza e intensità, arrivando anche in regioni dove prima non
si verificavano. E quindi mareggiate, inondazioni, piene eccezionali e frane
provocate dal dissesto idrogeologico.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Altre cose che ci possiamo
aspettare è la <b>trasformazione degli
ecosistemi</b> tradizionali, visto che la vita dovrà adattarsi a condizioni
climatiche diverse da quelle che abbiamo connosciuto finora. Questo include la <b>desertificazione</b> di aree prima fertili,
con conseguente diminuzione della produzione agricola e difficoltà negli approvvigionamenti
idrici. In poche parole: <b>meno cibo e
meno acqua</b>, oppure cibo e acqua più cari che poi è la stessa cosa. Ma anche
la proliferazione di <b>malattie tropicali</b>
in zone dove un tempo non vi erano, l’innalzamento del <b>livello del mare </b>che a sua volta favorisce le mareggiate e
inondazioni, lo <b>scioglimento dei ghiacci</b>:
tutto questo richiederà alle economie del futuro di adattarsi a condizioni che
prima non conoscevano. Cosa succede se dove si sciava non c’è più la neve,
oppure se dove si andava al mare non c’è più la spiaggia o dove si pescava non
c’è più pesce? Tutto questo, è inutile dirlo, porterà a <b>migrazioni</b>. E già si verificano le prime che riguardano qualche
sperduta isola del pacifico di cui a nessuno importa nulla, ma di cui ci
ricorderemo tutti quando forse sarà troppo tardi e ci renderemo conto di quanto
siamo stati miopi. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<u><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Prevenire è meglio che curare</span></u><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> si diceva.
Il problema è che nel nostro caso inizia a essere troppo tardi per prevenire,
dobbiamo imparare a <b>convivere con le conseguenze</b>
e <b>cercare di non fare altri danni</b> in
futuro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Per questo a livello internazionale
è stato stabilito un accordo di di cui forse avrete sentito parlare, per non
innalzare la <u>temperatura media globale di oltre 2 </u></span><u><span style="font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">°</span></u><u><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">C</span></u><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> rispetto ai livelli del 1990. È un limite che piace
perché è un numero tondo e fa sembrare tutta la questione semplice, ma non ci
assicura nessuna sicurezza: renderebbe accettabile gli impatti e i rischi,
permettendoci con grandi sforzi di adattarci in qualche modo, ma evitando probabilmente
il <b>punto di non ritorno</b>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><b>Perché tanta fretta?</b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Già, perché se una cosa abbiamo
capito è che la questione è tremendamente complicata e potrebbe sfuggirci di
mano. La Terra è un sistema che si auto-regola, ma che potrebbe farlo su </span><u style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">scale
che non sono compatibili con la nostra vita su di essa. </u><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">Le variabili in
gioco qui sono tantissime, ma iniziamo a intravvedere alcune situazioni che
dobbiamo assolutamente evitare, in cui gli effetti di un processo vanno a
rafforzare le cause del processo stesso, in una spirale di causa-effetto in cui
il processo si amplifica sempre di più. E proprio per questo, diventa
estremamente urgente risolvere questo problema.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Vi faccio tre esempi:</span></div>
<ol>
<li><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify; text-indent: -18pt;">Lo
scioglimento delle</span><b style="font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify; text-indent: -18pt;"> calotte polari</b><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%; text-align: justify; text-indent: -18pt;">: è
dovuto al surriscaldamento globale e a sua volta lo amplifica, visto che fa
diminuire la percentuale bianca del pianeta che come uno specchio riflette la
luce senza assorbirla. Se dove c’era del ghiaggio oggi c’è un bell’oceano blu
scuro, l’energia solare non viene riflessa ma assorbita, contribuendo ancora di
più al riscaldamento globale che scioglierà ancora più i ghiacci etc.</span></li>
<li><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%; text-indent: -18pt;">Lo
scioglimento dei ghiacci perenni della <b>tundra
in siberia</b>, da cui si libererebbero grandi quantità di metano, un gas
climalterante 33 volte più potente della CO<sub>2</sub>. Se il riscaldamento
globale scioglie i ghiacci della tundra libera il metano che contribuisce
ancora di più a surriscaldare il pianeta.</span></li>
<li><b style="text-indent: -18pt;"><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">L’acidificazione degli oceani</span></b><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%; text-indent: -18pt;">, il più
grande serbatoio al mondo di CO<sub>2</sub> (più della foresta amazzonica) ma
che diventano sempre più acidi assorbendola, impedendo a specie alla base della
catena alimentare (come il plankton e i coralli) di sopravvivere, con
conseguenze enormi per gli ecosistemi acquatici ma anche terrestri. Inoltre recenti
studi ci dicono che proprio il fitoplankton è la maggior fonte di composti che
in atmosfera favoriscono la formazione delle nuvole, che riflettendo parte
della luce solare aiutano a mitigare il riscaldamento globale. Percui anche
l’acidificazione degli oceani <i>potrebbe </i>innescare
un meccanismo di feedback positivo.</span></li>
</ol>
<!--[if !supportLists]--><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Tre esempi che vi danno un’idea di
quante cose ci sono da capire, e quante variabili da considerare, e di quanto
sia seria la questione e quandto sia facile che sfugga al nostro controllo. Per
cui capirete ora quanto è importante rispondere a questa sfida, <b>farlo bene e farlo il prima possibile.</b>
Sono 20 anni invece, dalle prime conferenze sul clima, che si parla molto e si
stringe poco.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Per risolvere sfide come queste,
serve un livello di <b>cooperazione
internazionale</b> mai visto prima. Fino ad oggi invece, quello che abbiamo
ricevuto è stata tanta ipocrisia. Basta pensare che gli stessi firmatari
dell’accordo sui 2 </span><span style="font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">°</span><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">C hanno
approvato misure che porteranno complessivamente ad un innalzamento di 6 </span><span style="font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">°</span><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">C della temperatura media globale, un livello a cui la
civilità come oggi la conosciamo non sarà più possibile. Per non arrivare a
questo punto dobbiamo lasciare l’80% delle riserve conosciute nel suolo. Capite
come questo sia difficile sia per noi che per le compagnie petrolifere.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><b>COSA FARE?</b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">A</span><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"> questo punto la vostra domanda
dovrebbe essere: cosa facciamo? Ve lo dico io cosa facciamo: </span><b style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">ci rimbocchiamo le maniche</b><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"> e invece che
stare ad aspettare la fine col telecomando il mano iniziamo a fare tutto quello
che possiamo per rallentare questo processo (perché fermarlo ormai non
riusciremo) e per adattarci al meglio alle sue conseguenze.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Non possiamo aspettare</span></b><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> che qualcuno da qualche parte
prenda qualche decisione. I politici che facciano le leggi giuste, gli
scienziati che inventino miracoli tecnologici o i preti che mettano una buona
parola per noi con chi conta lassú. Certo, anche loro dovranno fare la propria
parte, e siamo qui oggi anche per questo. Ma non possiamo pretendere che risolvano
i problemi che abbiamo contribuito a creare se non facciamo anche noi la
nostra. Serve che ognuno di noi si attivi e prenda in mano il proprio destino. Pensateci:
siamo stati noi che, consapevoli o meno, con le nostre azioni quotidiane
abbiamo provocato tutto questo. Com’è stato possibile? Ci siamo messi daccordo
per farlo? C’era da qualche parte scritto un piano per arrivare nel 2014 in
questa situazione, con l’acqua alla gola? O forse qualcuno ha iniziato a
scavare, a usare l’energia fossile, ha visto che conveniva e gli altri hanno
semplicemente seguito? E allora vi chiedo: cosa ci impedisce di fare
esattamente lo stesso, ma in una <b>direzione
migliore</b>, intraprendendo una strada che non vada cozzare contro la natura
ma ci vada a braccetto, la rispetti e ne possa trarre giovamento?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<u><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Sono le nostre azioni che
determinano, che lo vogliamo o no, il futuro che vivremo.</span></u><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"> Che ne
siate o meno consapevoli, è quello che fate oggi che definisce quello che
sarete o che potrete fare domani. Che <b>danno
forma al mondo in cui vivrete</b>. E allora pensate al vostro stile di vita,
pensate a come potete consumare di meno e consumare meglio. Energia, cibo,
rifiuti, acqua, trasporti... tutto conta, perché per tutto serve energia, e
quindi <u>tutto contribuisce al cambio climatico e tutto può mitigarlo.</u> Per
cui vi prego, non sentitevi stupidi nel cambiare le piccole abitudini, perché
sono proprio quelle a lungo andare che fanno la differenza. Sono quelle che
contagiano chi vi sta attorno ed arrivano a raggiungere le grandi scale, molto <b>piú di un like su Facebook!<o:p></o:p></b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Anche se vi può sembrare assurdo,
fate molto di più piantando uno dei piccoli alberelli che vi abbiamo dato oggi,
o cambiando le abitudini di quello che fate ogni giorno. Prendete la bici o
camminate se potete. Mangiate meno carne possibile, comprate prodotti biologici
e locali. Fate attenzione a quello che comprate, comprate solo quello che
veramente vi serve. Usate meno energia per fare quello che vi serve, e fate
attenzione che provenga il più possibile da fonti pulite e rinnovabili. Tra di
queste vi ricordo che c’è la vostra energia muscolare, che non fa male tornare
ad usare di più perché tiene in allenamento. Parlate ai vostri amici ed educate
i vostri figli a convivere in armonia con la natura, a rispettarla. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Tutto questo, sommando assieme
quello che ognuno di noi nel suo piccolo può fare, a grande scala può davvero
fare la differenza. E soprattutto, dipende solo da voi e la vostra volontà di
vivere in un futuro migliore. <b>Non dovete
aspettare niente o nessuno per farlo</b>.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><b>L'emergenza della vita</b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Q</span><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">uest’ultima parte è dedicata in
particolare a quelli che ancora non sono convinti da questo discorso da boy-scout.
C’è una cosa, in natura, che si chiama </span><b style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">emergenza</b><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">.
Non intendo qui uno stato di eccezionale e improvvisa necessità, ma quando
qualcosa che prima non c’era emerge inaspettatamente da un’associazione di
molte cose più semplici. La vita stessa è un fenomeno emergente: molte cellule assieme
fanno un tessuto e molti tessuti fanno un organo, molti organi fanno un
organismo: voi. Ognuno di voi è un fenomeno emergente, la prova vivente che
unire le forze di quei miliardi di cellule conveniva. La nostra </span><u style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">capacità di
volere e di pensare, di provare emozioni è qualcosa che non esiste a livello
delle molecole che formano il nostro corpo</u><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">. Possiamo solo provarle una
volta che diventiamo persone. Allo stesso modo, questa piazza è qualcosa di
emergente. Ognuno di voi può fare delle cose come dicevamo, ma </span><u style="font-size: 12pt; line-height: 115%;">una piazza
come questa può fare cose che trascendono</u><span style="font-size: 12pt; line-height: 115%;"> quello che chiunque di voi può
fare individualmente.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">E allora perché diciamo che oggi <b>#contaesserci</b>, perché in una giornata
così ci guardiamo attorno e ci sentiamo parte di qualcosa di più grande, di
emergente appunto. Ci sentiamo parte di una piazza intera. E in questi giorni,
in tutto il mondo, in mille altre piazze come questa milioni di persone come
noi si staranno guardando negli occhi, facendo emergere qualcosa che prima non
c’era, qualcosa di straordinario, di <b>mai
visto prima.</b> Una coscienza collettiva che basta aspettare, bisogna agire,
bisogna fare qualcosa. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Siamo qui per chiederlo ai
politici, certo. Quello è il loro lavoro, li paghiamo per per ascoltarci e
rispondere alle nostre esigenze, e non ce ne dimentichiamo. Ma queste piazze in
connessione oggi e domani dovranno arrivare ben oltre. Dovranno arrivare a
connettere ciascuno di noi, con quello che sappiamo e con quello che facciamo.
Abbiamo di fronte un compito straordinario e <b>verremo ricordati in futuro</b> come quelli che hanno risposto ad una
delle più grandi sfide della storia.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><b>La lotta di tutti</b></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Ma non pensiate che sia una
questione per ambientalisti, è anche e forse soprattutto una questione di <b>diritti umani e di</b> <b>giustizia sociale</b>. Questo è un movimento che ha <b>mille sfaccettature</b>, perché è talmente
importante da poterle riunire. C’è un enorme varietà e diversità in questa
piazza oggi e ci sarà domenica in tutte le piazze del mondo. Movimenti per la
sovranità alimentare, per il diritto all’acqua, per le energie rinnovabili, per
la giustizia sociale, per l’equità nello sviluppo... tutte assieme con un unica
voce, quella del <b>più grande movimento
mai visto nella storia dell’uomo. </b>Quello di una <u>specie che chiede in
coro a un pugno dei suoi eletti di darsi la possibilità di sopravvivere.</u> <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">E di farlo nell’unico posto in cui sappiamo esser possibile: il pianeta Terra. Cercate di
capire l’eccezionale <b>bellezza e unicità
della situazione che viviamo</b> oggi: <u>la Terra è un sistema unico
nell’Universo conosciuto</u>. Un sistema meraviglioso che ci permette di
vivere. Non potremmo farlo in nessun altro posto, gli unici che
hanno qualcosa da perdere siamo proprio noi. Qui non si tratta di salvare il
pianeta. Significa di salvare noi. In qualche modo, magari martoriato, il
pianeta sopravviverà altri miliardi di anni, magari molto diverso da come lo
conosciamo ma sopravviverà. Ma noi? Cosa faremo se si creeranno, anche per
effetto delle nostre azioni, delle condizioni in cui vivere non sarà più così
facile come abbiamo sempre conosciuto, o addirittura non sarà possibile?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Chi ha figli pensi che a quanti
anni avranno tra 15 o 20 anni, quando dovremo verificare se abbiamo o meno
ragginto gli obbiettivi che ci diamo oggi, e se sono stati o meno efficaci. <u>Pensi
a come vivranno loro allora, per le scelte che noi avremo o non avremo fatto
oggi.<o:p></o:p></u></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Ora non siete più un gruppo di
persone, siete una piazza. E tra qualche giorno leggete le notizie, vi
accorgerete che non solo siete una piazza, siete una rete mondiale. Non molleremo,
sempliceamente perché non possiamo. <b>Non
molleremo,</b> semplicemente perché se non lo facciamo noi, e voi con noi, non
lo fará nessuno al posto nostro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Capite quello che sta succedendo
attorno a voi, e poi guardatevi dentro e capite quanto sia importante agire. E allora
iniziate, ognuno per sé, a fare la vostra parte. Fate la cosa giusta, <u>la
gente seguirà il vostro esempio e la storia vi darà ragione.</u> E allora
davvero saremo in tanti. E non potranno non ascoltarci. Ma faccio qui una
scommessa: in quel momento, nel momento in cui saremo davvero in tanti a fare
quello che serve, non ci importerà più essere o meno ascoltati. Perché avremo
già risolto il nostro problema.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;"><br /></span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-size: 11.0pt;">Grazie di cuore per esserci stati.<o:p></o:p></span></b></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFkayE7qDX7vBiTYPJz6br1kVxptV1PljAD47Uivf9a2lytQzYYpoDZkq6lesqTPCFeheMsf_7QstWQ2UB8mUF3-IAVtJwRHvzkz6o6NeYlv8HLY7xwrlhmo7F7uPfGTRrs7cMBZDm_No/s1600/fb5.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFkayE7qDX7vBiTYPJz6br1kVxptV1PljAD47Uivf9a2lytQzYYpoDZkq6lesqTPCFeheMsf_7QstWQ2UB8mUF3-IAVtJwRHvzkz6o6NeYlv8HLY7xwrlhmo7F7uPfGTRrs7cMBZDm_No/s1600/fb5.jpg" height="425" width="640" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
#sosteniamoci #marciaperilclimarimini #contaesserci #peoplesclimate</div>
<div>
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-49431220785573737982014-06-04T11:22:00.000+02:002014-06-06T12:18:21.588+02:00Il tempo del tutto e del nulla<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><u>Il senso di questo articolo<o:p></o:p></u></b><br />
<b><u><br /></u></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Penso che il problema più grosso
che abbiamo in Italia oggi sia la deriva culturale. Da una parte chi per
capacità potrebbe rappresentare una guida di spessore e arricchire gli altri
vede presto sprecati i propri sforzi per disinteresse degli interlocutori; per
cui presto abdica al suo ruolo sociale, peraltro non scelto ma conseguente alle
proprie capacità. Dall'altro la stragrande maggioranza delle persone è
distratta dalle questioni che contano veramente, cioè quelle che in un modo o
nell'altro determinano la qualità della loro vita. Troppo spesso si preferisce il
futile e l’inutile alla cultura e all'impegno civile, gli slogan all'analisi
seria, la faciloneria alla serietà. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In questo clima - ricordandoci
che in democrazia ogni voto vale uno - è chiaro che l’espressione della
maggioranza spesso non sia la più qualificata ad amministrare la società e a
prendere le decisioni per tutti. Non è un problema della democrazia, ribadisco,
è un problema di abbruttimento culturale. La cultura dominante tende
continuamente al ribasso. Per cui sia la classe dirigente che quella politica,
non essendo altro che uno specchio della società che rappresentano, non possono fare altrimenti. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Quale soluzione? Non esiste la
pillolina magica indolore, bisogna impegnarsi a restituire alla cultura
l’importanza che merita, riscattandola da decenni di denigrazione pubblica che
in alcuni casi sfiora il disprezzo. Uscire dai luoghi comuni fasulli e dare
applicazione reale a tutto questo, recuperando lo spirito civico e l’impegno in
prima persona. Iniziare a percorrere la lunga e difficile strada che conduce al
rinnovamento non del vertice della piramide, ma dell’intera base. Un percorso
tortuoso e mai finito di costante autocritica, l’unico a mio avviso in grado di
condurci a risultati duraturi. Tutto il resto temo sia destinato ad essere una
speranza passeggera, più o meno infondata.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Qui sotto qualche riflessione più
articolata.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<!--[if gte vml 1]><v:shapetype id="_x0000_t75"
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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</span>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
NUBI DI IERI SUL NOSTRO DOMANI
ODIERNO (cit.)<o:p></o:p><br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Nel commentare la debacle della
sinistra (più o meno) radicale alle elezioni politiche del 2013 (<a href="http://standup3.blogspot.it/2013/02/il-pedone-e-il-giocatore-di-scacchi.html" target="_blank">Il pedone e il giocatore di scacchi</a>), mi chiedevo come fosse possibile che praticamente
uno su tre di quelli che erano andati a votare si fossero lasciati abbindolare ancora
una volta dalle promesse farlocche del
signor Berlusconi. Mi chiedevo anche come mai tanti altri non capissero
che fossero l’iniquità nella distribuzione delle risorse, l’ingiustizia
sociale, la mancata presenza di un senso civico contrapposto al mero
opportunismo le maggiori cause della triste situazione in cui versa il nostro
Paese. Ma soprattutto, in tutto questo, mi interrogavo sul ruolo dei cosiddetti
<b><i>intellettuali
di sinistra</i></b>. Ossia quella schiera di studiosi e sagaci osservatori
della realtà che, dall'alto della propria invidiabile cultura, certamente
sarebbero in grado di aiutare molti a districarsi nella giungla dell’analisi
politica. Nonostante tutto, spesso e volentieri queste persone faticano a scendere
a parlare al mondo dei comuni mortali, nella loro lingua. Come se non li
riguardasse, come se non fosse compito loro. Come se fossero vinti da
un’atavica pigrizia a sporcarsi le mani con l’uomo medio, a sostenere 1'000
volte e altre 1'000 ancora la stessa, stucchevole e magari inutile,
conversazione. Non per convincere, ma per far luce su aspetti fino a quel
momento magari sconosciuti, per aiutare a riflettere. Perché mi chiedevo tutto
questo? Semplice: perché in democrazia <b>ogni
voto vale quanto l’altro. </b>Il voto degli illuminati vale esattamente quanto
quello dell’uomo della strada, dell’incolto e dello zoticone. Per cui questi
signori dalla ampie vedute non possono venir meno a una funzione sociale di cui
nessuno li ha investiti, ma che nonostante tutto hanno la responsabilità (e
l’onore) di ricoprire, certamente in gran parte per meriti propri. Nel non
farlo erano proprio loro a permettere la debacle di quella rappresentanza cui
appartengono, che più di altre rifugge l’analisi spicciola per abbracciare invece
vedute ad ampio raggio nel tempo e nello spazio. E che proprio per questo ha bisogno
di una costante e infaticabile azione di diffusione e divulgazione, informativa
e riflessiva. In alternativa vince il populismo e la demagogia, ammesso che esista
ancora qualcosa che non lo sia in politica.<o:p></o:p><br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Di tutto questo mi lamentavo
allora e, a un anno ed una tornata elettorale di distanza, posso osservare che nella
sostanza nulla è cambiato, ma che forse qualcosa in più si muove. Siamo sempre
di fronte ad un’occasione da cogliere per mettere in pratica quel cambiamento
impellente che richiede una partecipazione informata di tutti alla cosa
pubblica. Siamo sempre ad aspettare che, ognuno per sé, si capisca che fare
politica non significa né candidarsi né mettere una X di tanto in tanto, ma
parlare, discutere, ragionare, ascoltare, capire e riflettere assieme. Che far
politica è un atto quotidiano di partecipazione civile che spetta a tutti. Nel
frattempo qualche intellettuale la faccia ce l’ha messa, e il progetto della
lista civica della sinistra radicale si è ripetuto prendendo qualche voto in
più. Son cose che fanno ben sperare, ma non basta.<o:p></o:p><br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Capiamoci. Il problema non è poi dei
singoli, è della società. Una società distratta e senza fiato, che arriva alla
sera sfiancata da lavori ingrati e spesso alienanti, che non vuole ragionare di
massimi sistemi perché ha già abbastanza problemi ogni giorno per sbarcare il
lunario. Che per la testa di questioni pratiche da risolvere ne ha già tante ed
è abituata a delegare qualsiasi cosa trascenda la propria individualità. È lo <b>scacco matto alla partecipazione</b>. È
questa la società settaria del disinteresse per i beni pubblici e per la
cultura “che non si mangia”. È questa la società della mancanza di civismo e
compassione, del cinismo e del parassitare. È il paese che ha paura di
guardarsi allo specchio perché ha vergogna di quello che potrebbe vedere. Molto
meglio nutrirsi dei sogni degli altri che provare a seguire i propri, il
rischio è quello di fallire. <o:p></o:p><br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Certo, è la società intera a
doversi sollevare, a invertire una marcia debosciante ed abbruttente che dura
da fin troppo tempo. Ma la società è fatta dai singoli, per cui se non sono loro
in primis ad abbracciare il cambio di rotta, a condividere il proprio coraggio
con gli altri trovandovi una sponda (magari inattesa), a sostenersi gli uni con
gli altri amplificando la propria voce fino a diventare una marea che tutto
travolge... allora non si vede come le cose possano migliorare. Migliorare certo,
cambiare non basta. Sempre che interessi a qualcuno.<o:p></o:p><br />
<br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
RUMORE <o:p></o:p><br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Un problema grosso da risolvere è
che pare essere scomparso il concetto di <b>importanza
relativa</b>. Ogni giorno affoghiamo nel calderone dell’era dell’informazione e
della controinformazione senza sapere che direzione prendere. Siamo saturi di
tutto e del contrario di tutto e rischiamo di rimanerci invischiati come a
nuotare in un barattolo di miele. Servirebbe una guida. Si da il caso che
l’evoluzione ci abbia dotato di uno strumento straordinario per orientarci, uno
strumento spesso dimenticato che ha dimora tra le nostre orecchie: il cervello.
È l’uso della ragione e della critica costante che potrebbe guidarci meglio di
qualsiasi altra cosa attraverso il labirinto del web e del mondo globalizzato a
portata di click. È il rimanere attivamente coinvolti nel ricercare
l’informazione che ci serve a rappresentare oggi la vera possibilità di
rivoluzione del pensiero, al di là del supporto tecnologico che di per sé non è
che uno strumento. <o:p></o:p><br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Attivamente coinvolti, non
passivamente recettivi di qualsiasi contenuto sia bombardato in nostra direzione...
In questo il web offre sicuramente possibilità nuove di interagire coi
contenuti, molto più della scatola magica televisiva che rappresentava (e
tuttora rappresenta) semplicemente il veicolo di un pacchetto preconfezionato
sparato contro l’<i>homus da divanum</i> a
riempire lo spazio tra le orecchie di cui sopra. Ma di per sé il web non salva
nulla. Pur offrendo per definizione più spazio alla selezione critica dei
contenuti, e persino alla loro creazione, è uno strumento anche quello e va
usato bene.<o:p></o:p><br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ecco perché penso che uno problema
grossissimo della società di oggi sia la perdita delle priorità. Lo spazio
cerebrale viene riempito egualmente da cagnolini che abbaiano o gattini che
tirano la catena del wc, di nani e ballerine, casi umani e fenomeni da baraccone
che aspirano ai loro 5 minuti di celebrità, di tette culi e pornografia
spicciola, di gente che altro merito non ha se non di potersi comprare fama e
rispetto, dell’infotainment strabordante di politici che non si sa dove in
effetti trovino il tempo per fare gli amministratori pubblici, dell’uomo della
strada che grida compiaciuto e con la bava alla bocca contro tutto e tutti che
così non va e nonsipuòandareavanticosì... mi scuserete per il qualunquismo, ma
di qualunquismo si tratta. Qualunque cosa ci diano, ce la ingoiamo senza
chiederci se abbiamo fame o no, e di che cosa. Si perdono le priorità, non si
capisce più cosa abbia importanza e cosa no, a cosa vale la pena dedicare le
proprie (limitate) energie, di cosa dispiacersi e di cosa no, dove interessarsi
e dove tralasciare, dove cambiare canale e dove alzare il volume. <b>Ed è una tragedia.</b> Anzi, una traggedia
(rafforzativo). Perché questa dispersione di attenzione, di risorse cerebrali,
di interesse e di azione fa esattamente il gioco di un sistema che della
partecipazione non se ne fa nulla, anzi. Un sistema che vuole solo creare
l’illusione della partecipazione, per poi distrarre dalle questioni principali
dirottando le energie sul futile e sul del tutto inutile, continuando ad
occuparsi di ciò che conta per davvero nei club privati più o meno esclusivi. <o:p></o:p><br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Esiste un antidoto a tutto ciò?
No. Ma c’è una strada faticosa e lunga da percorrere che varrebbe la pena
iniziare ad imboccare: quella della cultura e del dialogo. Non
dell’indottrinamento e delle urla. Quella che legge e riflette per mettere in
fila quello che ha imparato; quella che prima di parlare ascolta; quella che
rimane vigile, sempre, nel farsi domande e nell'usare il proprio raziocinio per
rispondere; quella che stabilisce delle priorità e le segue; quella che guarda
lontano e si lascia scivolare addosso lo stucchevole e volgare teatrino che
ogni giorno ci bombarda per renderci pecore; quella che non ha paura di
esprimere un dissenso costruttivo e che ha la forza di mantenere le proprie
posizioni, ma solo finché ragionando su elementi nuovi non cambierà idea o non
avrà altri elementi da aggiungere. È una strada da insegnare ai nostri bambini
e ai nostri ragazzi, certo, ma da far scoprire anche agli adulti e a chi oggi
regge in piedi il mondo. È una stradina scivolosa e tortuosa da fare con umiltà
e coraggio, ma non ne conosco di migliori da percorrere. <o:p></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Non mi resta che augurare a tutti
i naviganti buon viaggio.<o:p></o:p><br />
<br />
<br />
<br />
<br />
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-34100433193398664292014-02-16T13:26:00.000+01:002014-02-20T19:51:18.287+01:00Le parole sono importanti<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
C’è una regola d’oro a cui tutti dovremmo cercare di non venire a meno: stare in <b>silenzio</b>
quando non abbiamo nulla da dire che non possa interessare i nostri interlocutori.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Parliamo di <b>comunicazione</b>. Comunicazione di qualsiasi tipo in qualsiasi forma:
stiamo parlando di un binario a doppio scambio. C’è qualcuno che vuole
condividere qualcosa, ma per farlo deve anche trovare qualcuno disposto ad
accogliere il messaggio. Come succede in un sistema antenna-ricevitore: la
comunicazione, lo scambio di informazioni, non avviene se manca uno dei due. Purtroppo
ultimamente ce ne dimentichiamo spesso. E allora parlare, scrivere, fare foto, disegnare,
danzare o qualsiasi altro mezzo si scelga di usare perde la sua funzione
comunicativa. Non è più veicolo di un messaggio, non porta informazioni a
qualcun altro. Rimane semplicemente una forma di <b>espressione</b> di sé stessi. Non che non sia utile, anzi. L’espressione
di quello che si ha dentro, anche quando non si trova nessuno disposto ad
ascoltare, è una necessità di chiunque e ci ha spesso regalato alcuni dei
capolavori più grandi della storia dell’arte. Senza dar sfogo alla necessità di
esprimere noi stessi il mondo sarebbe piatto, freddo, grigio. La necessità di
espressione personale non solo è fonte di arte, ma anche di innovazione e di
progresso. È quella cosa che ci fa stare al passo coi tempi e rende ogni periodo
storico un argomento a sé, degno di essere studiato e approfondito. L’espressione
di sé diventa in questo modo, essa stessa, una forma di comunicazione del
proprio tempo, ma allo stesso modo da forma al proprio tempo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Quando però l’espressione di sé perde
il fuoco che le impone di uscire fuori, quando non viene prima digerita a
dovere per trovare la forma che meglio le si adatta, quando diventa puramente
auto-celebrativa e immediata, ripetitiva, istantanea, sterile e usa-e-getta...
allora credo che abbiamo qualche problema. Perché significa che tutti parliamo,
e di continuo, ma nessuno ascolta. E in questo modo, penso davvero che faremmo
tutti meglio a stare zitti. Il messaggio, in ogni caso, non arriva.
Risparmieremmo energie e, probabilmente quello che è più importante, la
delusione di non essere ascoltati o capiti. Di non ricevere l’attenzione di cui
abbiamo bisogno.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Cosa pretendo di fare allora mentre
sto scrivendo? Lo stesso che mi propongo di fare quando parlo con qualcuno.
Condividere un qualcosa – sentimenti, emozioni, informazioni, opinioni, dati –
che ritengo importanti per entrambi. Non solo per me, altrimenti che senso
avrebbe comunicarle a qualcun altro? Basterebbe parlare di fronte a uno
specchio. Sarebbe un nutrirsi di visibilità
per soddisfare il proprio ego. Nulla di tutto ciò. Faccio quello che faccio
perché (a torto o ragione) lo ritengo importante. Penso che tutto questo possa <b>avere una funzione</b>, sia di una qualche
utilità anche per chi legge. Per i contenuti che veicolo e le informazioni che
condivido, certo. Ma anche perché prendendomi la briga di farlo in prima
persona ciò mi permette di avere una funzione sociale, un qualcosa che va al di
fuori della mia individualità. Ma affinché tutto questo sia possibile, le
informazioni che condivido devono avere un valore anche per l’ascoltatore. Devono
essere <b>utili anche al lettore</b>.
Devono riuscire a spronarlo in qualche modo, devono farlo riflettere, devono
aiutarlo conoscere cose che prima ignorava. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Uso volutamente il termine condividere
e non dare. Dare un informazione presuppone l’esserne il depositario unico e
generare un flusso unidirezionale. In tutta onestà non penso che questo possa
essere possibile, per nessuno. <b>Condivisione</b>
significa sentirsi allo stesso tempo antenna e ricevitore di un qualcosa che
sappiamo non essere statico, ma in continua evoluzione: la conoscenza/coscienza.
Condividerla assume quindi il significato di prendersi per mano e dire “so che
abbiamo un cammino infinito che ci aspetta davanti, e che probabilmente quello
che ti dico oggi non varrà più domani. Ma nonostante tutto penso che valga la
pena iniziare a farlo assieme, imparare l’uno dall’altro ad arricchirci delle
nostre reciproche esperienze. Quando poi si riveleranno obsolete, le
aggiorneremo, le miglioreremo”. Ancora una volta è il <b>metodo</b> quello che conta. Il modo in cui lo si fa.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Comunicare è un esigenza naturale
delle persone, che nasce dal bisogno di fare comunità, di vivere in società,
assieme. Di condividere. Informazioni importanti alla sopravvivenza del gruppo,
ad esempio. L’espressione di sé stessi è anch’essa un qualcosa di innato e
importante. Spesso, ma non sempre, queste due cose si incrociano. Ma non sono
la stessa cosa. <o:p></o:p></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<br /></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHcXUhOGYMnrThUgzkF_pHMz9K7r6lqIJiWSfdJrJB6HEr2ZdI5RevjzHnJJHcAx7z5YdODQ3O4m-jtqAlXOVYQ6ScGxT3PX5brIyWONHiKWz3YuywSKwbOWHQ7JVmcv6NVsphK_8hy0c/s1600/communication.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgHcXUhOGYMnrThUgzkF_pHMz9K7r6lqIJiWSfdJrJB6HEr2ZdI5RevjzHnJJHcAx7z5YdODQ3O4m-jtqAlXOVYQ6ScGxT3PX5brIyWONHiKWz3YuywSKwbOWHQ7JVmcv6NVsphK_8hy0c/s1600/communication.jpg" height="294" width="640" /></a></div>
<br />
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Oggi i social network e internet
ci mettono di fronte alla continua e costante ostentazione del proprio ego,
resa possibile alla velocità di un click. Espressione immediata che si pretende
spesso ammantata di un arte che non possiede. Semplicemente, non ne ha avuto il
tempo. L’arte, l’espressione profonda di sè stessi, richiede anche il tempo
della riflessione, dell’interiorizzazione e dell’affinamento della tecnica. Il
mondo cibernetico che viaggia alla velocità della luce non ce lo permette. Per
cui ci troviamo sempre piú spesso a trangugiare bulimicamente bit di
informazione frammentata e sporadica. Informazione che spesso non ha l’obbiettivo
di comunicare qualcosa, non le interessa sapere se stiamo o no ascoltando. Le
basta specchiarsi ed uscire dai polpastrelli delle dita. Le basta contare i
pollici all’insù e le visualizzazioni. A tanto siamo arrivati, <i>a contare quantità delle reazioni e non più
qualità delle interazioni. <o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i><br /></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
È un informazione non richiesta, che
nasce e muore immediatamente, che non arreca nessuna utilità a chi ne fruisce.
È un informazione sterile e noiosa, autocelebrativa e vanitosa, standard e
dozzinale. Tutti ne siamo capaci eppure ci sentiamo sempre gli unici, i
migliori, i più importanti. Datemi i miei 5 minuti di celebrità, datemi la mia
dose di visibilità. Lasciatemi usare quella parola che ho appena imparato e che
fa tanto cool. Mi rifiuto di considerare tutto questo una forma di
espressione. È solo un disperato bisogno di attenzione, piuttosto faremmo bene a
chiederci il perché di tutto questo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
A maggior ragione, non ha niente
a che vedere con la comunicazione. Se non mi stai dicendo qualcosa che serve
anche a me, non c’è condivisione, non c’è comunicazione. Se stai parlando da
solo, il tuo messaggio non troverà la strada per arrivare a me. Se non mi stai offrendo
l’opportunità di arricchirmi in qualche modo, non mi interessa grazie. Non è
snobismo, è ricordarsi del significato delle parole. <b><i>Le parole sono importanti.
</i></b>La manipolazione, il lavaggio del cervello spesso partono proprio dall’usare le
parole in un contesto in cui non c’entrano niente.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Comunicare oggi lo fanno davvero
in pochi. Quello che vedo sempre più, tristemente anche nelle conversazioni private,
è l’autocelebrazione dell’ego. Avanti così, se vi pare. A me non interessa. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Piuttosto, me ne sto zitto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-64086606774890512022013-12-14T13:16:00.001+01:002013-12-14T13:16:32.794+01:00Tutta la luce che illumina il giorno, un tempo dormiva in un punto solo<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La luce, lo sappiamo, si propaga
in linea retta. Pensate ai raggi che entrano dalla finestra di una stanza in penombra,
così ben definiti. A guardare una sorgente luminosa da lontano, essa ci
apparirà quindi come un punto brillante che irraggia luce in ogni direzione
dello spazio. Come una stella. Guardarla direttamente fa quasi male agli occhi,
guardare la sua luce allontanarsi invece è più facile. Questo perché i raggi
tendono a divergere gli uni dagli altri, disperdendosi. Per cui mano a mano che
ci allontaniamo dalla sorgente, la luce è sempre meno concentrata. È come quando
si soffia dentro ad un palloncino su cui sono stati disegnati dei puntini.
Quanto più si gonfia, tanto più i puntini si allontanano tra di loro.<o:p></o:p></div>
<div>
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpjXhyphenhyphen6VdhgEsLMOlyVJak2y_Zuxlf4aF1wNf6IuFAUfP_W7FCsltl1G1-MoAQvIreuH6ynXM-tb3SJ9yEpcwIypd8UQSstmYs40MetVPSLkEbqkkCOdFZcKPAPZStPEg_DWBUofQc0-8/s1600/sfera+luce.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpjXhyphenhyphen6VdhgEsLMOlyVJak2y_Zuxlf4aF1wNf6IuFAUfP_W7FCsltl1G1-MoAQvIreuH6ynXM-tb3SJ9yEpcwIypd8UQSstmYs40MetVPSLkEbqkkCOdFZcKPAPZStPEg_DWBUofQc0-8/s640/sfera+luce.jpg" width="640" /></a></div>
<div>
<br /></div>
<br /><div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ora ribaltiamo il nostro punto di vista. Pensiamo di voler raccogliere
la luce che ci arriva da quella stella. Più che rincorrere ogni raggio di luce
mentre scappa nella sua direzione, perché non pensare di catturarla
all'origine? Come? Avvolgendo la fonte in qualcosa di sferico, una sorta di
retino caccia-luce. Quanto grande? Dipende da quanto siamo lontani dal centro. Più
ci avviciniamo al nucleo infatti, al cuore pulsante della stella, e più potremo
ridurre le dimensioni del nostro retino visto che l’energia è tutta lì, non si
è ancora dispersa. Posto che il nostro retino resista a quell'intensità
energetica, si farebbe peraltro molta meno fatica che ad averne uno gigantesco
che avvolga la stella intera. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>Problem busters<o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
È un po’ quello che succede con i problemi. Poniamo di avere 1’000
problemi da risolvere. Se ci accorgiamo che in realtà questi derivano da una
causa comune, non ha senso risolverli uno a uno. Nè ha senso aspettare che si
ingigantiscano o si disperdano, prima di fare qualcosa. Per essere davvero efficaci,
bisognerebbe invece andare quanto prima alla causa comune e cercare risolverli
tutti una volta per tutte. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
D'altronde è banale, semplice logica. Eppure lo dimentichiamo,
continuamente. Lo facciamo tendenzialmente perché confondiamo la causa con
l’effetto, la fonte di energia con la forma in cui questa si propaga, l’idea
con la sua realizzazione. Pensiamo che la lampadina accesa e la luce che emana
siano la stessa cosa. Non lo sono. E
allora diamo la caccia col nostro retino ad ogni singolo problema come se fosse
in sé una causa primaria, mentre in realtà non è che l’effetto di una causa più
profonda e per questo meno visibile. Soprattutto ad occhi superficiali. Soprattutto
ad occhi distratti. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Succede quindi che per risolverli tutti, quei 1’000 problemi, dobbiamo
spendere 1’000 volte energia. Talmente tanta che spesso lasciamo perdere. Magari
usiamo perfino 1’000 retini diversi. Il tutto mentre la loro causa profonda –
irrisolta – continua a pulsare, a irraggiare e a crearne altri – di problemi –
che noi torneremo a cacciare come sempre. “Problemi irrisolvibili”, ci diciamo
allora. Oppure: “Ce ne sono troppi, da dove iniziare?” Oppure ancora, “Ne
arriverà comunque un altro, tanto vale evitare di dannarci a risolvere questo”.
E loro, nel frattempo, restano lì a tormentarci. È evidente che si capisse che
esiste, e dove sta, una causa comune sarebbe tutto molto più semplice. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Perché a volte non immaginiamo nemmeno che esista. Altre volte, pur
intuendo che debba esserci un nucleo che irraggia da qualche parte, non
riusciamo a trovarlo. Magari cerchiamo nella direzione sbagliata. O seguiamo
percorsi troppo tortuosi anche se, l’abbiamo detto, i raggi di luce viaggiano
in linea retta. Per cui osservando dove si incrociano ci sono buone possibilità
di trovarne la fonte. E se funzionasse così anche con i problemi?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>Geometria conoscitiva<o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Pensiamo di stare su di una sfera immaginaria, la sfera delle
questioni irrisolte. Una sfera fatta di tutti i problemi che ci tormentano,
come puntini sulla superficie collegati tra loro da una rete. Sforziamoci di
conoscerla, questa rete, di tessere le relazioni tra una questione e l’altra in
modo da contestualizzare, da relativizzare, da associare e dissociare, da
mettere in prospettiva. Ma non fermiamoci lì. Ogni questione irrisolta è infatti
collegata alla sua causa profonda, quella che sta al centro della sfera. Il
nucleo pulsante di ogni questione, che si materializza in mille forme diverse nel
suo irradiare problemi come raggi di luce. Ognuno dei quali diventa un puntino
sulla superficie della sfera, nel suo propagarsi. Proprio come una stella.
Chiaramente, lo avrete capito, è uno schema molto semplificato, ma funziona. Possiamo
pensare a diversi livelli di aggregazione, passando da un problema ben concreto
su cui indagheremo più in dettaglio fino alle questioni fondamentali che
tratteremo in maniera necessariamente più generica. A volerla complicare di
più, si tratta in realtà sempre di sfere nelle sfere. Sfere più piccole
contenute in quelle più grandi. Ma lasciamo perdere per il momento. Quello che
ci interessa veramente ora è di unire tutti i puntini con il centro della
sfera, con la loro causa profonda. Quella che poi, l’abbiamo detto, laggiù
tende a essere la stessa per tutti. Perché ci interessa? Beh, ma è molto
semplice: per costruire un retino abbastanza resistente da poterla ingabbiare, quella
causa, il più possibile vicino all'origine.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>Il menù del giorno<o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Oggi viviamo costantemente immersi in una miriade di problemi che ci
angosciano e non ci lasciano tregua. Basta accendere la tv per saperlo (è solo
un esempio, in realtà non fatelo per favore). Crisi, disoccupazione giovanile,
aziende che chiudono, tasse che aumentano. E poi guerre, terroristi,
delinquenti e degrado urbano. E poi frane e alluvioni, i morti e i feriti, le
emergenze continue. E il governo che non fa, la politica che non rappresenta,
l’economia che non va. E poi ancora l’ambiente, il cambio climatico, la deforestazione
e tutto il resto. Tutti temi importanti. Tutti difficili da risolvere. Quanti
soldi – ci chiediamo – quante risorse,
quanta volontà politica servirebbe per tappare tutte queste falle? Che poi
ognuno ha la sua idea sul come fare. E magari poi va a finire che per una che ne
tappi ne saltano fuori altre 10. Eccoci caduti nella solita spirale di
disperazione inconcludente...<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Proviamo però a tracciare la nostra mappa conoscitiva. La nostra rete
sferica. Ci accorgeremo presto, relativamente presto, che si evidenzia un
centro comune a tutte queste questioni. Un nucleo da cui propaga e si espande
tutto quello di cui veniamo continuamente bombardati. Un nucleo che è rappresentato
dal nostro sistema socio-culturale, ossia l’insieme delle leggi e convenzioni
umane su cui abbiamo basato la nostra società. In altre parole: quello a cui
diamo importanza, e quello a cui non ne diamo, senza nemmeno sapere il perché.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Perché (ad esempio) si lavora sempre di più, anche quando ormai ci si
riesce a garantire la copertura delle proprie necessità, a scapito del tempo
libero? Passare tempo con la famiglia e gli amici, attività ricreative e
rilassanti, culturali... perché sembra non esserci mai tempo per queste cose?
Sembra stupido anche solo farsela, una domanda del genere: la risposta è
talmente ovvia! “Perché bisogna lavorare”. E se si diventa bravi e serve meno
tempo per fare la stessa cosa non vuol dire che si può lavorare meno tempo,
vuol dire che si potrà – a conti fatti – lavorare di più nello stesso tempo. È solo
un esempio, piuttosto attuale, ma solo un esempio. Viviamo costantemente
immersi in tutto questo, da sempre. Convenzioni sociali e leggi umane. Tutte
create da noi. Non ce ne accorgiamo nemmeno più, tanto che è davvero difficile
metterle in discussione. Sono i fondamenti della nostra civiltà, quelli da cui
tutto il sistema in cui siamo nati e cresciuti dipende. Per immaginare
alternative serve un notevole capacità di astrazione. E serve conoscenza.
Eccoci al punto della questione: la conoscenza.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>Fatti non foste a viver come
bruti<o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il fulcro irradiante di tutti maggiori i problemi che vediamo oggi è proprio
il paradigma socio-culturale su cui si basa la nostra società. Il capitalismo
cannibale, di cui il consumismo sfrenato e compulsivo non è che il braccio
armato. Da lì nascono le guerre e la fame nel mondo. Da lì nascono povertà e
ingiustizia sociale. Da lì nasce l’economia del saccheggio, quella che non è in
grado di sostenersi sul lungo periodo. Da lì nasce la corruzione e
l’inadeguatezza della classe politica, collusa con i poteri forti economici. Da
lì nasce l’omologazione culturale e l’appiattimento, l’eradicazione delle
diversità. E da lì nasce il più importante degli strumenti di controllo:
l’ignoranza. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Come per ogni sistema dominante in ogni epoca storica infatti, anche quello
odierno tende a preservare sé stesso, propagandosi nel tempo e nello spazio. Per
farlo ha bisogno di propaganda, ha bisogno di supporters e tifosi ciechi. Gente
che deve svolgere il compito che gli è stato assegnato senza avere una visione
d’insieme, senza preoccuparsi del resto. Ingranaggio di una macchina perfetta,
progettata dall'alto. Gente che deve conoscere solo il lato buono del sistema, rimanendo
all'oscuro di tutto il resto. Ed eccovi servita l’ignoranza. Eccovi servita la
distrazione. Eccovi servito il futile. Eccovi servita la sfera intricata dei 1’000
problemi apparentemente indipendenti da dover risolvere. Ma anche la matassa
inestricabile delle preoccupazioni quotidiane che non ci lascia né tempo né modo
di andare oltre, di giungere alla fonte. Quella che ci succhia ogni energia,
rendendoci impossibile destinarne una parte men che minima a indagare questioni
che vengono infatti percepite come secondarie, inutili perché lontane, troppo astratte.
La fonte viene ignorata, perché non se ne conosce l’importanza. Laddove dovremmo
concentrare le nostre energie per far crollare come un castello di carte il
costrutto di tutti i nostri tormenti, lasciamo che siano sporadiche incursioni a
farla da padrone, motivate più dalla noia o dal senso di colpa che altro. È così
che la fonte si protegge. E continua a irraggiare su tutte le nostre vite.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La conoscenza è l’arma più potente che abbiamo a nostra disposizione
per scardinare questo schema che ci vede subalterni. Per riacquisire la nostra
dignità e tornare a decidere per noi stessi. Per il bene nostro e di tutta la
comunità di persone a cui teniamo. Grande o piccola che essa sia. Conoscenza è
tessere una rete solida che unisca i puntini sparsi sulla nostra sfera. E
sapere che al tirare un filo ne seguono altri, mentre altri rimangono immobili.
Ma è anche andare in profondità, verso la fonte, collegandovi ogni puntino. Dalla
superficie al cuore, che è uno solo. Ed è lì che la conoscenza diventa
coscienza. Ed è solo con la coscienza profonda che si conducono e si vincono le
battaglie. È solo con una grande coscienza che si diventa forti nel portare
avanti le proprie cause. </div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
È solo con la coscienza che si progredisce e si
immaginano, poi si creano, le condizioni per un mondo migliore. </div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Perché <b>conoscere è sapere di potere.</b><o:p></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-1844852197689581932013-07-23T17:43:00.000+02:002013-07-23T17:43:55.397+02:00L’emergenza della vita sulla Terra<div class="MsoSubtitle">
<span style="text-align: justify;">Una notte stellata, guardando il
cielo. Quel silenzio che porta consiglio e aiuta la riflessione. Vi siete mai
chiesti qual è il nostro ruolo in tutto questo? Vi siete mai sentiti piccoli e
inutili, impotenti, di fronte alla vastità delle galassie e del cosmo? Avete
mai provato quel senso di irritazione per il fatto che ci consideriamo così importanti, quando in realtà altro non siamo se non un insignificante puntino
disperso in uno spazio senza limiti? È bello, </span><span style="text-align: justify;">è</span><span style="text-align: justify;"> perfino utile a volte, provare
questo senso di </span><b style="text-align: justify;">vertigine</b><span style="text-align: justify;">, aiuta a
dare una prospettiva a tutto quello che facciamo. Personalmente, penso che
tutto abbia un senso. Il fatto </span><span style="text-align: justify;">è</span><span style="text-align: justify;"> che forse non dovremmo cercarlo a priori.
Forse ce l’ha, ma </span><span style="text-align: justify;">è</span><span style="text-align: justify;"> ancora nascosto. È lì, ma deve ancora sbocciare. Glielo
darà poi la storia.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis">La storia, quel susseguirsi di puntini
uno dietro all'altro in fila indiana, così piccoli e insignificanti a guardarli
da vicino. Così meravigliosamente importanti e significativi a guardarli in
successione, a vedere in che direzione puntano nel loro complesso. La storia é
un po’ come la vita, ha senso solamente a guardarla dalla fine, all'indietro. Chi
può infatti dire di conoscere la vita, o di comprenderla,<b> a priori</b>? Chi può dire che quell'ammasso di molecole, di elementi,
di particelle che sono i mattoncini costitutivi della vita, abbia un qualsiasi
senso per noi, se non osservando il risultato di miliardi di combinazioni
andate a male e di altrettante andate bene, fino a formare il risultato
compiuto e meraviglioso che abbiamo davanti agli occhi? Chi può interpretare
gli avvenimenti in partenza? Chi comprende la prospettiva ultima che li
definisce, o l’orizzonte temporale sconfinato sul quale agiscono? Dio,
risponderà qualcuno; nessuno, risponderà qualcun altro. Non é questo il punto. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis">Per noi uomini, così limitati, non è possibile né forse lo sarà mai. Per noi, pur capaci di raggiungere vette cognitive
ammirevoli, picchi filosofici e scientifici incredibili, c'è qualcosa che
rimane necessariamente inesplorato e sempre lo rimarrà. Per noi, in grado di
meravigliarci di fronte alla vastità e immensità dell’universo dentro e fuori
di noi, in grado di porci domande eterne e senza risposta. Per noi che non ci rassegniamo
alle frontiere che da sempre limitano la nostra conoscenza... per noi, in
definitiva, non esiste altro che<b> il qui
e l’ora</b>. Esiste quello che conosciamo in questo momento e le nostre azioni
sono – spesso – guidate da questo tipo di sapienza, necessariamente e
inesorabilmente limitata. Eppure, a guardarli con gli occhi del tempo, le
nostre piccole azioni in fila indiana possono avere conseguenze inimmaginabili.
Conseguenze che vedremo solo dopo, mai prima. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis">Perché è cosi che funziona l’intero
universo. Funziona in base a leggi molto semplici, ma mai banali. Parrebbe, a
guardarlo al microscopio, che funzioni in maniera meccanica, priva di
intelletto o di scelte da compiere. Se in maniera orchestrata o del tutto
casuale, dopotutto, non ci interessa. Il punto è che funziona in maniera<b> molto semplice, ma su scale cosi enormi, nello
spazio e nel tempo</b>, che queste semplicissime leggi fisiche si sommano, si
uniscono, si potenziano e generano l’inaspettato e l'inaspettabile. Emergono
nuove proprietà ogni volta che saliamo di livello, ogni volta che la complessità
del sistema aumenta. Ogni volta che cambiamo la lente e dal microscopio
passiamo dapprima all'occhio e poi al telescopio nuovi mondi nascono, regolati
da quelle che sembrano nuove leggi ma non lo sono. Cambia solo il modo in cui
le interpretiamo, il modo in cui le capiamo. Il tutto non corrisponde mai alla la
somma delle parti, c'è sempre qualcosa di più, un valore aggiunto. Si chiama <b>emergenza</b>: all'ampliare la prospettiva di
osservazione, all'aggregare componenti e aumentare la complessità del sistema
indagato emergono tratti inaspettati, comportamenti nuovi e imprevedibili. Succede
con l’universo intero e con qualsiasi sistema complesso osserviamo; succede con
la storia e persino con i sistemi creati dall'uomo come l’economia e la finanza;
succede con la vita: è l’emergenza della vita, il sorgere di forme di vita
sempre più complesse e splendidamente adattate al loro ambiente, partendo da
mattoncini insignificanti e inanimati. È il meccanismo su cui appoggia l’evoluzione.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis">Ed è la <b>bellezza</b> della vita. La bellezza, ciò che noi interpretiamo come
simmetria, come equilibrio, come armonia; ciò che vediamo come un fine, un qualcosa
di prefissato da raggiungere, sta in realtà tutta qui. Sta nel fatto che nel
tempo, in seguito a miliardi e miliardi di prove e di tentativi, le cose si
sono infine evolute sino allo stadio in cui noi oggi le vediamo, le conosciamo,
e che interpretiamo come bello proprio perché perfettamente adattato ed in
sintonia col proprio ambiente. La bellezza dentro e fuori di noi è il risultato
di miliardi di miliardi di puntini messi in fila, di prove andate più o meno a
buon fine, di sbagli poi rimediati, fino a che un altro sistema migliore non è più
possibile, per cui quello che esiste deve essere per forza armonioso, in
equilibrio, perfetto. Bello. Non c'è un fine in tutto questo, ci sono regole
molto semplici che si ripetono e ci conducono fino a dove siamo oggi. Siamo
noi, poi, a cercarlo un fine in tutto questo. E spesso c'è, ma non </span>è proprio là
dove lo stavamo cercando. Ma questo si capisce solo dopo, mai prima.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis">E allora ha senso cercare di
interpretare tutto questo a priori? Di fronte al mare di sconfinate
possibilità, alle infinite rappresentazioni che può assumere un evento davanti ai nostri
occhi inesperti, ai miliardi di strade che può prendere la vita e la storia ad ogni
singola frazione di secondo, come possiamo pretendere di intravvedere seppur
per un istante l’orizzonte del tempo? <b>Non
possiamo vedere il futuro, ma possiamo imparare dal passato e vivere il
presente</b>. Il presente, uno appena di quei miliardi di puntini in
successione perpetua che fanno la storia. Vivere il presente con cognizione di
causa è tutto quello che possiamo fare, per poi – un giorno – voltarci all'indietro
e capire la portata di quel puntino tracciato quasi per caso, capire dove
effettivamente avrebbe diretto la storia, capirne il peso e l’importanza. Ma lì per lì, no. In questo siamo limitati, dobbiamo capirlo. Ma non per questo serve
porci altri limiti. Perché non fare semplicemente il nostro, ciò che riteniamo
in ogni momento la scelta migliore, la scelta più giusta, e aspettare poi di
vedere come si combinerà inaspettatamente con i miliardi di miliardi di altre
scelte simili lungo i meandri dello spazio e del tempo?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis">L’emergenza della vita sulla Terra
significa la vita che nasce ogni giorno dalla successione degli eventi, dalle
scelte che si fanno, dalle strade che si percorrono, senza che ce ne rendiamo
conto. Ma anche, secondo un gioco di parole beffardo, il fatto che <b>la vita sulla terra, oggi, è in uno stato
di emergenza</b>. Di eccezionale rischio e instabilità. Di straordinario pericolo.
Ed è qui che nasce, infine, la questione della sostenibilità. Dobbiamo fare
qualcosa per rendere il nostro mondo più sostenibile, aumentare le nostre
probabilità di sopravvivere nel tempo assieme col nostro pianeta e tutto quanto
ci circonda, visto che senza di esso non potremmo, in ogni caso. Ma attenzione:
dobbiamo non perché lo decidiamo noi, ma perché non c'è altra scelta. Insostenibile
non significa infatti moralmente o eticamente sbagliato, significa semplicemente
che non può continuare, che lo vogliamo o no. Ma anche volendo, <b>come potremmo farlo</b> se in fin dei conti
non riusciamo a vedere il futuro, non possiamo immaginare cosa succederà e non abbiamo
in ogni caso il controllo sulle conseguenze profonde di ciò che facciamo? Se
siamo così piccoli che ci sentiamo schiacciati a confrontarci con gli eventi? Se
ci sentiamo insignificanti di fronte a problematiche globali e ad orizzonti
sconfinati? Cosa potrebbe fare una singola persona come me, o un insignificante
gruppo di persone come noi, di fronte a simili magnitudini? <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><b>Quando vi ponete queste domande, guardatevi allo specchio.</b></span><span class="MsoSubtleEmphasis"> Voi
stessi siete la prova vivente dell’emergenza della vita sulla Terra. Se gli
elettroni si chiedessero che differenza farebbe ruotare o no attorno ai nuclei
degli atomi, se le molecole che avete all'interno del vostro corpo pensassero
che dissociarsi per liberare energia all'interno delle cellule fosse inutile, se
il cuore si chiedesse che senso abbia continuare a battere... voi oggi non
sareste qui. Non potreste guardarvi allo specchio. Ognuno fa la sua parte nell'universo.
E la fa, semplicemente, perché quello é il suo ruolo. Il cuore batte senza
chiedersi il perché, perché è semplicemente quello fa per costituzione: batte.
Perché i tessuti di cui si compone si contraggono e rilassano ritmicamente,
così che lui non deve in realtà decidere nulla, ma per noi è fondamentale che
lo faccia. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis">Noi siamo uomini, abbiamo il
privilegio di poter ragionare, di poterci meravigliare, di poter tendere alla
conoscenza, di poter decidere se agire o non agire. <b>Questo è il nostro privilegio e questo è il nostro ruolo. Quello di
avere un impatto sul nostro ambiente in molti modi diversi</b>. Ma il nostro
dovere é sempre lo stesso. Fare ciò che ci viene richiesto nelle circostanze in
cui ci troviamo. E allora nel momento in cui vi guardate allo specchio pensate
anche alle conseguenze di tutto quello che voi, e altri 7 miliardi di esseri
simili a voi, stanno avendo su questo pianeta, su questo enorme sistema
complesso che é la Terra, che assieme a noi ospita milioni di altre specie
viventi e che vive secondo una grandezza che per noi risulta appena
comprensibile. E smettete di pensare al fatto che qualsiasi vostra azione, in
comparazione, possa essere insignificante. Semplicemente, agite. Fate come gli
elettroni, come le molecole, come gli organi. Noi uomini ci interroghiamo, poi
capiamo, poi agiamo. <b>Non preoccupatevi
di cosa verrà dopo, fate ciò che credete giusto</b>. Muovete il vostro puntino di
presente nella direzione che la vostra coscienza vi indicherà come giusto. Il
resto seguirà, emergendo ancora una volta dalle righe della storia. E allora,
ma solo allora, al girarvi all'indietro, comprenderete la potenza di quel gesto
così insignificante. Comprenderete cosa, per davvero, voleva dire
sostenibilità. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis">Guardatevi allo specchio e pensate
all'emergenza della vita, di cui siete la prova vivente. Guardatevi allo
specchio e pensate all'emergenza della vita, che vi spinge ad agire. Il resto,
poi, verrà da sé. Nel momento in cui tu stesso sei la prova del successo, agire
diventa un dovere per chiunque.</span><span class="MsoSubtleEmphasis"><span style="color: windowtext;"><o:p></o:p></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span class="MsoSubtleEmphasis"><br /></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-64311652118361509422013-07-12T19:21:00.001+02:002014-03-17T12:31:50.061+01:00Pubblico qui la traduzione in italiano della prefazione alla mia tesi di dottorato, il cui tema è l'energia ondimotrice (quella delle onde del mare). Spero possa essere uno stimolo ad unire i puntini di quello che stiamo vivendo, nonché una fonte di determinazione a prendersi la propria parte di responsabilità.<br />
<br />
* * *<br />
<h1>
Il Mondo dell’energia a buon mercato è finito<o:p></o:p></h1>
<div class="MsoSubtitle">
<i><span style="font-size: large;">benvenuti in un futuro più luminoso</span></i><o:p></o:p></div>
<div class="MsoSubtitle">
<i><br /></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Sin dalla rivoluzione industriale
del XIX secolo la fame del Mondo di energia a basso costo che potesse
alimentare un’economia in continua crescita è aumentata a un ritmo costante. I
combustibili fossili diventarono presto la nostra principale fonte di energia, essenzialmente
per via di una densità energetica estremamente alta e della loro facilità di
trasporto ed accumulo. La disponibilità di una simile fonte di energia in
abbondanza permise la crescita esponenziale dell’economia e il progresso
tecnologico nei cosiddetti paesi sviluppati. Allo stesso tempo, tuttavia,
determinò a livello globale conseguenze negative di tipo ambientale, sociale e
politico, che sono state ampiamente sottovalutate per molti decenni. Tra di
esse le più evidenti sono forse l’esaurimento delle risorse, l’inquinamento, la
diseguaglianza e instabilità geo-politica; tutte comunque radicate profondamente
nel paradigma consumista e nella sottostante ipotesi della possibilità di una
economia in perpetua crescita, alla quale l’era dell’abbondanza di combustibili
fossili ha abituato tutti noi. Con la crisi sistemica che il Mondo occidentale
sta attualmente affrontando, è diventato evidente che questo tipo di paradigma
è vecchio e ha bisogno di essere aggiornato.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Le energie rinnovabili non
rappresentano solo una nuova forma di energia, ma rappresentano il necessario
cambio di approccio richiesto all'umanità nei confronti del proprio ambiente.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Essendo molto meno dense
energeticamente, più difficili da immagazzinare e fortemente connesse nella
loro disponibilità alle condizioni geografiche locali, la loro implementazione
richiede un diverso tipo di infrastruttura. Ci si dovrà evolvere da un sistema
centralizzato, dall'alto verso il basso, a un sistema distribuito più
democratico e flessibile, riflettendo lo sviluppo dei nostri modelli sociali nell'era
di internet. Saranno necessarie reti intelligenti locali che garantiscano una
più efficiente e dinamica coordinazione tra la fornitura e la domanda di
energia, ma anche super-reti in grado di promuovere la cooperazione tra diverse
regioni geografiche e in grado di fornire in modo dinamico un cuscinetto di
energia, qualora richiesta. I trasporti dovranno essere ridotti drasticamente,
evolvendo verso sistemi di trasporto collettivi e tendenzialmente elettrici. In
generale, si dovranno sviluppare e introdurre tecnologie più efficienti.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ma a parte il pur necessario adattamento
delle infrastrutture e gli avanzamenti tecnologici richiesti, la più grande
sfida di una transizione verso un Mondo più sostenibile sta probabilmente nella
necessità di evolvere delle persone e delle politiche, di sviluppare una diversa
mentalità e una diversa attitudine nei confronti della realtà. Le energie
rinnovabili sono un flusso, non un accumulo di energia; ciò costringerà la
società a tornare in uno stato di equilibrio dinamico con la natura e con il
proprio ambiente, in accordo coi limiti della fisica più che quelli della propria
immaginazione o stabiliti da “leggi umane”. Il Mondo intero dovrà presto
affrontare la necessità di consumare meno energia, consegnando alla storia il
concetto di crescita perpetua e le tendenze esponenziali che hanno
caratterizzato la nostra società per decenni.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Tutto questo dispiegherà una
serie di cambiamenti sociali e politici che sono ora troppo lontani da potersi interamente
immaginare. In ogni caso, è probabile che abbia luogo una profonda ri-localizzazione
dell’economia globalizzata, implicando un diverso equilibrio tra aree urbane e
rurali, la riprogettazione del sistema di produzione e distribuzione di beni e cibo,
nonché un più efficace sistema di gestione delle risorse. Anche il sistema
economico e finanziario richiederà una riforma sostanziale e il comportamento
stesso delle persone dovrà evolvere in accordo con la nuova realtà. Alla fine,
potrebbe persino emergere una nuova concezione rispetto a come gestire la
società e degli obbiettivi fondamentali che essa si prefigge.<o:p></o:p></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Le energie rinnovabili incorporano
ognuna e tutte queste sfide. Ignorarlo sarebbe dannoso non solo per il loro
sviluppo e la loro implementazione, ma per la futura prosperità della nostra
società. Potranno rappresentare un qualcosa di tecnico per molti; per me, rappresentano
una precisa responsabilità politica di chiunque viva il nostro tempo.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: right;">
Stefano Parmeggiani</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: right;">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-26720403108427064292013-02-25T23:48:00.000+01:002013-02-26T00:33:37.651+01:00Il pedone e il giocatore di scacchi<br />
<div style="line-height: 12.0pt; margin-bottom: .0001pt; margin: 0cm;">
<span style="font-family: Tahoma, sans-serif; font-size: 10pt;">Questa
sera non so cosa pensare. Sarebbe facile saperlo, ma non lo voglio fare.
Sarebbe facile pensare “italiani coglioni”. Giá fatto... non porta da nessuna
parte, non é né giusto né costruttivo. Sarebbe facile pensare “avete sbagliato
tutto”... lo fanno in tanti, si...ma poi? Sarebbe facile pensare “me ne vado”.
Giá fatto, ma ignorare il problema non fa che amplificare la questione. In
definitiva, sarebbe facile sentirsi un osservatore del problema, piú che una
parte integrante di esso.<o:p></o:p></span></div>
<div style="line-height: 12pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div style="line-height: 12pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<span style="font-family: Tahoma, sans-serif; font-size: 10pt;">Ieri mentre mettevo quelle due croci da analfabeta l’ho fatto con
una coscienza precisa, avevo una speranza. La mia speranza andava oltre la
sensazione diffusa che qualcosa stesse cambiando, andava oltre: era un atto di
volontá. Volontá che qualcosa cambiasse. Era la speranza che potessimo
ricordarci del nostro passato per interpretare a dovere il presente. E per
immaginare il futuro. Era la speranza che le coscienze tutte degli italiani si
fossero finalmente messe in moto, avessero per una volta acceso i sensori a
indicargli la strada da dove venivano, la stessa sulla quale non si doveva
tornare. La sensazione, questa sera, é che mi ero sbagliato. Non so se sia
effettivamente cosí, la storia si interpreta solo a posteriori. In momenti come
questi mi sento semplicemente un pedone sulla tavola degli scacchi, quelli che
avanzano solo dritto, una casella alla volta, senza poter tornare indietro. Il
giocatore di scacchi invece vede tutto dall’alto. Ha una tattica in mente, ha
delle prospettive, combina nella sua mente tante pedine e conosce in anticipo
la strategia dell’avversario. La storia, giocatore esperto, come al solito
seguirá il suo corso. E come sempre sará soprendente capire in che modo aveva
ragione lei. Potrebbe pure non sembrare, ma si stanno scatenando eventi che
vanno al di lá della nostra comprensione. Il classico battito di ali di
farfalla. E infatti non sembra. Ma io non sono un giocatore di scacchi, sono un
semplice pedone.<o:p></o:p></span></div>
<div style="line-height: 12pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div style="line-height: 12pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<span style="font-family: Tahoma, sans-serif; font-size: 10pt;">E allora l’unica cosa che penso, questa sera, é che ho sbagliato
tutto. E hanno sbagliato, come me, tutti quelli uguali a me. Tutti quelli che
questa sera non sanno che cosa pensare, tutti quelli che una spiegazione
proprio non la riescono a trovare. Tramortiti, attoniti, scossi. Hanno
sbagliato gli intellettuali, i critici, quelli della sinistra, la sinistra
vera. Hanno sbagliato quelli che si ritengono al di sopra delle bassezze,
quelli che cercano la veritá con sincera dedizione, che rifuggono come la peste
le facilonerie e le lusinghe elettorali, quelli che non ci stanno a sporcarsi
le mani per giocare nel fango. Mi ci metto dentro anche io, in pieno. Abbiamo
sbagliato. E non perché non avessimo ragione, ne sono ancora fermamente
convinto. Abbiamo sbagliato perché questo non é il paese in cui vivamo. E
lasciamo stare tutti i discorsi sull’italiano medio, su chi si informa solo
attraverso la tv, su chi non ha capacitá critica e su chi non usa la testa se
non per riempire lo spazio tra le orecchie. Lasciamo perdere tutti questi
discorsi perché qui non si tratta di criticare, ma di assumersi le proprie
responsabilitá. L’unica cosa che possiamo fare. L’unica cosa che in questo
momento dipende davvero da noi.<o:p></o:p></span></div>
<div style="line-height: 12pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div style="line-height: 12pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<span style="font-family: Tahoma, sans-serif; font-size: 10pt;">Chiediamoci: com’é possibile che sia andata ancora cosí? Lo snobbavamo,
lo davamo per finito, dicevamo che “gli italiani hanno imparato”... parlare al
vento, senza parlare con gli italiani. Pensare che gli italiani votano con la
pancia piú che con la testa senza cercare di farli ragionare per non farlo... é
ancora piú grave che farlo noi stessi. Questo é il paese in cui viviamo. Questa
é la gente che ci sta attorno. Questa é la NOSTRA gente. Questi SIAMO NOI. E
come al solito, noi si ha quello che ci si merita. Prima di tutto: conoscere il
problema.<o:p></o:p></span></div>
<div style="line-height: 12pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<span style="font-family: Tahoma, sans-serif; font-size: 10pt;">La sinistra intellettuale é morta, ancora una volta. Dissanguata.
Lacerata da un senso di superioritá misto ad una scarsa aderenza col mondo
reale. Misto, verrebbe proprio da dirlo, a una mancanza di impegno politico. É
morta per non parlare alla gente che vota con la pancia. É morta per non
mettersi a discutere con loro. É morta per non cercare di far ragionare chi
urla. É morta per non spiegare le cose come stanno davvero. É morta per non
riuscire a farle capire alla gente. É morta per non volersi abbassare nel fango
del dibattito politico di oggi, per non volersi sporcare le mani a raccogliere
quell’asticella che in piú di 20 anni ormai é al livello fecale del suolo...
perché solo cosí sarebbe stata in grado di tornare ad alzarla lá dove le
compete stare. Con estrema umiltá e coraggio. Secondo: saper rispondere al
problema. Parlare la lingua delle persone vere, anche se senza lusingarle e
prenderle in giro sicuramente é piú difficile che ti ascoltino. Ma provarci.<o:p></o:p></span></div>
<div style="line-height: 12pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div style="line-height: 12pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<span style="font-family: Tahoma, sans-serif; font-size: 10pt;">Ecco dove sta la responsabilitá politica di ognuno di noi, militante
o no. Politica é impegnarsi in prima persona. Fare divulgazione, parlare a
chiunque, diffondere una coscienza critica, crescere insieme al tuo
interlocutore in un dialogo costruttivo... tutto questo é un atto politico
profondamente importante. Cosí come lo é – di segno contrario – il ritenersi al
di sopra del problema, nella propria torre d’avorio lastricata di snobbismo a
guardare il mondo dall’alto. Consapevoli, nella propria dignitá minoritaria, di
avere la veritá in tasca e la protesta in ogni caso assicurata.<o:p></o:p></span></div>
<div style="line-height: 12pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div style="line-height: 12pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<span style="font-family: Tahoma, sans-serif; font-size: 10pt;">Forse non capiró mai come si legge una partita a scacchi, ma la
responsabilitá di avanzare nella mia direzione stasera la sento forte. E come
me, dovrebbero sentirla in tanti. Forse non staremmo qui a guardarci negli
occhi sconvolti, stasera. Forse non ci sarebbero, dopotutto, serate come
queste. Forse... se ognuno di noi facesse la sua casella in avanti con
coscienza e convinzione... forse alla fine capiremmo che la storia, dopotutto,
siamo noi pedoni.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtwO0IA_NpgCHKfFkbrBTb-ACE-XQhRyQ4CiYQrWgWbNJwFube7tesf3lZonyLw5OevyjKHD0CZ3DfrdS75j29LIBh1pdDqFphdalq1EE-LpUcXnhBJVwmtaEwHXbwPFPjSSkb-JutEXI/s1600/Pedone-contro-tutti-scacchi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtwO0IA_NpgCHKfFkbrBTb-ACE-XQhRyQ4CiYQrWgWbNJwFube7tesf3lZonyLw5OevyjKHD0CZ3DfrdS75j29LIBh1pdDqFphdalq1EE-LpUcXnhBJVwmtaEwHXbwPFPjSSkb-JutEXI/s1600/Pedone-contro-tutti-scacchi.jpg" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<o:p><br /></o:p></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-90052921260918661452013-01-29T00:53:00.001+01:002013-01-29T00:53:54.571+01:00La crisi dell’euro é un film giá visto<span style="text-align: justify;">Ho recentemente letto due
articoli dei proff. Cesaratto e Bagnai sull’e-book “Oltre l’austeritá”,
disponibile in maniera gratuita <a href="http://temi.repubblica.it/micromega-online/oltre-lausterita-un-ebook-gratuito-per-capire-la-crisi/" target="_blank">qui </a>e che invito chiunque a prendersi il tempo
di leggere. Si tratta di due articoli (al capitolo 2) che mettono in chiaro
molti dei meccanismi che caratterizzano l’euro, e quindi le cause strutturali dell‘attuale
crisi. Trattano della sequenza di processi macroeconomici che storicamente
avvengono in un regime di libero mercato e deregolamentazione finanziaria nel
momento in cui si adotta un regime di cambi fissi quale, appunto, una unione
monetaria.</span><br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Puó sembrare complicato ma non lo
é. Del resto io non sono di certo un economista. Consiglio quindi vivamente a chiunque
di leggerseli, non fosse altro per evitare di farsi prendere in giro ogni
giorno dai sacerdoti della liturgia economica. Una volta che si capiscono le
cose non ci si fa piú prendere in giro. Capisco peró, sono sicuro, che non
tutti troveranno né il tempo né la voglia di farlo. Mi pare peró che siano cose
talmente importanti che voglio provare qui a fornire una versione stringata ed
elementare di quanto viene descritto. Mi scuseranno i meglio informati per le
approssimazioni o le inesattezze (errori direi di no, ma in ogni caso invito
chi ne veda a segnalarli). Lo faccio con la speranza che spiegando queste cose
nel modo semplice in cui io le ho capite, anche altre persone che hanno i miei
stessi limiti possano capirle. Spero quindi possa essere considerato per quello
che é: non una sostituzione ai due articoli, ma un tentativo di introduzione semplice,
sintetica e il piú inclusiva possibile... con esortazione finale a leggerseli
quei due benedetti articoli!<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
L’UNIONE MONETARIA HA SENSO SOLO SE
DANNOSA<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Un’unione monetaria sopprime in
maniera forzosa le differenze di cambio tra valute, in modo da ottenere dei
cambi fissi. I cambi normalmente oscillano per stabilire un equilibrio sui
mercati tra aree strutturalmente diverse in termini di competitivitá economica.
La svalutazione da parte delle aree piú deboli all’interno di un sistema di
libero mercato é uno strumento che consente di assorbire gli shock che emergono
proprio come effetto di queste differenze strutturali. Tali differenze
includono sistema educativo, mercato del lavoro, sistema di previdenza sociale,
produttivitá, stabilitá finanziaria etc.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Imporre una convergenza a valle
di tutto questo tramite un’unificazione monetaria, senza cioé preoccuparsi di
far prima convergere tutte queste differenze, puó in realtá solo peggiorare
questi squilibri. Al contrario, cercando una integrazione di tutti questi
aspetti a monte e passando per l’adozione di un bilancio federale volto a coordinare
gli investimenti produttivi (es. in infrastrutture, ricerca...) per ottenere
una redistribuzione di competitivitá economica a livello europeo, l’unione
monetaria non sarebbe piú necessaria in quanto i tassi di cambio da sé giá convergerebbero.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Possiamo dividere l’eurozona in
due macro-aree:</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
</div>
<ul>
<li><span style="font-family: Symbol; text-indent: -18pt;"><span style="font-family: 'Times New Roman'; font-size: 7pt;"> </span></span><span style="text-indent: -18pt;">paesi centrali (forti)</span></li>
<li><span style="font-family: Symbol; text-indent: -18pt;"><span style="font-family: 'Times New Roman'; font-size: 7pt;"> </span></span><span style="text-indent: -18pt;">paesi periferici (deboli)</span></li>
</ul>
<br />
<div class="MsoListParagraphCxSpLast" style="mso-list: l1 level1 lfo1; text-align: justify; text-indent: -18.0pt;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
I paesi centrali sono quelli che
fanno riferimento all’area del marco, economicamente molto competitivi per via
di una gran produttivitá (che ne favorisce le esportazioni) e per questo
finanziariamente molto stabili. I paesi perfierici sono i cosiddetti PIIGS,
meno competitivi e finanziariamente piú deboli.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Nel momento in cui aree cosí diverse
adottano un regime comune di cambi fissi, all’interno di un sistema di libero
mercato e finanza scarsamente regolata, si scatena una serie ben nota di
“sfortunati eventi” che culmina in profondi periodi di crisi e nell’inevitabile
collasso. Testimonianza di ció sono numerosi casi in cui paesi in via di
sviluppo, agganciandosi a qualche regime di cambio fisso, sono stati costretti
a dichiarare bancarotta. É evidente quindi come non ci sia nulla di casuale in
tutto questo, a meno che non si voglia ignorare la storia.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
SFORTUNATI EVENTI<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<u><br /></u></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<u>1. Afflussi di capitali esteri
dal centro alla periferia<o:p></o:p></u></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In un regime di libero mercato e
cambi costanti per i paesi del centro, molto produttivi e competitivi, diventa
particolarmente conveniente prestare capitali ai paesi periferici, in quanto in
questo modo possono<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpFirst" style="mso-list: l0 level1 lfo2; text-align: justify; text-indent: -18.0pt;">
<!--[if !supportLists]--><span style="font-family: Symbol; mso-bidi-font-family: Symbol; mso-fareast-font-family: Symbol;">·<span style="font-family: 'Times New Roman'; font-size: 7pt;">
</span></span><!--[endif]-->beneficiare degli interessi piú elevati che i
paesi periferici “meno affidabili” sono soliti pagare <o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpLast" style="mso-list: l0 level1 lfo2; text-align: justify; text-indent: -18.0pt;">
<!--[if !supportLists]--><span style="font-family: Symbol; mso-bidi-font-family: Symbol; mso-fareast-font-family: Symbol;">·<span style="font-family: 'Times New Roman'; font-size: 7pt;">
</span></span><!--[endif]-->creare un mercato di sbocco per la propria
produzione di beni in eccesso<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Infatti gli efficientissimi paesi
centrali a paritá di costo producono beni con piú qualitá, o a paritá di
qualitá producono piú beni che quindi costeranno meno. Vedendo affluire
capitali, le banche dei paesi periferici possono concedere crediti e quindi, visto
che cresce la domanda aggregata (cioé la disponibilitá della gente a spendere),
l’economia torna a girare. Inizialmente saranno le classi abbienti a spendere comprando
beni di lusso importati, il che aumenta
ancora di piú l’afflusso di capitali esteri fino a che anche le classi meno
abbienti potranno comprare beni di prima necessitá importandoli dall’estero. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<u>2. Mancanza di investimenti
produttivi e divergenza della competitivitá<o:p></o:p></u></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Questa crescita drogata dagli
afflussi di capitale estero spesso va ad alimentare una bolla immobiliare.
Questo ha l’effetto di aumentare ulteriormente la domanda aggregata (visto che
tutto l’indotto ne beneficia) e la crescita del mercato interno, senza peró
riuscire ad aumentarne la competitivitá non rappresentando un investimento
produttivo. Non riesce quindi a ristabilire l’equilibrio della bilancia
commerciale (export-import). Continuano cioé ad aumentare le importazioni dei
paesi periferici di beni prodotti nei paesi centrali, in quanto aumenta il
divario di competitivitá. Il tutto reso possibile dal libero scambio su un
mercato comune.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<u>3. Inflazione e aumento del deficit
commerciale<o:p></o:p></u></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Questo ha come conseguenze un
aumento dell’inflazione, dovuto al maggior potere di spesa nel paese periferico
senza che la produzione sia aumentata, oltre che una ulteriore perdita di
competitivitá economica: in un regime di cambi fissi infatti il cambio reale é
dato dal tasso di cambio meno l’inflazione. Se l’inflazione aumenta il tasso di
cambio reale diminuisce, il che di fatto rivaluta la moneta periferica e rende
piú difficili le esportazioni di beni prodotti dal paese periferico. Pertanto,
mentre le importazioni continuano ad aumentare, le esportazioni diminuiscono col risultato che il saldo é sempre piú
negativo e si entra in una spirale in cui servono sempre piú afflussi di
capitale estero.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<u><br /></u></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<u>4. Aumento del debito estero<o:p></o:p></u></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ogni volta che qualcuno importa
un prodotto dall’estero di fatto aumenta il <b>debito estero</b>. Debito estero significa debito di qualcuno (pubblico
o privato) contratto nei confronti di terzi non appartenenti allo stesso stato.
<i>Inizialmente il debito é privato</i>, in
quanto contratto da banche private attraverso il sistema di pagamenti
interbancario europeo, chiamato Target2. Funziona cosí:<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Tu compri una mercedes, pagando
con la tua carta di credito. La tua banca provvede a trasferire l’importo sul
conto della banca tedesca. Il tutto viene peró mediato dalle relative banche
centrali (Banca d’Italia e Bundesbank), e tra di loro dalla Banca Centrale
Europea (BCE): <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
acquirente > banca italiana
> Banca d’Italia > BCE > Bundesbank > banca tedesca > mercedes<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
le frecce indicano i flussi di
capitale. Succede peró che le banche devono avere una certa riserva di
liquiditá presso la banca centrale percui, seguendo lo stesso processo a
ritroso, la banca tedesca che ora ha un surplus si offre di prestare denaro
alla banca italiana che cosí puó tornare in pari con la Banca d’Italia e questa
con la BCE. É contabilitá, ma é cosí che ogni volta che si compra un bene
importato cresce il debito delle banche nazionali nei confronti di quelle
estere.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<u>5. Il debito da privato
diventa pubblico<o:p></o:p></u></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il processo continua fino a che non
emergono dubbi sulla sostenibilitá del debito e la banca rischia il fallimento.
Visto che se le banche fallissero sarebbe un disastro per tutti i clienti della
banca, normalmente lo Stato in quel caso si offre di salvare la banca
accollandosi sostanzialmente il suo debito. É allora – e solo allora – che il
problema inizia a riguardare il <i>debito
pubblico</i>.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<u><br /></u></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<u>6. Collasso del sistema<o:p></o:p></u></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il tutto continua finché si
arriva ad una situazione di palese insostenibilitá che provoca uno “stop
improvviso”. In questo caso il paese periferico si dichiara in bancarotta.
Storicamente coi paesi in via di sviluppo é qui che interviene il Fondo
Monetario Internazionale, offrendosi come prestatore a condizione che vengano
imposte politiche repressive di austeritá che garantiscano i creditori
stranieri. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In una unione monetaria eistono
due alternative percorribili:</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
</div>
<ul>
<li><i style="text-indent: -18pt;"><u>Coordinamento
fiscale</u></i><span style="text-indent: -18pt;">: i paesi forti in avanzo aumentano il potere d’acquisto sul
loro mercato interno, aumentando l’inflazione ed operando di fatto una
rivalutazione che rende meno competitivi loro e piú competitivi i paesi
periferici, invertendo cosí la situazione e fungendo da mercato di sbocco per
le rinvigorite esportazioni dei paesi periferici (i paesi centrali trainano
l’economia dell’unione agendo da locomotiva);</span></li>
<li><i style="text-indent: -18pt;"><u>Integrazione
fiscale</u></i><span style="text-indent: -18pt;">: é quanto avviene ad es. negli USA (ma anche in Italia dopo
l’unificazione), cioé il surplus delle regioni ricche viene ridistribuito verso
le regioni meno sviluppate, utilizzandosi per investimenti produttivi.</span></li>
</ul>
<br />
<div class="MsoListParagraphCxSpLast" style="mso-list: l2 level1 lfo3; text-align: justify; text-indent: -18.0pt;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Entrambe queste politiche sono di
difficile attuazione nell’eurozona, in quanto sono palesemente in contrasto con
le politiche perseguite da sempre dai paesi forti, in particolare dalla Germania.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
IL MERCATILISMO TEDESCO<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Da sempre il capitalismo tedesco
si é beneficiato della propria grande produttivitá per arricchirsi perseguendo politiche
mercantiliste, ossia cercando di vedere i propri prodotti all’estero piú che
sul mercato interno. Per fare ció é necessario operare un contenimento dei
salari al ribasso in modo da limitare i consumi del mercato interno e, quindi,
l’inflazione. In un regime di cambio fisso ció corrisponde ad una svalutazione
reale che avvantaggia sul piano delle esportazioni e permette di vendere all’estero
le eccedenze di produzione. Tutto questo é ottenibile promuovendo una mentalitá
diffusa, condivisa dalla classe lavoratrice, secondo cui le esportazioni diventano
una sorta di orgoglio nazionale.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In questa situazione la Germania
si trova costantemente con la bilancia commerciale in attivo, il che le
consente di concedere prestiti ai paesi periferici e allo stesso tempo di crearsi
un mercato di sbocco privilegiato, l’eurozona. Questo inoltre potenzialmente (col
progredire delle politiche di austeritá imposte ai paesi periferici) puó offrirle
manodopera a bassissimo costo, permettendogli di aumentare ulteriormente la
propria produttivitá ed eventualmente competere sui mercati globali con le
altre potenze commerciali emergenti come la Cina.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
CONCLUSIONI</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Si tratta di fatto di una tattica
sleale – aver mantenuto artificialmente l’inflazione per larghi tratti al di
sotto del limite stabilito per l’eurozona del 2% va contro gli accordi – ed
egoista, in quanto si é visto come un paese forte come la Germania dovrebbe in
periodi di crisi optare per politiche di segno opposto. In realtá quindi, piú
che locomotiva, la Germania sta andando al rimorchio dei paesi periferici.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
É logico che per essa tanto un
coordinamento quanto un’integrazione fiscale non possono essere vantaggiosi,
visto che annullerebbe questo gioco redditizio; una unione fiscale potrebbe invece
esserlo, rappresentando un ricatto in base al quale in cambio di una ulteriore
cessione di sovranitá ad autoritá sovranazionali, presumibilmente sotto
influenza dei piú forti proprio come lo é ora la BCE, si metterebbero in atto dubbie
politiche di solidarietá tra stati. Il tutto potrebbe in definitiva portare a
una ulteriore perdita di democrazia e stato sociale nei paesi periferici, a
beneficio dei paesi forti che disporrebbero di sempre piú manodopera a basso
costo, creandosi di fatto un deserto produttivo attorno su cui basare la
propria espansione globale.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In conclusione, l’UE é lontana dall’essere come dovrebbe una comunitá volta alla cooperazione di stati diversi
per il raggiungimento di obbiettivi comuni, essendo in realtá sempre piú
improntata alla competizione fratricida a beneficio dei piú forti. Piú che una
unione, verrebbe da dire un’annessione.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Secondo quanto visto, l’euro é di
per sé uno schiaffo della politica all’economia. Ignorando la storia (che
quindi si ripete) e i suoi avvertimenti, ha rappresentato e rappresenta una
scelta calata dall’alto e giustificata in maniera paternalistica ora dicendo
che solo cosí si sarebbe vista come necessaria l’ulteriore unione fiscale e
politica dell’Europa, altrimenti inaccettabile. Una scelta in cui lo stesso
principio di autodeterminazione democratica cede il passo agli interessi
privati.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-87372668088808023032012-12-08T22:38:00.000+01:002012-12-08T22:47:34.215+01:00It’s evolution, baby!<span style="text-align: justify;">A volte penso che siamo spacciati. Siamo come un’auto lanciata a folle
velocitá contro un muro. In origine non lo sapevamo che stava lí, ma é da un po’
di tempo ormai che lo vediamo forte e chiaro. Evitarlo ormai non si puó, troppo
tardi. Le cose sono due: o per lo meno rallentiamo e cerchiamo di ridurre i
danni, oppure continuiamo a far finta di niente, ostriche e champagne fino al
momento dello schianto.</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ultimamente peró, mi ha colpito pensare che forse dietro questa corsa
ci sia ben piú di quel che sembra. Qualcosa che non si vede eppure muove da
sempre i fili della storia, instancabile: l’evoluzione della specie.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Darwin diceva che sono i meglio adattati alle condizioni in cui vivono
ad avere piú possibilitá di campare e, quindi, di conservare la specie. Bisogna
fare un passo in piú qui. Dal punto di vista biologico infatti non é tanto la
sopravvivenza dell’individuo ad essere importante, quando quella dei suoi geni.
É proprio lí infatti che risiede la descrizione delle caratteristiche peculiari
che gli hanno consentito di adattarsi al proprio ambiente cosí bene da poter
sopravvivere. Ed é quindi tramandando i propri geni vantaggiosi che questo
organismo fa un favore alla propria specie, visto che in futuro i discendenti meglio
adattati saranno sempre in numero maggiore, fino a diventare la norma. É cosí,
la specie é qualcosa di piú degli individui. Piú grande, piú importante. E
quando si evolve, cioé in continuazione, la cosa non é affatto indolore per gli
individui che la compongono.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Allora mi chiedo se non sia proprio questo il punto. Viviamo in un mondo
che cambia velocemente come mai. É quindi sempre piú necessario sapersi
adattare. Chi non riesce a farlo, rimane indietro. Chi ci riesce invece sará la
base fondante per la specie del futuro. Quella da cui si ripartirá dopo lo
schianto col muro.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
É curioso spiegare come accade che qualcuno si riesca ad adattare
meglio di altri. Tutto sta nel fatto che in natura, quella cosa a cui anche gli
uomini appartengono, la diversitá non é un problema, ma una ricchezza. Se punti
tutto sullo stesso numero in una roulette puoi vincere tanto. Ma hai anche
tantissime possibilitá di non vincere proprio nulla. Per questo la natura
decide di puntare su quanti piú numeri possibile. É per questo che nel processo
attraverso cui i geni vengono tramandati cerca sempre di mischiarli il piú
possibile. A volte poi accade anche qualche imprevisto, percui il codice non viene
riprodotto come dovrebbe: sono le mutazioni genetiche. Intendiamoci, una
mutazione genetica non é buona o cattiva in sé. É semplicemente quello che é:
un qualcosa di inaspettato. Sebbene siamo portati a immaginarci deformazioni e
cose aberranti quando pensiamo alle mutazioni genetiche (magari retaggio di
quelle provocate dall’uomo coi suoi bei giocattoli nucleari), in realtá sono un
valido strumento in piú nelle mani dell’evoluzione. Perché puó accadere che siano
associate a caratteri sfavorevoli, e in quel caso non vengono tramandate visto
che l’individuo muore o comunque avrá maggiori difficoltá di riprodursi, ma puó
anche succedere che siano favorevoli. E in quel caso rappresentano un bel
vantaggio competitivo, non c’é che dire. Un colpo di fortuna. Non stiamo parlando
degli x-men chiaramente, ma con le dovute proporzioni il discorso é in realtá
abbastanza simile.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La stessa cosa puó succedere con i comportamenti: alcuni favoriscono
la sopravvivenza della specie, mentre altri no. Chiaramente qui la cosa é,
almeno in teoria, piú semplice visto che non ci sono mutazioni genetiche random
di mezzo. Se si vede che un certo gioco
funziona, sarebbe normale iniziare a giocare secondo le sue regole. La realtá
non é poi cosí semplice, almeno non per tutti. Probabilmente anche in questo ci
sono individui piú predisposti di altri a cambiare, a esplorare, a curiosare e
a provare cose diverse. Ma non c’é dubbio che, visto in termini evolutivi, l’eclettismo
é la tendenza ad auto-aiutarsi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma che siano caratteri o comportamenti, viene da pensare che il loro
valore evolutivo probabilmente diventa evidente solo nel momento in cui serve
davvero. Fino ad allora rimane qualcosa che non si capisce, senza valore. Finché
non ti rendi conto che in effetti campare senza é dura. Ma ormai é troppo
tardi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
C’é da aspettarsi che inizialmente si veda perfino con sospetto,
essendo fuori dagli standard. Qualcosa di strano, di stravagante, di anormale. E
tutti sappiamo quanto ci piaccia essere considerati normali, ricadere dentro il
rassicurante sacco della media. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Pensateci: immaginatevi la prima comunitá di pesci che si sono spinti
a vivere fuori dall’acqua. Muoversi non doveva essere la cosa piú semplice:
sicuramente dovevano dimenarsi di continuo, scodare a scatti per saltellare di
lato. Eppure pensate al primo che ha messo su le zampe... l’avranno guardato stortissimo!
Denigrato e sbeffeggiato: “ma guarda te sto fricchettone che si mette in testa!
Mica lui scoda come tutti, no! Ma dove vuole andare, con quelle cosacce che gli
spuntano dalle pinne! É bruttissimo! Ti diró che poi, secondo me, é pure
cattivo!” Eppure presto sarebbe stata l’evoluzione stessa a zittire tutte le malelingue.
Ma daltronde é cosí, il diverso fa paura. Percui si osteggia, di deride, si
perseguita al di lá di quello che la razionalitá suggerisce. Eppure se cercate
di vedere il futuro, é proprio lá che dovreste guardare.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mi chiedo allora se non siamo di fronte allo stesso processo, senza
accorgercene. Si sta sviluppando in una parte sempre maggiore della popolazione
mondiale una certa coscienza ambientale. Qualcosa che va al di lá delle patine
verdi di facciata, qualcosa di profondo e vero. Un autentico senso di
appartenenza, di rispetto e di ammirazione per la natura. I fricchettoni degli
anni ‘60 (come venivano affettuosamente chiamati dai loro denigratori) hanno
dato il via a questo processo. Beh, a giudicare dalla diffusione sempre
maggiore, verrebbe da dire che l’evoluzione sta dalla loro parte. E se é cosí, di
certo non é per partito preso. É perché quel modo di vivere e di rapportarsi
col mondo, quella coscienza profonda probabilmente é in grado di assicurare una
miglior capacitá di sopravvivere nel mondo di oggi. Il fatto che siano stati a
lungo derisi, mentre ora – di fronte all’evidenza – vengono in qualche caso osteggiati,
in altri strumentalizzati, non fa che accrescere la mia convinzione.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mi piace allora pensare che sia cosí. E che in futuro questa coscienza
si diffonderá ancora di piú fino a diventare comune a tutta la specie. Proprio
perché vantaggiosa. Ma non mi faccio illusioni sul come. Il fatto che dobbiamo
capire infatti, e al quale probabilmente ci dobbiamo preparare, é che il
processo non sará affatto indolore. Per fare un esempio, non mi aspetto che
possa essere una diffusione uniforme come quella che avviene da una bustina di
té nell’acqua calda, in cui il té si propaga dalla fonte fino ad estendersi a
tutto il sistema. Ammesso che potesse funzionare come strategia, non ne abbiamo
tempo. Piuttosto sará una diffusione dovuta alla riduzione delle dimensioni del
sistema, fino ad includere la fonte e poco piú. Come quando metti un cucchiaino
di miele in un secchio pieno di acqua. Che differenza vuoi che faccia? Ma se
fai un buco appena sopra il fondo dove si é depositato il miele, l’acqua esce tutta
fino ad arrivare appena sotto il buco. Percui é chiaro che in quel modo l’acqua
rimasta sará piú dolce di prima. Ma solo perché ce ne sará molta, molta di
meno. L’acqua che ci sará permesso tenere dentro al secchio sará tanto maggiore
quando piú riusciremo a metterci d’accordo sul frenare quella macchina lanciata
contro il muro prima dello schianto inevitabile. Limitare i danni.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma anche dopo le tragedie, le catastrofi, la distruzione cui siamo
destinati, la specie continuerá il suo cammino. E sará una specie diversa,
senza dubbio. Sará una specie meno miope e piú lungimirante. Una specie che
saprá vivere in armonia con la natura perché ne avrá infine compreso l’importanza.
Sará una specie che é stata in grado, con le buone o con le cattive, di
cambiare rotta. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Per lo meno mi conforta allora pensare che, d’ora in poi, ogni volta
che mi sentiró deriso o denigrato per manifestare la mia convinzione che quello
che stiamo facendo come uomini é essenzialmente e profondamente sbagliato e
controproducente, almeno sapró di avere Darwin dalla mia parte.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
“Ogni volta che la gente è d'accordo con me provo la
sensazione di avere torto.” <o:p></o:p></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
Oscar Wilde.<o:p></o:p></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-40669401203655670862012-11-27T23:25:00.000+01:002014-04-17T14:13:59.762+02:00La speranza é l’ultima a morire<span style="text-align: justify;">Ho deciso di alzarmi in piedi piú o meno un anno fa. Lo ricordo ancora
bene: era una serata tranquilla dell’inverno norvegese, ci si preparava per
Halloween. Avevo da qualche giorno aperto il mio vaso di pandora, era stato un
documentario. Se ne sarebbero aggiunti tanti altri, ma quello allora fu davvero
un epifania. Da lí iniziai un percorso che mi portó a rovistare tra tutti i
temi di cui parlo in questo blog, ma al di lá di tutto questo, da lí in poi non
riuscii piú a vedere il mondo con gli stessi occhi. Tutto era cambiato, niente escluso.
O forse ero io? In effetti fuori tutto rimaneva uguale, ma per la prima volta capivo
che la visione del mondo ufficiale poggiava su un castello di carte. E ballava
tremendamente, o era quantomeno incompleta. C’era ben altro, lá fuori. E io
volevo capirlo. Per la prima volta mi trovai a prendere il mano argomenti che avevo
volutamente ignorato come troppo complicati. Gli ingranaggi stessi del mondo di
oggi, di cui ben poco mi ero curato sino ad allora, mi apparivano piú
interessanti e curiosi che mai. Dovevo capirli, per districare dal mio cuore tutti
quei dubbi che con violenza traboccavano per non lasciarmi scampo. Non pensavo
ad altro.</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il primo periodo fu davvero come tornare ad aprire gli occhi per la
prima volta. Tanto piú che, avido di conoscenza, aggiungevo continuamente dei
pezzetti nuovi al mio puzzle. Alcuni si rivelarono in seguito sbagliati, altri
soltanto inesatti. Quel che é certo é che l’effetto domino era iniziato e io
non potevo piú fermarlo. Lo sentivo dentro di me. Lo osservavo quasi, con la stesso
senso di impotenza soddisfatta di quando si guardano quelle tesserine, cosí
meticolosamente messe in fila l’una dietro l’altra, cadere e travolgersi senza
rimedio. Il mio mondo, cosí come quello di tanti altri, era stato fasullo. Ora
stavo scostando il mio velo di ignoranza per comprenderlo meglio. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Per la prima volta mi sentii padrone della mia testa per davvero. E
non potevo fare a meno di urlarlo ai quattro venti, di confrontarmi con
chiunque mi capitasse a tiro su qualsiasi argomento stessi affrontando. E il
mio campo visivo si ampliava sempre di piú. Avevo capito bene? Mi sfuggiva
qualcosa che qualcuno poteva chiarire? Ero una spugna. Poi, una volta arrivati
a una qualche conclusione, seppur necessariamente provvisoria, sentivo di
doverlo condividerlo con chi volesse. Cosí nacque stand up. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma da lí le cose sono cambiate, eccome. L’esercizio della scrittura si
riveló per me, come daltronde c’era da aspettarsi, terapeutico. I mille fili
confusi dei miei pensieri erano costretti a prendere forma sulla tastiera.
Percui anche quelli piú nascosti emergevano, quasi magicamente. Capitava spesso
che iniziassi a scrivere di qualcosa che poi rimaneva tra le dita per dare
spazio a qualcos’altro che sgorgava vigoroso e inaspettato da dentro. Mi ha
aiutato molto scrivere questo blog. Mettere in ordine le idee serve sempre, non
fosse altro come scusa per pensare. Giá, la meditazione. Cosa poco conosciuta e
dal suono orientaleggiante, per la quale oggigiorno di tempo non se ne trova proprio
piú. Scrivere era veramente come prendersi un po’ di tempo per fare quello. Pensare.
Vi stupirebbe cosa potrebbe succedere a chiunque di voi lo provasse, se giá non
lo avete fatto. E vi stupirebbe vedere quanti fili sparsi si riescano ad unire
cercando di vedere le cose non sempre con la lente di ingrandimento, ma a volte
anche a volo d’uccello. A volte partire da discrorsi meccanicistici é trovarsi a
discutere dei massimi sistemi. Filosofia laddove una volta c’era spazio solo per
la matematica. Ma daltronde, chi queste cose le ha inventate, giá migliaia di
anni fa sapeva bene che il loro confine é ben piú sfumato di quanto oggi ci
piace credere. Una delle conquiste piú grosse é stata infatti proprio questa: il
recuperare l’amore per il pensiero puro, che ti eleva al di sopra dei fatti
contingenti e in fin dei conti ti da la forza, se lo credi, per sostenerli.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Dopo un anno ci sará sicuramente qualcosa che é riuscito meglio e
qualcos altro peggio. Ci saranno state cose interessanti e altre noiose, o
persino inconcludenti. Ma di sicuro ogni articolo é stato un passo compiuto nella
giusta direzione per il momento in cui é stato scritto. Ma verso dove? Non lo
so, né lo sapevo quando l’ho scritto. Ma di sicuro era adatto alle sue
circostanze e a quello che avevo da dire. Perché mi ero informato sull’argomento,
perché mi toccava particolarmente, perché credevo che fosse importante per
comprendere meglio il perché ognuno dovrebbe alzarsi in piedi oggi. Ed é
curioso come ora, a guardare per un attimo all’indietro, pare che il tutto prenda
forma. Pur non avendola in origine. Come quando ci si gira all’indietro a
vedere che le tante orme che passo dopo passo hai lasciato sulla sabbia in
realtá stanno formando qualcosa di chiaro e definito.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Credo che tutti mi siano serviti a capire meglio a come guardare il
nostro mondo di oggi e la crisi che attraversiamo. Ma credo anche che nessuno
di loro sia, preso da solo, sufficiente. E sono sicuro che mille altri ne
mancano, anche se devo dire che la cosa piú che atterrarmi mi affascina. Perché
da qualche parte si inizia sempre, ma invariabilmente non si sa mai dove si
finisce. E spesso devo dire che é proprio per questo che il gioco vale la candela.
Perché ti insegna in modo perentorio, ancora una volta, di come il fine di ogni
percorso non sia la meta, ma il viaggio. Il modo in cui metti un piede davanti
all’altro. E il capire che lo fai non per arrivare dove non sai né mai saprai. Ma
solo perché sei tu e sei lí, ora. E stai camminando che rimanere fermi non si
puó. E allora uno prima l’hai messo lá, che ancora ne vedi l’orma. L’altro lo metterai
appena piú avanti, il dove sará questione di deciderlo ora. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Dunque oggi vi parlo proprio di questo. Partendo dal ricordare quel
momento di necessitá comunicativa in cui ho iniziato a fare una cosa talmente
inutile quanto scrivere su di una pagina che probabilmente una ventina di
persone sí e no avrá mai letto. Ma non importa. Perché strada facendo mi sono
reso conto sempre di piú che l’obbiettivo principale forse non era la
comunicazione, quanto la riflessione. Se poi questa puó essere condivisa con
qualcuno, intendiamoci, tanto meglio. Ma quello che voglio dire, qui, é che non
bisogna aspettare di essere una rock star per fare qualcosa. Non bisogna
aspettare di avere l’occasione per parlare da un pulpito. Non bisogna aspettare
un treno che per quando arriverá saremo tutti ammuffiti. Non bisogna aspettare
di dimenticarsi cosa si vuole dire, o il perché. Bisogna farlo quando ci si
sente. Punto. Battere il ferro finché é caldo. Andrá a finire che é proprio lí
che nascono le cose piú interessanti.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Si parla sempre di speranza. La speranza in un futuro migliore. Dove
tutto andrá bene, alla fine. Fatto sta che, come al solito, per arrivarci
dobbiamo sacrificare il presente. Sacrificare il presente, che é l’unica cosa
che a conti fatti conosciamo, per promesse di vanagloria nutrite della migliore
delle speranze. Scrivo proprio mentre le solite previsioni di crescita
economica sono state spostate appena piú in lá. Guardacaso, come sempre, alla
fine dell’anno prossimo. Lontano, quindi, ma mai troppo da toglierci la
speranza che sia davvero possibile. O che vedremo ricompensati i nostri
sacrifici. Ci sará ancora parecchio da stringere la cinghia, miei prodi, ma ce
la faremo. Io, peró, non ci credo. Non credo nella speranza, credo in quello che
uno puó fare con le sue mani. Qui e oggi. Credo nella conoscenza prima di
tutto, quella che ti permette di agire con coscienza e in modo efficace. Quella
che, sapendo dove ci troviamo e non dove potremmo essere in futuro, ci aiuta a prendere
una buona decisione.Forse non la migliore. Sicuramente ci aiuta a non mettere
il prossimo piede in una pozza di merda per avere un giorno, chissá, una
caramella. Della speranza senza fondamento non me ne faccio niente. Io credo
nell’impegno. Quello stesso che, oggi piú che mai, ci spinge tutti a far
qualcosa per spegnere quel fuoco che ci infiamma dentro. Quello che non ci fa
girare la testa dall’altra parte e forse non ci fa nemmeno dormire la notte.
Quello che non ammette ritardi né deroghe, né tantomeno scuse. Quello che serve
a darci la certezza, non la speranza, che giá domani andrá meglio. Quello che
ti guarda negli occhi e ti chiama per nome, giorno dopo giorno, dicendoti che é
ora di alzarsi in piedi. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<i>"La speranza è una
trappola, è una brutta parola, non si deve usare. </i><i>La speranza è una trappola
inventata dai padroni, (...) state buoni, state zitti, pregate, </i><i>che avrete il
riscatto nell'aldilà. </i><i>State buoni,sì siete dei precari, ma tanto tra due o tre
mesi vi riassumiamo, vi daremo il posto, abbiate speranza. </i><i>Mai avere la
speranza, la speranza è una trappola, </i><i>è una cosa infame inventata da chi
comanda."</i></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
Mario Monicelli<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-61190731252533096442012-11-03T23:57:00.000+01:002012-11-03T23:57:07.406+01:00Il mito della disoccupazione<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
In inglese esistono due parole per esprimere quello che noi chiamiamo,
semplicemente, lavoro. Una é <i>work</i>, che esprime il concetto di lavoro in senso
ampio come attivitá produttiva con cui l’uomo – attraverso il dispendio di
energie fisiche e intellettuali – si procura beni e servizi. Per questo, la
parola work é almeno vecchia quanto l’uomo. L’altra, molto piú recente, é <i>job</i>. Rispetto
a work, job é prettamente il lavoro salariato. Cioé esprime il fatto che delle
persone prestino il loro tempo, le loro energie e capacitá per svolgere
mansioni non necessariamente volte a soddisfare le loro necessitá o aspirazioni,
ma per le quali ricevono un compenso monetario. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
LE ORIGINI DELLO SGOBBONISMO<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Si pensa che il termine job abbia origine nel XVI secolo, lo stesso
periodo in cui nascono gli stati moderni e il sistema monetario cosí come oggi
lo conosciamo, quello delle banche centrali. Le banche centrali sono, giá
allora, enti controllati da privati che assolvono la funzione essenzialmente
pubblica di creazione e controllo della moneta dello stato. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
A proposito della moneta, ci sono un paio di cose interessanti da
notare. La prima é che <b>il valore della moneta risiede nella fiducia che la
circonda.</b> Trattandosi di una convenzione attraverso cui regolare gli scambi di
beni e servizi, non é tanto il valore in sé dell’oggetto che si usa come moneta
a darle effettivamente valore, quanto la sicurezza che chiunque potrá poi cambiarlo
in qualsiasi altra cosa. Ne deriva che moneta puó in realtá essere qualsiasi
cosa, tanto che nel tempo si sono usate conchiglie, pelli e perfino il sale
come moneta! É quindi l’alone di fiducia che la circonda a darle valore, ma
come si crea? Beh, questa é la seconda cosa interessante... <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
É in realtá lo stato stesso a crearla ma in un modo che nessuno si
aspetterebbe: con le tasse! É infatti creando ad arte la necessitá per i
cittadini di pagare le tasse con la moneta emessa dallo stato che questo
letteralmente li costringe a procurarsela, altrimenti non avrebbero
necessariamente bisogno e potrebbero magari continuare a barattare o a usare il
sale invece che le banconote. É quindi sapendo che chiunque potrá usare quella
carta per pagare ció che lo stato richiede che tutti sanno, di colpo, che
quella cosa ha valore per tutti e che si puó usare per scambiarsi tutto il
resto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Dunque la gente inizia a lavorare per avere monete piú che per altro. In
questo modo il risultato del lavoro si uniforma, é sempre e comunque moneta.
Moneta che in sé non é niente, ma che in potenza puó essere tutto. Il lavoro
diventa in questo modo job, ed é forse lí che iniziano tanti problemi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La moneta diventa infatti l’unitá di misura non solo del valore delle
cose, ma della vita stessa e delle persone. Anche tu diventi misurabile in
termini di monete: quelle che possiedi o quelle che sei in grado di guadagnare
in un certo tempo. Non importa il come, non importa se sei un artista eccelso o
semplicemente un subdolo truffatore. Sono i soldi a dare prestigio, non la
qualitá delle persone. E i soldi, cosí come ogni altra forma di ricchezza, danno
potere. E il potere, si sa, da sempre piú soldi. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
DISTORSIONE DELLA REALTÁ E OMOGENEIZZATO MONETARIO<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Eccoci dunque come d’incanto arrivati ad una situazione che conosciamo
molto bene. Le scelte che compiamo nella nostra vita, cosí come – e forse piú –
le scelte che NON compiamo poiché le diamo per scontate, dipendono sempre piú
dai soldi che dalle vere capacitá e aspirazioni delle persone. Si tratta in
definitiva di un aridimento estremo della nostra societá, in cui l’infinito ventaglio
di possibili espressione della diversitá umana si riduce ad essere sempre e
costantemente valutata usando lo stesso metro. <i>Li sordi</i>.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Succede quindi che quando conosciamo qualcuno gli chiediamo “cosa fai?”,
avendo giá chiaro in mente – sia noi che lui/lei – che intendiamo il lavoro. E
lavoro inteso come job. Semplifichiamo le persone e la loro estrema complessitá
facendole passare per l’imbuto del lavoro, <b>omogeneizzazione
monetaria</b>. Le capacitá, i talenti, gli hobbies o le inquietudini e
aspirazioni delle persone passano sempre piú in secondo piano. <o:p></o:p></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<i>“Cosa fai?” <o:p></o:p></i></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<i>“Io vivo, e tu?”</i><o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma dietro questo impoverimento di relazioni, c’é ben altro. E qualcosa
di forse molto piú concreto. C’é un <b>sentimento di scarsezza cronica</b>, di
insufficienza costante e di preoccupazione per futuri bisogni insoddisfatti che ci obbligano
costantemente a scendere a compromessi, tutto sempre in nome del dio denaro.
Quanti possono dirsi cosí fortunati da lavorare in qualcosa che gli piace per davvero?
La necessitá é peró quella di arrivare a fine mese, cioé di avere di che
vivere. Percui é normale, sempre piú normale, fare buon viso a cattivo gioco.
Verrebbe da dire che é quasi il contrario, ultimamente. Non é normale quando
trovi qualcuno soddisfatto del proprio lavoro. Oggi queste persone appaiono sempre
piú dei privilegiati.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
SCARSEZZA O NON SCARSEZZA?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma quali sono le radici di questa scarsezza? E dopotutto, esiste per
davvero!? C’é veramente bisogno di tagliare i servizi sociali e aumentare le
tasse per poter fare qualsiasi altra cosa? Abbiamo visto che la ricchezza si
misura in termini monetari, percui lo stesso vale per la scarsezza. A questo
punto, se nel sistema monetario di oggi i soldi se li stampa lo stato, dov’é il
problema? La questione é spinosa, c’é da tenere conto dell’inflazione, del tipo
di attivitá fornite (produttive o speculative) e di molte altre cose, ma in
generale si potrebbe concludere che questa scarsezza non ha ragione di
esistere. O potrebbe perlomeno essere infinitamente minore. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
A ben vedere uno potrebbe chiedersi: su che base misuriamo la
scarsitá? Sulle vacanze in resort 5 stelle ai Caraibi? Sulla quantitá di
depositi milionari? Oppure sul numero di Ferrari che girano per strada? Mi pare
non ci siano dubbi nel dire che questo senso di scarsitá si riferisce alle cose
che ci servono necessariamente per vivere. <b>Il
senso di scarsezza riguarda il poter soddisfare le proprie necessitá primarie.</b>
Percui eliminare la scarsitá nella fornitura di alimenti, acqua, energia, case
e poche altre cose significherebbe giá ridurre sostanzialmente il problema. Tutti
dovrebbero avere accesso a queste cose, per le quali non dovrebbe esistere scarsezza.
Bene. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma soddisfare le necessitá primarie per tutti significa o uno stato
iper-assistenzialista in cui nessuno si deve piú nemmeno preoccuparsi di
lavorare, oppure significa <b>garantire un
lavoro a chiunque in modo che tutti possano avere una entrata minima</b>. Nel
secondo caso ognuno sente di dover contribuire in qualche modo al bene della
collettivitá, ma nessuno gli impone piú il come. Significa quindi cambiare
nuovamente il paradigma lavorativo, facendolo tornare ad essere work, non piú
job. Se potesse esistere una situazione nella quale, indipendentemente da
quello che fai, avresti di che vivere, perché mai dovresti fare qualcosa che
non ti piace? L’unico caso che mi viene in mente é “non so cosa mi piace”.
Bene, nel caso in cui qualcuno non abbia aspirazioni particolari ci sará sempre
una marea di lavori socialmente utili (ossia utili alla collettivitá) da dover
fare. Nel momento in cui l’hai capito, sei libero di fare quello che meglio
credi, che piú ti realizza e ti fa stare bene. La magia in questo caso é che é
fisiologico che il tuo lavoro sia anche qualcosa che fai con trasporto e
passione, quindi bene. Con voglia di migliorarti costantemente non perché
qualcuno te lo impone, ma perché sei tu a volerlo. Se cambiano le condizioni,
sei libero di cambiare lavoro. Nel momento in cui si verifica questa condizione
é anche il settore privato a beneficiarne, in quanto si vengono a creare
imprese nuove, espressione delle aspirazioni di persone che seguono i propri
sogni e i propri ideali. Non la necessitá di profitti e benefici economici. Lo
stato é quindi tramite tra una disoccupazione che non ha ragione di esistere e
il settore privato in crisi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma facciamo un esempio per capirci meglio. Immaginiate, con grande
sforzo e solo se ci riuscite, una situazione in cui la disoccupazione é alta e allo
stesso tempo non ci sono abbastanza risorse per offrire servizi pubblici di
qualitá (ad esempio: la salvaguardia del territorio dal dissesto idrogeologico,
oppure la manutenzione delle infrastrutture, oppure ancora l’assistenza
sanitaria). Ci siete riusciti? Complimenti, non era facile! Ok, pensate ora: <b>qual é effettivamente il fattore limitante
del processo</b>, i soldi o la mancanza di risorse (pensiamo in particolare a
quelle umane in questo caso)? Chiaramente sono i soldi. Pare che non ce ne
siano mai abbastanza da poter pagare tutti quelli che dovrebbero fare quelle
cose. Di lavoro da fare invece, chissá come mai, ce n'é sempre anche troppo! Ma allora se per un momento aggirassimo il sistema dei soldi, niente vieterebbe
di prendere la massa dei disoccupati e metterli a lavorare in queste cose che
servono eppure nessuno fa. In questo modo loro sentirebbero di avere una
funzione, magari imparerebbero un mestiere, si qualificherebbero etc. E se in
cambio gi dessimo anche (in un modo o in un altro) di che vivere, dove starebbe
il problema? Nello stampare un altro po’ di carta straccia? <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Nel momento in queste persone avranno soldi da spendere per comprarsi
di che vivere, sará l’intera economia a beneficiarne, molto piú che con le tristemente
famose cure a base di lacrime e sangue! E quindi significa che magari le
imprese del settore privato torneranno ad un certo punto ad aver bisogno di
lavoratori, piú che a doverne licenziare, e che li dovranno per forza di cose
pagare meglio di quello che fa lo stato col lavoro garantito. Ci saranno quindi
delle persone che transiteranno semplicemente attraverso il lavoro garantito,
piuttosto che stare a casa a deprimersi su come le cose vanno male e non si
vede la luce in fondo al tunnel, per poi tornare a lavorare nel settore privato.
E se poi i salari aumentano troppo? semplice, allora – <b>solo allora</b> – li si tassa un po’ di piú per evitare l’inflazione. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ne deriva che la piaga della discoccupazione, oggi, é figlia (anche) di
un sistema basato totalmente sul lavoro salariato. Un sistema in cui non
esistono piú, almeno in teoria, persone che vengono comprate per lavorare (gli
schiavi), ma in cui comunque ogni giorno miliardi di persone vengono letteralmente
affittate per farlo. Il fatto é che non hanno alternativa, se vogliono campare.
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Da lí l’importanza del lavoro e della professione nella presentazione
personale e il suo peso nella vita di ognuno di noi. Da lí la distorsione di
valori sempre orientata verso l’ottenere ricchezza economica. Da lí un sistema basato
sulla <i>competizione perenne</i>, giudicata necessaria per aggiudicarsi le scarse
risorse disponibili a scapito degli altri. Da lí il <i>giustificare, seppur magari
inconsciamente, la povertá</i>. Perché in un mondo di risorse scarse qualcuno sará
necessariamente povero. Da lí la frenesia di dover <i>accumulare ricchezza</i> pur
mantenendola improduttiva (speculazione) piuttosto che usare non piú di quel
che ci serve, quando ci serve. Da lí un sacco di altre malattie della nostra
societá.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma la disoccupazione dilagante, con tutte le piaghe sociali che ne
derivano, é anche figlia di una scarsezza artificialmente creata e mantenuta
dagli organismi che controllano le politiche monetarie. Scarsezza che,
attraverso una reale oculata gestione delle risorse, di fatto non avrebbe
ragione di esistere. Gestione basata sulla <b>condivisione
di beni e servizi e sulla cooperazione degli sforzi per il bene comune</b> <b>piú che sulla proprietá privata a tutti i
costi e sulla competizione predatoria.</b> E tutto questo perché, non
dimentichiamocelo, la scarsezza si misura in termini di qualcosa – la moneta –
che siamo liberi di creare e distruggere a piacimento. E che non ha nessun
valore in sé e per sé.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
“Non confidare nei soldi, non sono la realtà.” (Blow)<o:p></o:p></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-79438744409521145452012-10-28T20:07:00.000+01:002012-10-28T20:21:36.721+01:00The dark side of the euro<br />
<span style="text-align: justify;">A volte, a ben scavare, uno si
accorge che nel mondo succedono cose strane.</span><br />
<span style="text-align: justify;"><br /></span>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Basta considerare per un momento
la questione dell’euro. Sará possibile, mi dico io, che gente comune che si
occupa di economia in maniera non piú che amatoriale – come il sottoscritto – riesca a dipingersi in mente un quadro chiaro del
perché non si puó andare avanti, mentre gli eruditissimi e rispettatissimi
tecnocrati che ci governano ad ogni livello (non solo in Italia) non riescono
davvero a vedere il lato oscuro dell’euro?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Uno deve per forza pensare che
sia malafede. O forse é solo un'estrema chiusura mentale che sfocia nell'idiozia? Probabilmente entrambe, ma in fin dei
conti nessuna delle due. Dopotutto non dimentichiamoci che balliamo costantemente
sui carboni ardenti del caos, che ci piaccia o no. Ma andiamo per gradi.
Analizziamo prima brevemente il problema.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
IMPORTANZA DELLA SOVRANITÁ MONETARIA<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
L’euro é la conseguenza dell’unione
monetaria di piú paesi, ognuno dei quali é rimasto esattamente quello che era
prima, meno il fatto che ora usa la stessa moneta degli altri. Non é quindi un’unione
economica, fiscale, politica, né tantomeno culturale. Dio ci scampi. Solo
monetaria. Ma giá basta e avanza. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il poter gestire la propria
politica monetaria é quello che per uno Stato si chiama sovranitá monetaria, ed
é una cosa FON-DA-MEN-TA-LE affinché uno Stato possa definirsi tale. Il compito
di uno Stato infatti, non mi stancheró mai di dirlo, é quello di fornire ai
propri cittadini i servizi essenziali a garantirne il benessere e i diritti
fondamentali. Non il pareggio di bilancio, ma benessere e diritti. Lo Stato infatti
non é una famiglia che deve arrivare a fine mese coi conti a posto. E questo
perché <b>le famiglie usano la moneta, lo
Stato la crea</b>. E quindi non ha senso pensare che possa non averne abbastanza.
Anzi, dovendo adempiere a quelle funzioni che gli spettano ed essendo l’unico
in grado di creare moneta al netto, é proprio a lui che spetta spenderla prima
di tutti. Deve quindi necessariamente avere i conti in rosso a fine mese. Ammesso
che la moneta sia la sua e la controlli lui, appunto. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ora il discorso che va per la
maggiore é che in ogni caso se ne stampasse troppa finirebbe per materializzare
quel temutissimo spauracchio che é l’iper-inflazione modello Repubblica di
Weimar o Zimbabwe, ossia rialzo spropositato dei prezzi e crollo del potere di
acquisto. In realtá la questione é molto piú complessa e non c’é un semplice legame
diretto di causa-effetto tra immissione di liquiditá in un sistema e inflazione.
Bisogna infatti vedere di che sistema stiamo parlando e per che cosa si usa
quella nuova moneta.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Infatti non é che uno Stato immetta
liquiditá nell’economia sparandola per aria, magari con un cannone spara-banconote
(le monete farebbero troppo male credo). In realtá lo Stato prima di tutto si auto-finanzia
per mettere in moto attivitá produttive e fornire servizi, il che attiva l’economia
creando occupazione e quindi benessere. Poi finanzia le banche, che rilasciano
crediti controllando che le credenziali dei richiedenti siano soddisfacenti
(almeno in teoria, come ci insegna la storia recente), il che mette in moto
altre attivitá produttive e cosí via. Non é quindi che i soldi si fiondano direttamente
nelle nostre tasche di spendaccioni, ma prima passano attraverso il filtro
della spesa pubblica e dell’occupazione. Fino a che il denaro circola nell’economia
reale infatti, quella delle persone che lo usano per vivere, che é il motivo
per cui esistono i soldi dopotutto, ció non puó che far un gran bene a tutti: tutti
hanno da lavorare, con gli indubbi vantaggi sociali che ne derivano, tutti
hanno da mangiare e da spendere il giusto per vivere bene. Se poi il potere d’acquisto
aumenta troppo lo Stato puó sempre regolarlo per tempo aumentando un po’ le
tasse. Ma non é che in origine le tasse servano allo Stato perché lui i soldi
non ce li ha, visto che se li puó stampare da solo! Notate che in questo schema
non esiste la parola speculazione, ossia il guadagno per guadagnare. É
importante ricordarsi sempre che la moneta é infatti uno strumento, non un
fine. <b>Il suo uso deve quindi essere
vincolato ad</b> <b>attivitá produttive o a
fini sociali</b>.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ma mettiamo pure che la cosa ci sfugga
di mano. Si guadagna tutti troppo e va a finire che i soldi non valgono piú
granché. Quanto ci vorrá? Qualche annetto almeno? E fino a che punto nel
momento in cui ci si rende conto di questa cosa non la si riesce a fermare? Non
vale la pena provare piuttosto che morire giá di fame adesso per giocare al
gioco del rigore monetario a tutti i costi? Ci rendiamo allora conto del perché
una politica monetaria volta esclusivamente al controllo dell’inflazione (come é
dichiaratamente quella della BCE) non ha senso? La politica monetaria é uno
strumento preziosissimo per lo Stato, attraverso cui perseguire una piena
occupazione e il benessere sociale. Non per controllare l’inflazione punto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
ALTRIMENTI?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La gestione in autonomia della
propria politica monetaria é quindi fondamentale per permettere ad uno Stato di
finanziarsi direttamente, senza ricorrere ad alternative controproducenti. É infatti
essenzialmente nel momento in cui noi non abbiamo piú la nostra sovranitá
monetaria che ci rimangono solo due strade per finanziare la spesa pubblica:</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
</div>
<ol>
<li><span style="font-size: 7pt; text-indent: -18pt;"> </span><b style="text-indent: -18pt;">tartassare di tasse cittadini e imprese</b><span style="text-indent: -18pt;">:
in questo caso le tasse sí che servono a finanziare lo Stato, perché questo non
emette piú la sua moneta e quindi la deve racimolare laddove ne trova. Va da sé
che i cittadini spenderanno meno perché dovranno tirare la cinghia e le imprese
perderanno capacitá produttiva, percui l’economia é destinata a rallentare;</span></li>
<li><span style="text-indent: -18pt;">oppure
indebitarsi presso privati (mercati finanziari), cui dovremo pagare interessi sempre
piú alti nel tempo </span><b style="text-indent: -18pt;">aumentando costantemente
il debito pubblico</b><span style="text-indent: -18pt;">, che é un vero debito solo nel momento in cui si contrae
con dei privati. Non lo sarebbe in assoluto infatti se fosse contratto con la propria
banca centrale, che é parte dello Stato stesso, percui l’uso stesso della
parola debito sarebbe fuorviante.</span></li>
</ol>
<br />
<div class="MsoListParagraphCxSpLast" style="mso-list: l0 level1 lfo1; text-align: justify; text-indent: -18.0pt;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Se la cosa sfugge di mano, va a
finire che si arriva perfino a <b>tagliare
la spesa pubblica</b>. Ma va? Suona quasi familiare...<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
CONCLUSIONE<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ora, é chiaro che se per un
profano come me basta informarsi un po’ per mettere in fila queste cose, i
nostri professoroni le sanno perfettamente sin dall’inizio. E allora? Cosa
dovremmo pensare di lorsignori? Malafede o idiozia?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Come sempre, probabilmente la
veritá sta nel mezzo. Nel senso che qualcuno con tutto questo sistema ci ha
fatto dei gran soldi. Ricordiamo che un sistema di questo tipo taglia i servizi
ai cittadini e li dissangua di tasse, il tutto per pagare gli interessi su un
debito che lo Stato ha contratto con dei privati. Tagliando i passi intermedi,
significa quindi prendere la ricchezza diffusa alla base e concentrarla nelle
mani di pochi privati al vertice della piramide sociale.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ma non vogliamo essere
complottisti piú di tanto. Va riconosciuto infatti che esistono in questo mondo
dinamiche cosí complesse che, pur a volerlo fortemente, sfuggono al nostro controllo.
Puó essere quindi che come sempre queste cose siano diventate evidenti solo
ora, ma non lo fossero prima. Ognuno puó mantenere il proprio grado di
scetticismo di fronte a queste affermazioni – e il sottoscritto lo manterrá in
toto – eppure dopotutto é cosí. Magari l’obbiettivo era proprio quello che ci
hanno venduto in origine, ossia incrementare i commerci e il turismo in Europa beneficiando
di una moneta unica. Ora, io capisco che a volte i turisti possano essere un po’
rincoglioniti e si sbaglino a fare due conti, ma devo dire che i commercianti
(almeno quelli che di soldi ne muovono sul serio) credevo che almeno la
calcolatrice la sapessero usare. Mi sembra quindi una scusa incredibilmente
semplicistica, ma magari era molto piú articolata e complessa in origine e questo
é solo quello che é stato venduto a noi popolo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Lasciamo allora stare il passato,
che passato resta e la dietrologia non serve a nulla. Quello che mi interessa
veramente é il futuro. La domanda ora quindi é: perché tutti continuano a
negare che le cose vadano strutturalmente male perché sono marce le regole del
gioco a cui stiamo giocando? E perché, al farglielo notare, tutti insistono che
queste regole non si possano cambiare? E qui allora mi dispiace, ma il passato torna
di stretta attualitá. Perché il discorso é esattamente lo stesso: <b>cui prodest</b>? A chi conviene? A noi non
conviene di certo, mi sembra chiaro. Di lacrime e sangue ne stiamo versando giá
anche troppe, e mi pare che a ben vedere siano perlopiú innecessarie. Quindi
dovremo davvero continuare a giocare a questo massacro per molto ancora? Quei
signori incravattati che ci dicono che é impossibile cambiare le cose, ci sono
o ci fanno? Perché essendo una convenzione umana, con che faccia ci dicono che
non si puó cambiare? E perché? <o:p></o:p>Malafede o pura e semplice
idiozia?<br />
<div class="MsoNormal">
<br /><o:p></o:p></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-20158178875742829362012-10-22T00:20:00.000+02:002012-10-22T00:20:21.152+02:00Truffa?<span style="text-align: justify;">PREMESSA NECESSARIA n. 1</span><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Non tutti lo sanno, ma il denaro
é stato inventato come mezzo di scambio tra merci. In principio si usavano
piccole quantitá di materiali luccicanti e rari, per questo considerati
preziosi, ma da un certo punto in poi ci si é voluto perfino evitare il fastidio
di andarli a pescare lá dove fossero e si é iniziato a usare semplici pezzi di
carta. Il valore di questi pezzi di carta, che chiamiamo banconote, risiede
puramente sulla <b>fiducia</b> che le circonda. Ossia, siamo tutti d’accordo che le
possiamo usare per scambiare qualsiasi tipo di merce, per questo ce le teniamo
strette e le accettiamo. Purtroppo il legame é diventato cosí stretto che
abbiamo iniziato a confondere il mezzo per il fine. In ogni caso il denaro,
monete o banconote che siano, rimane solo un mezzo. Non racchiude nessun tipo
di valore in sé. Il valore é rappresentato da quello per cui lo possiamo
scambiare.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
PREMESSA NECESSARIA n. 2</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Lo Stato é quella unione di
persone che decidono di condividere diritti e doveri. Piú o meno. Fatto sta é che
certi servizi non ha senso che ognuno se li renda per sé, percui ci si
organizza e li si fa una volta sola, e bene,
per tutti. Penso soprattutto a cose essenziali del tipo: <i>acqua, energia,
scuola, sanitá</i>. Poi ci sono anche gli <i>aiuti</i> a chi ne ha bisogno perché sfortunato
o semplicemente perché se lo merita (bambini, anziani, mamme in cinta etc.). É
il famoso <b>stato sociale</b>, che provvede ai bisogni dei propri cittadini.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
DOMANDA<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Come puó lo Stato fornire ai suoi
cittadini questi servizi? Semplice, visto che abbiamo detto che lo Stato é un
“mettersi d’accordo” basterá mettersi d’accordo per farlo e sul come farlo. Il
fatto che per farlo si debba passare attraverso la moneta é, ancora una volta,
un mero accidente. Si potrebbe usare qualsiasi altro mezzo di scambio, la
sostanza non cambierebbe affatto. Bisognerá scavare sottoterra per tirare fuori
le risorse, bisognerá produrre energia in qualche modo, distribuire acqua,
educare i ragazzi, creare ospedali e metterci dentro dei dottori capaci etc.
Questo é il vero valore della questione, <i>la moneta rimane un mezzo</i> attraverso
cui questo valore raggiunge gli utenti. Secondo questo tipo di convenzione, se
lo Stato vuole fornire servizi dovrá quindi spendere moneta affinché non
debbano farlo i cittadini. É la famigerata <b>spesa pubblica.</b><o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
ULTIMA PREMESSA<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Mi pare giusto che le persone che
vivono su di un territorio possano usufruire di ció che quel territorio ha da
offrir loro. Ne deriva che uno Stato ha il diritto di usare le risorse presenti
sul suo territorio, cosa piú o meno riconosciuta da tutti. E mi sembra logico
pensare che possedendole ne puó disporre come meglio creda, percui é del tutto
legittimo che le usi per fornire quei servizi che sono la ragione stessa della
sua esistenza. In quel momento, qualora decida di fare un passo intermedio tra
risorse e servizi passando per la moneta, ne deriva che <b>lo Stato dovrebbe
necessariamente essere padrone di quella moneta</b>. Ossia, che ne possa stampare
senza problemi tutta quella che gli serve per fare tutte quelle cose che fanno
gli Stati. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
IL DUBBIO GROSSO<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Fin qui la logica teoria, per
qualche motivo peró non é cosí. Per qualche motivo sarebbe dannoso che lo Stato
stampi di per sé tutta la moneta che gli serve. Cioé, di risorse ne puó avere
quante ne vuole, ma la moneta proprio no. Con quella proprio non funziona. Viene
fuori che esiste questa cosa che si chiama <b>debito pubblico</b>, ossia il debito
dello Stato, ossia il debito di tutti quelli che lo Stato compongono, che é
quando il bilancio tra moneta emessa e moneta guadagnata é in negativo. Pura
contabilitá. Quindi se il debito pubblico aumenta troppo non va bene, perché altrimenti
poi chi lo ripaga? E piú si va avanti piú sará fatica restituirlo, quindi non é
mica giusto nei confronti delle generazioni future, o no? Non bisogna mica essere
egoisti e scaricare tutto il peso di noi spendaccioni sui poveri giovani...<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
E allora viene fuori che per
ridurre o nei casi migliori addirittura eliminare questo debito pubblico - il
famoso <i>pareggio di bilancio</i> - lo Stato deve limitare la spesa pubblica e anzi tassare
i cittadini, ossia riprendersi parte di quei soldi che lui stesso ha stampato,
oppure chiedere di comprare pezzetti di questo debito pubblico in giro, in
cambio sempre di quei soldi che lui stesso ha stampato. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ora uno si rende conto che qui c’é
qualcosa che non torna non appena fa due semplici ragionamenti:</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
</div>
<ol>
<li><span style="text-indent: -18pt;">Se
lo Stato é padrone di stampare la propria moneta in quanto mezzo per usare le
proprie risorse, perché mai si dovrebbe preoccupare di riaverne indietro dai
cittadini o da chi per loro? Cioé, dire debito pubblico significa che lo Stato
si sta indebitando con sé stesso, ma allora che problema c’é?</span></li>
<li><span style="text-indent: -18pt;">Se proprio servono soldi per fornire quei servizi che rendono lo Stato uno Stato in cui
vale la pena vivere, da dove dovrebbero venire fuori se non proprio dal debito
pubblico, che altro non fa se non tramutarsi in servizi pubblici?</span></li>
</ol>
<br />
<div class="MsoListParagraphCxSpFirst" style="mso-list: l0 level1 lfo1; text-align: justify; text-indent: -18.0pt;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoListParagraphCxSpLast" style="mso-list: l0 level1 lfo1; text-align: justify; text-indent: -18.0pt;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Qualcuno che ne ha viste tante
diceva che a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca. Ebbene, il
fatto che questo controllare il debito pubblico passi per una cosa cosí
necessaria parrebbe proprio uno specchietto per le allodole. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
LA DURA E CRUDA REALTÁ</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Il fatto é che in realtá
l’emissione di moneta oggi non é piú prerogativa esclusiva dello Stato, attraverso
la propria banca centrale, anzi é perlopiú (fino al 95% della moneta circolante circa) di
<i>banche private che lo creano dal nulla attraverso il meccanismo della <b>riserva
frazionaria</b></i>. Significa che ogni volta che concedono un prestito in realtá non toccano
le proprie riserve di denaro, ma ne creano di nuovo semplicemente segnandolo
come attivo sui prori libri contabili a fronte del passivo del cliente che
contrae il prestito, di fatto aumentando con un gioco di prestigio il proprio
capitale monetario. In questo modo concentrano la stragrande maggioranza della moneta
circolante nel sistema nelle proprie casse, cosicché spesso lo Stato é costretto
a indebitarsi con loro invece che con la banca centrale (che ha dei limiti nell’emissione
di moneta fisica) in cambio dei propri Titoli di Stato. In questo caso il
debito pubblico diventa quindi un debito vero, in quanto contratto con privati.
Su di esso lo Stato dovrá perdipiú pagare un interesse, in cui oramai se ne va ogni
anno la maggior parte della spesa pubblica. E addio benessere sociale. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In definitiva si tratta della
cessione di fatto di una prerogativa dello Stato – la gestione monetaria – in
mano a dei privati. Lo Stato quindi é sempre piú indebitato per compare la
propria stessa moneta, che altro non é se non una convenzione per poter usare
le risorse che gli appartengono di diritto. Va da sé che ció é completamente contrario
al bene della collettivitá e in contrasto con lo stesso concetto di Stato, e a
beneficio esclusivo delle banche. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Pertanto il voler condannare il deficit e l’aumento
di debito pubblico assimilandolo a una situazione di normale economia domestica
che ognuno di noi si trova ad affrontare ogni mese equivale al distogliere
l’attenzione da tutto questo. Quel che succede in realtá é che <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b>LO STATO PRENDE LE RISORSE CHE APPARTENGONO
A TUTTI </b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b>E LE SCAMBIA PER PEZZI DI CARTA SENZA VALORE </b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b>CONTROLLATI DA POCHI
PRIVATI, CHE NE VOGLIONO SEMPRE DI PIÚ. </b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b>IL PROCESSO LIMITA QUINDI LA
TRASFORMAZIONE </b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b>DI RISORSE PUBBLICHE IN SERVIZI PUBBLICI, </b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b>TRASFERENDOLE INVECE NELLE MANI DI POCHI PRIVATI </b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b>ATTRAVERSO UN MERO STRATAGEMMA
CONTABILE.</b><o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Vale la pena ricordare come ció
avviene infatti senza essere vincolato da alcuna costrizione fisica, ma da pure
convenzioni umane. Chi controlla la moneta quindi controlla quel collo di
bottiglia attraverso cui passa lo scambio che attraverso di essa avviene,
diventando proprietario di entrambi i lati dello scambio: delle risorse, di cui
puó regolare la cui estrazione, e dei cittadini, a cui puó controllare l’erogazione
di servizi. </div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Lo Stato é quindi limitato e controllato per aver confuso un mezzo,
la moneta, per il fine: trasformare risorse pubbliche in servizi pubblici. Bel
trucco, non c’é che dire.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
MA C’É DI PIÚ<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Questa demonizzazione continua
del debito pubblico gioca sul voler mascherarlo
con qualcosa di nobile e cui siamo naturalmente sensibili: la <b>sostenibilitá</b>. Il
garantire un futuro vivibile attraverso qualche limitazione nel presente. L’effetto
voluto é peró quello di riuscire a svincolare il concetto di spesa pubblica da
quello di benessere sociale. La spesa pubblica é sbagliata, insostenibile. Il
suo legame col benessere sociale é cosí presto dimenticato e mistificato.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Ma oltre al danno la beffa: in
questo modo continua in realtá a mancare una vera sostenibilitá. E a maggior
ragione, visto che l'unica preoccupazione in tempi di redistribuzione della
ricchezza dal basso (lo Stato) verso l'alto (quei pochi che controllano la
moneta), e in un'epoca in cui il denaro é il dio incontrastato (confusione tra
mezzo e fine), l’unica sostenibilitá parrebbe essere quella di bilancio mentre tutto
il resto viene sacrificato su questo altare fasullo. Un altare fasullo creato
ad arte.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
In questo modo non solo dimuisce
la sostenibilitá ambientale della societá, si pensi alle esternalitá delle
varie fase di produzione, esercizio e smaltimento, ma anche quella sociale. Per
via della delocalizzazione della produzione in contesti a basso costo della
mano d’opera ma in cui i diritti umani e del lavoro vengono continuamente
calpestati; ma anche nel nostro stesso occidente civilizzato, in cui la
demonizzazione del debito pubblico altro non fa che cancellare le conquiste
sociali di decenni di lotte della societá civile.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
RIASSUMENDO<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
La necessitá del pareggio di
bilancio, di tagliare il debito pubblico, di ridurre la spesa pubblica... é una
truffa che sfrutta il sentimento innato che non si possa vivere senza
preoccuparsi del futuro. Ci siamo arrivati, ancora una volta, svincolandoci
dalla fisica del pianeta (cui competerebbe dettare le regole di una vera
sostenibilitá) per aggirarci esclusivamente sul piano delle leggi create
dall'uomo. Leggi spesso volutamente complicate e astruse in modo da garantire
la loro gestione ed il loro controllo esclusivo agli adepti della setta di
turno. Si creano sacerdoti che governano il mondo secondo i precetti che essi
solo conoscono e conservano gelosamente, e che tramandano solo agli eletti che un
giorno prenderanno il loro posto. Il tutto a loro beneficio esclusivo. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Gli ignoranti seguiranno
ciecamente, sacrificandosi per la loro religione senza fare domande.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Questo é il mondo in cui viviamo. Per questo serve tornare a
ragionare.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Per conoscere, ma anche per
sapere cosa serve conoscere.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-52781095029380846892012-10-16T23:51:00.001+02:002014-04-09T15:12:16.157+02:00Collasso!<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify; vertical-align: middle;">
Recentemente ho letto un articolo di Ugo Bardi, di <a href="http://www.aspoitalia.it/" target="_blank">ASPO Italia</a> (l’associazione
che studia il picco del petrolio). L’articolo, lungi dall'essere catastrofista,
analizzava lucidamente il collasso di una civiltà a noi molto vicina, l’Impero romano, secondo la teoria dei sistemi. E lo faceva a titolo di esempio, visto
che la stessa analisi potrebbe farsi per qualsiasi altra civiltà, ma non a
caso.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Tuttora ci sentiamo i discendenti diretti dell’Impero romano, li
guardiamo con ammirazione e a volte perfino con nostalgia. Li vediamo come una
società pura e retta, libera da fronzoli e in cui valori erano profondi e la
disciplina ferrea. Pensiamo che fu questo a permettergli, a dargli il quasi
sacro diritto, di esportare la cultura in tutto il mondo allora conosciuto.
Già, esportare la cultura. Iniziate a capire dove voglio andare a parare?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
L’Impero romano sono le nostre radici, la culla della civiltà moderna
si direbbe. Erano grandi ingegneri, hanno unito l’Europa con le loro strade, i
loro acquedotti le hanno dato da bere e i loro anfiteatri ne hanno portato i
fasti fino ai giorni nostri. Il diritto per come lo conosciamo l’hanno
inventato loro. Si tende a dimenticare però una piccola cosa: anche quella
volta, i romani, non erano gli unici in Europa, né probabilmente i più
civilizzati. Erano civilizzati in quel modo, punto. Il problema è che la storia
la scrivono sempre i vincitori. E pertanto tutti gli altri erano non più che barbari
in attesa di essere civilizzati dai nostri amici a suon di gladio.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
A guardar bene l’epopea romana, come fa il signor Bardi, si notano
tante analogie con qualcosa che continua a succedere al giorno d’oggi, proprio sotto
il nostro naso. I romani erano costretti ad espandersi per poter sostenere la
loro struttura imperiale, la macchina burocratica, i lussi dei palazzi e le
potentissime legioni. Avevano bisogno di oro da dare in pasto ai legionari, in
modo che questi continuassero a combattere per loro, per difendere le
frontiere. E che le terre conquistate producessero per Roma, tenendosi per loro
non più che gli avanzi. Ma quest’oro come se lo procuravano? Conquistando nuove
terre e saccheggiandole. Espandendosi. L’Impero romano, per sopravvivere,
doveva crescere. La crescita prima di tutto dunque, interessante no?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E crescere significava semplicemente appropriarsi con la forza delle
risorse di altri popoli, per poter mandare avanti un carrozzone che da solo non
si sarebbe mosso di un dito. Era un Impero drogato, dipendente dall'oro e dalle
conquiste di nuove terre, dalla sottomissione di nuovi popoli. Ricorda molto da
vicino un nostro tipo di dipendenza, quella da petrolio. Anche oggi ci espandiamo, con guerre manifeste
o mascherate, per soddisfare questa nostra assuefazione e mantenere in moto l’economia
petrolizzata. Una macchina che senza oro nero non girerebbe più: campi senza
frutto e ridotti a deserti, strade vuote, supermercati vuoti, luci e acqua
razionate... il collasso della nostra civiltà così come la conosciamo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma prima di parlare di collasso, occorre definire di che cosa si
tratta. Nell'articolo si riprende una definizione illuminante data da un
antropologo studioso di collassi di civiltà, il dr. Joseph Tainter. Il dr. Tainter definisce il collasso come “la perdita di complessità di un sistema”.
Bellissima definizione, chiarissima. Quando una società collassa, vuol dire che è costretta a diventare più semplice. Vista così, non è poi tutto sto ché no? Le società reagiscono agli stimoli esterni, alle crisi, e lo fanno normalmente
aumentando la loro complessità, dotandosi di leggi e strutture più dettagliate
e comprensive. Lo fanno per mantenersi in equilibrio sopra il baratro. Arriva
però un momento in cui questo aumento di
complessità non produce più nessun ulteriore beneficio per la società. Anzi, quando
lo sforzo per mantenere in piedi la baracca così com’è (senza nemmeno più espandersi)
non viene ripagato da un guadagno... allora è quando una società collassa.
Semplice ed efficace. Si torna indietro, un bel po’ magari, fino al punto in
cui il sistema è in grado di auto-mantenersi e perfino di creare un surplus,
per cui conviene ancora alzarsi la mattina e faticare. Altrimenti che lo facciamo
a fare?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Bene, per l’Impero romano questo momento giunse quando non poterono più
espandersi, o non gli conveniva più. A nord i Germani erano tipi troppo tosti e
troppo poveri da combattere per quel poco che potevano offrire. A ovest c’era l’Oceano.
A est i Persiani avevano un esercito sconfinato. A sud c’era il deserto.
Risultato? Niente più oro e ricchezze facili, la macchina si ferma e ci si
rende conto che senza poterla più alimentare per andare avanti, non vale
nemmeno più la pena mantenerla in piedi. Collasso. Si semplifica signori. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La cosa affascinante è che la riduzione di complessità a guardarla
bene fu molto simile a quella che ci potremmo aspettare oggi, dovesse succedere
una cosa del genere: decentralizzazione del potere, i militari che tornano da
frontiere lontane per difendere i nuclei abitati, il ri-sincronizzare produzione
e consumo di risorse. In altre parole, il medioevo. Con i suoi feudi e le sue
città fortificate, con la sua economia cittadina autosufficiente, senza la
burocrazia imperiale. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Non che debba succedere anche a noi, ma almeno analizziamo la cosa fuori
dai denti: i romani dipendevano dall'oro, noi dal petrolio. Nessuno dei due
possiede abbastanza di quel di cui più ha bisogno. Entrambi siamo quindi destinati
a crescere ed espanderci per poter sopravvivere. Entrambi ci siamo inventati
una bella scusa per sottomettere i poveri barbari: loro esportavano la cultura,
noi la democrazia. Entrambi per mantenere il controllo tendiamo ad accentrare
il potere aumentando la burocrazia e l’inerzia del sistema. Non basta per farsi
delle domande?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Per di più: si potrebbe pensare che cause simili per problemi simili lascino
intravvedere soluzioni altrettanto simili. Già oggi in molti, compreso il
sottoscritto, sostengono la necessità per la nostra società di tornare alla localizzazione,
al decentramento del potere e della gestione diretta della propria sovranità, al consumo
legato alla produzione, entrambi locali. All'affievolire quantomeno la
dipendenza dalla droga che mantiene in vita la nostra società, prima che
finisca per davvero. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Per i romani la soluzione, forse loro malgrado, fu il medioevo. Per
noi invece? Il fatto poi che il medioevo sia generalmente considerato come un
periodo buio della storia occidentale, a torto o a ragione, non dovrebbe trarci
in inganno, ma farci fare un passettino ancora in più. La storia e la fisica
seguono semplicemente il loro corso. Forse i sistemi sono inesorabilmente destinati
a collassare, arrivati a un certo punto. Forse è inevitabile, è il modo che il
mondo ha per mantenersi in equilibrio. Fatto sta che a vederlo in anticipo, al
contrario di quanto fecero i romani, magari si potrebbe reagire in qualche modo
che renda la transizione verso quella società più semplice un po’ meno
traumatica. Si potrebbero evitare cose tipo il sacco di Roma, strade divelte,
case in fiamme, razzie, stupri eccetera.
Si potrebbe perfino sperare che quella perdita di complessità che ci aspetta si
possa ridurre. Magari loro avrebbero potuto salvare qualche antica sapienza, qualche
opera d’arte, qualche libro in più.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Non lo sappiamo. Però sappiamo tante altre cose, e varrebbe la pena di
pensarci, di farsi domande del tipo: a che punto siamo? A che punto è la nostra
società sull'autostrada che l porterà inevitabilmente al collasso? Possiamo
almeno frenare prima di schiantarci contro quel muro?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Io, e come me tanti, tantissimi altri, credo di sì. Ma credo anche che
per riuscirci c’è bisogno di aprire gli occhi e vederlo, quel muro. E di
tenerli sempre bene aperti, mentre iniziamo a pigiare sul quel freno, che è ora.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
------------------------<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Per chi volesse approfondire (tutto il materiale è in inglese):<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
</div>
<ul>
<li>L’articolo di U. Bardi (versione <a href="http://www.theoildrum.com/node/5594" target="_blank">corta</a>, versione <a href="http://europe.theoildrum.com/node/5528" target="_blank">estesa</a>)</li>
<li>Un altro interessante <a href="http://www.dylan.org.uk/greer_on_collapse.pdf" target="_blank">articolo </a>sul tema: “How civilization falls, a
theory of catabolic collapse - J. M. Greer, 2005”</li>
<li>Video di una <a href="http://www.youtube.com/watch?v=ddmQhIiVM48" target="_blank">conferenza </a>di J.
Tainter “Why societies collapse (and what
it means to us)”, International Conference on Sustainability: Energy, Economy,
and Environment, 2010.</li>
</ul>
<div>
<br /></div>
<div>
<br /></div>
<div>
<br /></div>
<o:p></o:p><br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-34384050482077363972012-10-07T15:53:00.002+02:002012-10-26T12:59:58.682+02:00Cambiare il mondo senza prendere il potere<span style="text-align: justify;">Certe cose le senti dire talmente tante volte che alla fine arrivi a
convincerti che siano vere. Che debbano esserlo per forza. Frasi di tv ripetute
migliaia di volte da migliaia di voci autorevoli (o pseudo-tali) diverse.
Titoli di giornali. Radio e tiggí. Industriali, accademici e politici. Fiato
alle trombe della vane necessitá contingente. Dobbiamo crescere, tirare la
cinghia, produrre. E poi ancora, l’Europa ce lo chiede, la fiducia dei mercati,
l’occidente sviluppato e i paesi emergenti, il terzo mondo e il sottosviluppo,
l’economia di mercato e il protezionismo. Oppure ancora cambiare il modo di
fare politica, la legge elettorale, creare posti di lavoro.</span><br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Stronzate. Frasi prive di senso ripetute anche (e sopratutto) fuori
dal loro contesto, astratte e inconsistenti diventano familiari e rassicuranti,
prescindendo da ogni significato. Che lo sappiano o meno, perché non é scontato
che se ne rendano conto, tutti questi signori parlano per niente. Parlano di
niente. Quello che fanno é asservire come docili agnellini un disegno che va
oltre il tempo e lo spazio. Un disegno che parrebbe tracciato
machiavellicamente da persone molto piú colte e potenti, i famosi poteri
occulti. In mancanza di prove della loro esistenza, mi pare tuttavia lecito pensare
che siano il frutto di una sorta di intelligenza colletiva degenerativa, emersa
dall’evoluzione di una societá basata per decenni e sempre piú su paradigmi speculativi
tipici dell’economia di mercato. L’idea che la sussistenza sia da poveri, che
non sia in grado di garantire una sufficiente qualitá della vita. Qualitá della
vita peraltro sempre piú misurata in termini materiali, basata sulla
possessione di cose innecessarie ad una reale qualitá della vita, finti bisogni
creati ad arte che siamo disposti a lavorare 24 ore al giorno o a indebitarci a
vita per poterci garantire. Anni di doping consumistico e di capitalismo
sregolato che ci hanno inconsciamente costretto ad una vita, a ben guardarla, miserabile.
Ci preoccupiamo piú del domani che dell’oggi. L’idea che il surplus sia talmente
importante da immolare sull’altare di un futuro benessere l’ora e il qui. La
felicitá é costantemente posticipata, volutamente peraltro.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Adbichiamo quotidianamente al diritto ad una vita degna e di qualitá
(per noi stessi, senza andare a parare in paesi o situazioni lontane) sull’altare
di falsi miti creati ad arte. Siamo costantemente immersi nostro malgrado, e
spesso a nostra insaputa, in una comunicazione di massa mirata ad una
redistribuzione delle risorse (e della ricchezza) dal pubblico al privato,
privato sempre piú concentrato nelle mani di pochi non-eletti. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
LA CENTRALIZZAZIONE DEL POTERE<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Al potere si pensa ormai necessariamente come a qualcosa di
centralizzato. Qualcosa che risiede in una sede, nelle mani di qualcuno, o
comunque di pochi, ma mai nostre. Chiedetevi il perché. Politica, economia, energia
e risorse, perfino il sistema alimentare. Fanno tutti capo a un qualcuno, una
elite, che ha le chiavi in mano e che per quanto ci riguarda potrebbe anche decidere
di chiudere baracca e burattini quando le pare. Puó decidere per tutti, é l’assenza
di democrazia ad ogni livello della nostra vita. Abbiamo perso la stessa
concezione di decidere per noi stessi, di assicurarci in prima persona il
nostro benessere, cosí come pensiamo sia piú giusto. Siamo in ogni aspetto
della nostra vita in balia di cose che non controlliamo. Non siamo padroni di noi stessi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
In politica deleghiamo il nostro potere decisionale, ci hanno fatto
credere che sia una buona cosa e oggi come oggi accettiamo a tal punto da non
riuscire nemmeno ad immaginare sistemi alternativi. La soluzione, di fronte
alla corruzione dilagante della classe politica, é semplicemente quella di cambiare
le facce, di mischiare un po’ le carte. Non si guarda nemmeno alla causa, un
sistema percui il potere viene concentrato nelle mani di pochi, ma all’effetto:
i nomi di quei pochi. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Parlando di economia, nessuno ci capisce niente ormai, e si ripetono a
vanvera concetti che si sentono dire. Discorsi per gli addetti ai lavori e i
professori. E questo, chi ha in mano le redini dei mercati finanziari, lo sa
bene e sa di poter agire incontrastato. Sono loro il vero motore dell’economia
oggigiorno, svincolato totalmente dall’economia reale, quella che sarebbe funzionale
alla qualitá della vita delle persone. E gli va bene cosí, gli va bene che si
creino ad arte discussioni fasulle. Crea l’austeritá e ti pregheranno per crescere.
E crescita, lo sappiamo, significa soldi a palate per questa gente. Significa
depredazione di diritti e risorse, significa avvelenamento e violazione,
significa alienazione consumistica per il resto delle persone di questo
pianeta.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
L’energia é prodotta in impianti enormi che soddisfano i bisogni di
tutta la popolazione. In alcuni casi (vedi impianti nucleari) devono essere persino
protetti dall’esercito. Lo stato decide per tutti anche qui. Se qualcosa
cambiasse, se qualcuno assumesse il controllo di questi impianti, potrebbe
mettere in ginocchio un'intera nazione nel giro di qualche ora. Le rinnovabili
sono osteggiate anche per questo, permetterebbero uno svincolamento da questa
dipendenza, la delocalizzazione della produzione elettrica che darebbe il via a
un sentimento di maggior autosufficienza. E per questo persino laddove si
affermano, sono perlopiú in mano dei privati, non della gente. Sono rari i casi
in cui siano le stesse comunitá a gestire impianti fotovoltaici o eolici. Specie
per i secondi, sono sempre piú posseduti da privati. A pensarci bene, é la
privatizzazione del vento come risorsa. Ma nessuno ci pensa bene a queste cose.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
L’intera popolazione mondiale potrebbe autoalimentarsi se ognuno
coltivasse per sé un piccolo orto. Senza grande bisogno di manodopera,
attraverso tecniche tradizionali rispettose della natura, della sua stagionalitá,
della sua diversitá. Ri-adattando il nostro stile alimentare a quello che la
natura ci offre, non a quello che pretendiamo. Ci sarebbe molta meno incidenza
sulla produzione alimentare di fattori negativi come l’oscillazione dei prezzi
del petrolio (per fertilizzanti, pesticidi, macchine da lavoro e trasporti)
rispetto alla grande distribuzione basata sulle monoculture. L’apparente abbondanza
di oggi, figlia della grande distribuzione, é in realtá convertita in sprechi
da una parte e in impossibilitá di accesso dall’altra. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
RADICAMENTO DELL’IMPOSSIBILITÁ DEL CAMBIAMENTO<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Attraverso questo continuo lavaggio del cervello, attraverso la progressiva
e costante centralizzazione del potere, attraverso la denigrazione di un passato
piú sostenibile del presente, o degli stili di vita di quelle comunitá che
tuttora lo sono. É cosí che passa l’idea che siamo condannati a continuare a percorrere
questa strada. L’impossibilitá del cambiamento é figlia della radicazione nei nostri cuori e nelle nostre menti di stili di vita fasulli, scollegati dalla
natura e incontrollabili da parte nostra. Che ci rendono dipendenti da qualcosa
che non vediamo, pedine di un gioco che non conosciamo. Fragili e insicuri.
Meglio un male che conosciamo (o perlomeno crediamo di conoscere) che un
presunto bene lontano e sconosciuto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Signore e signori, l’impossibilitá del cambiamento é una balla. Ma non
dobbiamo aspettarci che nessuno ce lo regali, quello no. Non dobbiamo nemmeno
sperare di arrivare al potere per poter cambiare le cose, sarebbe impossibile
stando alle regole del gioco che stiamo giocando. Il cambiamento parte dalle
cose trascurate e inutili. O meglio, quelle che ci passano come tali. Passa dal
vedere che in realtá non abbiamo bisogno di quello che ci dicono, ma di altro.
Dal capire che possiamo avere una vita davvero migliore, e che ce la meritiamo.
Tutti. E iniziando a perseguirla, nel nostro quotidiano e nel nostro piccolo.
Cambiando noi stessi e le nostre aspirazioni, il nostro stile di vita. E
condividendo la nostra esperienza con chiunque. Per farlo poi, un giorno, diventare
normale. Non é cosí difficile come sembra, c’é un mondo lá fuori che ha giá
iniziato a farlo. Il fatto che non ne abbiate sentito parlare, beh quella é
tutta un’altra storia.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-73644526931119677782012-10-05T01:12:00.000+02:002012-10-05T01:12:35.008+02:00Sólo sé lo que no sé<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ho 28 anni ed ho sempre avuto una tensione bipolare nella mia vita. Verso
la scienza da un lato e, dall’altro, verso tutto quello che scienza non é. Chiunque guardando alla mia vita direbbe che la
prima ha vinto. Appena ho potuto scegliere ho deciso di fare il liceo
scientifico, l’universitá, sono diventato ingegnere e poi ricercatore. Oggi porto
avanti la mia piccola parte di scienza quotidiana, cercando di non scivolare
dalle spalle dei giganti sulle quali mi trovo spesso a bivaccare. La seconda pulsione
é rimasta invece perlopiú latente. Limitata piú o meno consapevolmente ai
momenti di libertá. Oggi capisco che in realtá questa distinzione non esiste. Forse
non é mai esistita, veramente. Un bel sospiro di sollievo.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
LA SCIENZA<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Da sempre la scienza mi ha affascinato in quanto ti permette di
conoscere il mondo. Ti avvicina al perché e al per come delle cose. E non c’é
margine: é precisa, univoca, ripetibile. É sicura, solida. Se ti ci addentri
sul serio poi, ti puó perfino dare l’idea di riuscirle a controllarle le cose,
quasi a predire come andranno a finire. É una specie di magia. Ma bisogna
studiare duro per poterla controllare. Richiede anni e anni di sacrificio, direi
quasi il compromesso di non smettere mai. Non é affatto facile arrivare a quei
livelli, ma sono sempre stato profondamente affascinato da chi mi dava l’impressione
di averlo raggiunto. Cosí ho sperato di poterlo fare anche io. Ho sempre
considerato la scienza, prima ancora delle arti, come l’espressione piú nobile dell’essere
umano e delle potenzialitá della sua mente, ció che ci contraddistingue. Lo
stesso si potrebbe dire per le arti, certamente. Ma se mi aveste chiesto fino a
poco tempo fa, non avrei avuto il minimo dubbio. Il sapere nobilita l’uomo, lo
rafforza. É nel nostro destino quello di conoscere il mondo, per poterlo capire
e adattarci ad esso per vivere meglio.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il progresso. La scienza é la premessa necessaria e non sufficiente
per il progresso. Non sufficiente perché non basta, dev’essere guidata da
qualcos’altro... E qui entra in gioco quel qualcosa di latente. Chiamiamola
filosofia. Chiamiamola spiritualitá. Chiamiamola arte. Chiamiamola sensazioni,
emozioni, passioni. Chiamiamola etica, morale. Chiamiamola come volete, ma
siate consapevoli che c’é. Che ci deve essere.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Recentemente ho avuto la fortuna di deviare dai binari del
razionalismo per farmi un viaggio attraverso lande per me quasi desolate. Quelle
che ti portano a pensare che, per quanto possiamo sapere, per quanto possiamo sforzarci...
non sapremo mai niente. É stato davvero un viaggio rivelatore. La scienza
dunque... che cos’é davvero la scienza?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
L’ILLUSIONE DEL SAPERE<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La scienza é l’illusione di sapere. Il mondo é talmente complesso, talmente
vasto e misterioso che qualsiasi persona che si reputi razionale per davvero non
puó che assentire sul fatto che non arriveremo mai a conoscerlo sul serio. Il
controllo poi, quella piú che un’idea é un illusione. Un ulteriore passo verso la
follia, é che questa nostra presunzione ci inviti addirittura a voler plasmare il
mondo stesso secondo i nostri bisogni.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Piú mi immergo nella scienza e piú mi rendo conto di quello che non
sappiamo. Ogni conclusione si appoggia su assiomi, ipotesi piú o meno verificate,
interpretazioni soggettive di questo e di quello, quantificazioni di proprietá
non misurabili. Ogni modello riflette in sé la nostra visione del mondo. L’importanza
relativa che diamo alle cose. Uno scienziato serio questo lo sa. E non puó fare
finta di niente. Che poi, per certe applicazioni, le approssimazioni della
realtá cosí come la conosciamo attraverso quegli strumenti di cui noi stessi ci
siamo dotati siano funzionali ai nostri bisogni... beh, quella é una gran bella
cosa. Ma sono grato di aver compreso, grazie alle parole di persone illuminanti
che avevano giá percorso questa stessa strada prima di me, che accanto alla
soddisfazione di una previsione azzeccata ci deve sempre essere la
consapevolezza della nostra nullitá di fronte allo sterminato e impenetrabile mondo
che risiede al di fuori della nostra mente.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
SCIENZA O COSCIENZA?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Arrivato a questo punto, la bilancia torna a pendere in misura uguale
da entrambe le parti. Non é piatta, ma cambia continuamente di lato, in uno
stato di equilibrio dinamico. La scienza, intesa come abilitá di usare la
nostra razionalitá, é in equilibrio con la coscienza della nostra inadeguatezza
a comprendere per davvero il mondo. Si alterna costantemente con la sempre piú
profonda convinzione che la realtá in quanto tale ci é imperscrutabile. Che
tutto quello che possiamo fare é darne un’interpretazione, che sappiamo essere
soggettiva e, pertanto, necessariamente incompleta. E che occorre viverci in
pace. Accettarla. Accettare di non sapere, per mantenere l’umiltá di imparare
quel che si puó. Ma senza nemmeno darsi troppa importanza, perché quello che
impari oggi puó non valere piú domani. E questo non solo perché sia la realtá fisica
a cambiare. Noi cambiamo costantemente e con noi la nostra capacitá di
interpretare e di leggere il mondo. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Per quanto grandioso, per quanto emergente in dimensione
collettiva o storica, il nostro intelletto e la conoscenza che ne deriva é pur
sempre limitato. E questa limitatezza ci pone costantemente di fronte ad una scelta:
é meglio conoscere in profonditá un aspetto specifico della realtá, oppure
averne una visione piú globale, seppur generale? Oggi tendiamo ad avere un
approccio riduzionistico, che riduce la realtá alla descrizione dettagliata
delle sue parti. Ma come si puó pretendere di conoscere qualsiasi cosa, per circoscritta
che sia, se si ignorano o addirittura si trascurano volutamente i legami che
questa mantiene con tutte le altre componenti che con essa interagiscono
costantemente e in maniera complessa? La risposta é semplice, non si puó. Cosí
come non ci sarebbe possibile abbracciare la realtá nel suo complesso in un
unico sguardo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E allora? E allora niente. Tutto qui. Siamo coscienti che non solo di
scienza e di razionalitá si nutre lo spirito umano. Siamo consapevoli che i
problemi non si risolvono solo grazie a numeri che decidiamo noi. Che ci sono
altre forze in gioco e che, spesso, sono perfino piú potenti. Che la
tecnologia, riflesso applicato della scienza, non é – da sola – la soluzione a
niente. Che una buona dose di autocritica fa sempre bene. Che dobbiamo
mantenere l’umiltá che ci viene richiesta dalla nostra condizione di
limitatezza. Che se una guida dobbiamo proprio avere, allora dovrebbe essere
qualcosa di piú saggio, di piú grande e di meno limitato di noi. Nel tempo,
nello spazio e in ogni altra dimensione.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La nostra guida, quella vera, sia allora la natura. Quella che vive
attorno a noi. Assieme a noi eppur indipendentemente da noi. Quella che si
sviluppa costantemente e da miliardi di anni, secondo leggi che ci sfuggono
nella loro complessitá. Osserviamola, cerchiamo di capirla... ma sentiamola
anche, rispettiamola, impariamo da essa. E accettiamola, per accettare noi
stessi e tornare alla nostra vera dimensione: l’essere umano. Parte auto-cosciente
di Gaia.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
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<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-40831985561097706022012-09-30T19:52:00.001+02:002012-09-30T19:52:31.509+02:0030 Settembre<br />
<div class="MsoNormal">
Le acque si stanno alzando. La marea sta montando. Gente sfinita,
che di alternative non ne ha piú. Gente esasperata, rassegnata. Disposta
perfino a manifestare, assieme ai ragazzi. Dopo una vita che si pensava
instradata, sicura, di quelle da potere dormire tra due cuscini. Eppure no. Si
scende in strada di nuovo, si riempiono le piazze, si scandiscono gli slogan e
si alzano gli striscioni come 50 anni fa. Ancora una volta. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Gente che di scelte da fare non ne ha mai nemmeno avute.
Gente che si é sentita da sempre ripetere lo stesso ritornello. Accorgersi all’improvviso
di non avere piú strofe da cantare quando arriva il tuo turno é dura, davvero
dura. Prendi una manciata di quegli occhi azzurri sognatori e li butti nel
sacco dei panni sporchi. Da lavare con la tua illusione. Non credere piú a
niente, d’ora in poi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Poi ci sono quelli che sono lí perché devono, ma di
piangersi addosso non se ne parla. Quelli che non hanno voglia di aspettare che
la cavalleria li venga a salvare. Sia quella che sia, no grazie. Quelli che si
rimboccano le maniche e iniziano la loro, di storia. Che si mantengono lucidi e
passano lo sguardo dalle cause, quelle vere, alle soluzioni, quelle vere. Ci
sono quelli che l’hanno sempre saputo e quelli che l’hanno appena scoperto,non
importa. Ma avanti si va, che a restare fermi si marcisce ancora di piú.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
A guardarla cosí sembra tutto bello, ma a che servirá? Che
senso ha scendere in piazza? Tanto i fili in mano li tiene sempre qualcun altro. In tanti peró ci hanno insegnato che se una cosa la
vuoi, la devi volere forte per poterla prendere. E che da soli non si puó. Tempo
fa si alzavano le barricate, si incendiavano le macchine, si prendevano le
manganellate. Questa volta forse, ma non é questo il punto. Questa volta il
nemico non lo si conosce nemmeno poi tanto. Cioé, lo si intuisce piú che altro,
perché non ha volto. Ma la sedia sotto il culo brucia lo stesso, e ti ci devi
alzare. E allora succede che ti affacci alla finestra e vedi la strada come un
fiume in piena, e due domande te le fai. Il sangue torna a bollire nelle vene,
ti senti attratto da quella fiumana di civiltá ritrovata. E allora succede che
spegni la tivvú, e ritorni a camminare nel mondo reale. E ti accorgi che ci
sono anche quelli di 50 anni fa, di fianco ai figli e pure ai nipoti. Ti
accorgi che vi eravate illusi tutti, che vi eravate accontentati delle storie della
buonanotte che vi avevano raccontato, ma che non é bastato. Che a vederelo ora
sembra tutto cosí chiaro... siamo stati complici anche noi. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Quella marea umana é come una secchiata di acqua fredda dritta
in faccia. Guarda cosa ci hanno fatto mentre dormivamo. Si scende in piazza di
nuovo. Ci si rimette in gioco. Gemme in attesa sotto il gelo dell’inverno. Brace
che si spegne fievole col tempo ma che brucia non appena ci soffi sopra. Ci é
voluto un po’, ma abbiamo riaperto gli occhi. Ritrovare l’orgoglio di dire no.
Ritrovare la dignitá della non delega. Ritrovare la voglia di scegliere. Ritrovare
se stessi in una piazza piena di gente.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-40519345990224994832012-08-15T18:38:00.000+02:002013-05-10T18:00:40.900+02:00Questa storiaSiamo alle strette, perché il futuro si decide ora. La
storia, daltronde, é un filo sottile che corre senza riavvolgersi mai. Per
quanto possa piacerci il concetto di passato o futuro quello che esiste per
davvero, e sempre, é il presente. La storia la scriviamo oggi, ora, in questo
momento. E la scriviamo noi, nessun altro.<br />
<div class="MsoNormal">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
Non esiste nessun cammino predefinito, non esiste niente di
certo né niente di irreversibile. Abbiamo del tempo a disposizione per scrivere
il nostro pezzetto di storia. Non chiedetemi il perché, quella é tutta un’altra
questione. Quello che mi interessa é il come. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Perché é indiscutibile il fatto che ora tocchi a noi. Tutti
hanno avuto la loro occasione, chi l’ha usata meglio e chi peggio. Ci sono
stati i nonni che vivevano tranquilli nel loro mondo idillico fatto di campagne
e conigli, sani come pesci e felici come perdici. Errore. Ci sono stati i nonni
che hanno sudato come matti perché, semplicemente, quella era la loro parte di
storia da scrivere. Dovevano sudare come dei matti per arrivare a fine giornata
e mettere insieme il pranzo con la cena. Erano tempi duri e loro erano persone
di quel tempo, un tempo che non c’é piú. E ce l’hanno fatta. Hanno coltivato
campi, costruito case, creato fabbriche e produzioni che ci hanno portato nell’era
del boom. C’erano – come continuano ad esserci e ci saranno sempre –quelli
geniali e gli sgobboni, i furbi e gli onesti, le brave e le cattive persone. Ma
hanno dato forma al loro mondo, probabilmente nell’unica direzione possibile:
il benessere. E il benessere é progresso. Il progresso ci ha portato all’industrializzazione
prima e la globalizzazione poi. E nel mezzo c’é stata un’altra generazione, un
altro tempo e un altro pezzetto di storia. É stato il tempo dei padri, che
hanno avuto altre cose da fare e le hanno fatte altrettanto bene. Ci hanno
aperto il mondo e regalato la vita comoda che conosciamo, ma non apprezziamo.
Ci hanno regalato il loro sogno di bambini ma noi, in quel sogno, ci siamo
cresciuti dentro e ci sembra talmente normale da diventare noioso. Qualcuno
dirá che siamo una generazione viziata, credo che in parte sia vero. Siamo
quelli delle vacanze per tutti, del telefonino all’ultima moda prima di tutto,
siamo quelli dei supermercati sempre pieni e dei voli low-cost. Ma siamo,
soprattutto, quelli che non si fanno domande. Siamo quelli che hanno accettato
in partenza di scollegare la causa dell’effetto, il braccio dalla spada. Siamo
quelli che accendi la luce e spingi sul gas senza chiederti da dove venga,
quelli delle possibilitá infinite per diritto divino e quelli dell’ultimo
gadget perché sí. Siamo quelli che vivono tranquilli in vacanza permanente dalla
realtá. Non perché siamo cattive persone, ma perché non l’abbiamo mai visto né
nessuno si é mai preso la briga di spiegarcelo sul serio. Non é mai stato
conveniente, dopotutto, spiegarcelo. Allora andiamo avanti, ad occhi chiusi, su
una strada distesa bella dritta di fronte a noi. Camminiamo intontiti e felici eppur
sentiamo (perfino i piú testardi) alzarsi tutto intorno a noi un ineluttabile
fetore. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Ed é qui che inizia la nostra storia. La nostra storia é
quella dei figli. I figli che quegli occhi li aprono e vedono quello che c’é tutto
attorno alla quella strada stesa dritta, quello che giá annusavano prima e cui
non riuscivano a dare un nome. La nostra storia inizia ora, qui. Se stai
leggendo preparati, perché non potrai dire di non essere stato avvisato. Non
potrai fare quello che é stato lasciato a piedi mentre gli altri salivano sul
carro della storia. La storia, da questo momento in poi, la prendiamo in mano
noi. Non perché siamo migliori, ma perché é arrivato il nostro momento. É
nostro diritto, ma anche nostro dovere. E la storia non ti chiama, la devi fare
tu.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
La storia che scriveremo potrá sembrare per tanti versi
radicalmente opposta a quella passata, per altri esattamente uguale. La storia
che scriveremo, la nostra storia, nasce dal nostro tempo. Tempo di informazioni
che collegano il mondo e viaggiano alla velocitá della luce. La nostra storia
si nutre di pensiero critico e razionalitá, di passione e di coscienza. La storia
che scriveremo é in realtá l’unica che potremmo mai scrivere. Se fallissimo, stavolta potrebbero non esserci nipotini a scriverne il seguito. Il momento é questo, é
critico, é capitato a noi ed é una bella responsabilitá di cui peró ci dobbiamo
fare carico, per quanto non l’abbiamo chiesto noi. Un peso, ma anche un emozione
elettrizzante. E allora potremmo essere ricordati come quelli che hanno fatto
la loro parte – come quelli prima di noi, del resto – parte che specialmente ora
assume forse un’importanza speciale, da questione di vita o di morte piú che di
vita o di vitaccia. Potremmo essere ricordati come quelli che nella tempesta della
crisi piú totale prendono il timone e, tra lo scetticismo e perfino le proteste
dei marinai piú rodati, invertono la rotta riportando la nave in acque sicure. Era
partita in cerca di qualcosa di migliore, ma si era spinta in una direzione che
alla lunga si é rivelata sbagliata. Avendolo capito, invertire la rotta non é un
tornare indietro, ma una decisione cosciente, un andare in avanti verso la
direzione che si conosce sicura. Si tornerá poi ad esplorare in altre
direzioni, in altri modi, il timone continuerá a girare ma le mani che lo
governeranno sapranno dove non devono dirigere la nave. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Potremmo allora essere quelli che salvano la nave e l’equipaggio.
Potremmo fare semplicemente quel che va fatto, senza aspettarsi altri
riconoscimenti dal presente ed per essere poi ricordati come uno dei tanti punitini
nella successione che conforma la linea della storia. Oppure potremmo essere
gli eterni bambini, quelli che si sentono inadatti e si nascondono dietro le
gonne delle mamme. Quelli che declinano colpe e responsabilitá. Quelli che
perdono la loro occasione e lasciano che la nave affondi pur di non prendere il
coraggio e il timone tra le mani, per paura di lasciarselo scivolare, ma anche
perché hanno sempre visto i vecchi comandanti occuparsene. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
Potremmo essere quelli che cambiano le carte in tavola,
perché abbiamo capito che il gioco é cambiato anche lui. Potremmo essere quelli
audaci che lo vedono arrivare per primi, si preparano e rispondono. Oppure quelli
perennemente assopiti e intorpiditi dall’ignavia, dalla codardía e dal
qualunquismo, dal pessimismo cosmico e dalla pigrizia terrena, quelli che si
svegliano troppo tardi, o perfino quelli che non fanno nemmeno in tempo a
svegliarsi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
Tutto questo spetta a noi deciderlo. Spetta a noi perché é
il nostro momento. Non verrá nessuno a dircelo, e se ci aspettiamo qualche
incoraggiamento ci sbagliamo di grosso. Bisogna sentire quando arriva, e
prenderselo. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Saremo quelli del cambio di paradigma e di visione sul
mondo. Quelli che non vedono nessuna crisi economica o finanziaria, ma prima di
tutto una crisi sistemica nella quale é impossibile distinguere alcun tratto
principale perché coinvolge tutto, separatamente e allo stesso tempo in maniera
interconnessa. Crisi ambientale, alimentare, di risorse, economica,
finanziaria, culturale, umana. Crisi del paradigma creato dai nonni e i padri,
che magari andava bene prima ma ora non piú. Crisi del sistema in cui viviamo,
fatto da uomini come noi ora, ma al loro tempo. Fatto quando venne il loro, di
momento. Saremo quelli che capiscono che occorre andare alla causa del problema
e risolverlo lí, piú che dedicarsi alle migliaia di piccole conseguenze che inevitabilmente
tornano a riproporsi sotto le stesse o nuove spoglie. Saremo quelli che cambiano
il sistema perché sanno come farlo, lo sovvertono se serve, lo adattano alle
nuove circostanze e lo servono in mano a quelli che verranno dopo. Saremo
necessariamente quelli, peché altrimenti non ci sará un dopo, e non ci sará
niente e nessuno da ricordare.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
Saremo quelli del passo indietro cosciente. Saremo quelli
che per tanti versi ritorneranno ai tempi dei nonni e dei padri, attualizzandoli
al giorno d’oggi grazie alla conoscienza e il sapere accumulato e alle nuove
possibilitá che la storia ci ha offerto. E lo faremo non piú perché non potremo fare
altrimenti, ma per una scelta cosciente, autonoma e ben informata. Saremo quelli
che possono ma non lo fanno, perché conoscono le conseguenze e non le vogliono.
I nonni non potevano scegliere, e cosí in molti casi anche i padri. Noi si, e sceglieremo
di non farlo. Questa sará la nostra storia. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
Saremo quelli del passo indietro cosciente, che altro non é
se non l’unico passo avanti davvero possibile.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-72997514153847552812012-06-10T17:59:00.003+02:002012-06-10T18:12:45.919+02:00Elogio dell’incompletezza<br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<i>“In qualsiasi cosa, l’uniformitá é indesiderabile. </i><br />
<i>Lasciare qualcosa di incompleto </i><i>lo rende interessante, </i><br />
<i>da l’impressione che ci sia spazio per la
crescita”</i></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<o:p></o:p></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
<br /></div>
<div align="right" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: right;">
Yoshida Kenko in <i>Tsurezuregusa</i>
(Saggi sull’ozio), 1322<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La nostra ricerca quotidiana di ordinare il mondo secondo criteri di
intellegibilitá é cosí forte da divenire devastante per il mondo stesso che cerchiamo
di comprendere. O di domaniare, sarebbe forse il caso di dire. La conoscienza spesso
si distorce nel fluire dal mondo reale alle nostre menti, dandoci l’illusione
del controllo su cose che in veritá non controlleremo mai. Perché non le
riusciremo a comprendere mai fino in fondo. Tanto vale accettarlo e comportarci
di conseguenza. Lasciamo da parte la presunzione e l’orgoglio, la ricerca della
perfezione e la quadratura del cerchio. Abituiamoci all’incompletezza, stato
costante nella sua transitoreitá verso sé stesso.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Percepiamo il mondo attraverso i nostri sensi. Da essi riceviamo le
informazioni secondo le quali ci relazioniamo con esso e con le quali cerchiamo
di comprendere quello che abbiamo davanti. Questo é il nostro primo livello di
conoscienza, non molto diverso da quello
di tutti gli altri animali. Il secondo livello é la nostra capacitá di
astrazione. Il potere della nostra mente. Entra qui in gioco la nostra capacitá
di creare modelli per interpretare quello che i nostri sensi ci hanno detto
finora, per prevedere risposte a domande che ancora non ci siamo fatti. È
davvero magica la nostra capacitá di astrazione. Si pensi solo all’intero
universo matematico creato nei secoli con le sue leggi e il suo linguaggio, che
ci permette di arrivare a contemplare cose che non avremo mai la possibilitá di
percepire con i nostri sensi. Senza poi parlare della filosofia e della
costante tensione nei secoli dell’essere umano verso ció che trascende i suoi
sensi. Conosciamo e ragioniamo di cose che non avremo mai la capacitá di vedere
o sentire, ma cui riusciamo a dare una applicazione piú o meno pratica nella
vita di tutti i giorni.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Questa nostra capacitá di astrazione é come una finestra su un altra
dimensione, una dimensione che non ci é dato percepire ma che pure é lí davanti
a noi. O attorno a noi, sarebbe meglio dire. Ed é senza limiti. Continuando sullo
stesso percorso di astrazione, non dovremmo sorprenderci se, al pari di cose
che non percepiamo e che pur possiamo immaginare e considerare al pari di oggetti
concreti, ne esistessero altre che non solo non percepiamo, ma nemmeno
immaginiamo. Non dovremmo meravigliarci se dopo piú di migliaia di anni di
storia evolutiva, la nostra conoscienza delle leggi che governano il mondo é
ancora del tutto parziale. Lo rimarrá sempre. Incompleta.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ci sono quelli che credono che esista una veritá, e la nostra
conoscienza é semplicemente un tentativo di avvicinarci ad essa, di raggiungerla.
Altri non credono che di veritá ne esista una, ma infinite, come infinite sono
le modalitá di intepretarla e rapportarsi con essa. In ognuno dei due casi, mi
pare di poter concludere che si tratta di qualcosa cui possiamo solo –
eternamente – tendere, senza per questo poterla mai raggiungere. Siamo
limitati, facciamocene una ragione. I nostri sensi sono limitati, le nostre
menti sono limitate. Le nostre vite sono limitate. Abbiamo ampliato i nostri
sensi con strumenti straordinari, le nostre menti si sono sviluppate in modi
incredibili, raggiungendo perfino quello che si potrebbe definire come una
mente collettiva, che tramanda le proprie conoscienze ben oltre i limiti delle
vite individuali. Ma non é ancora abbastanza. Né lo sará mai.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La nostra visione del mondo, la nostra conoscienza, sará sempre
incompleta e parziale. E cosí dobbiamo accettarlo. Ció non significa fermare il
progresso, tutto il contrario. Ció significa peró che per quanto lo si porti avanti,
non sará mai abbastanza da darci la sicurezza di aver capito il mondo. Né tantomeno
di poterlo controllare o piegare a nostro piacimento. Occorre quindi guardare alla
realtá attorno a noi con altri occhi rispetto a come facciamo ora. Non dare mai
nulla per scontato perché, per quanto universalmente accettato possa essere,
potrebbe risultare un giorno completamente fallace. O, ancora peggio, potrebbe
semplicemente esserlo senza mai rivelarsi tale.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Alla luce di ció vale sempre piú la pena domandarsi se la nostra
societá sia davvero un anello definitivo, o quantomeno stabille, nella catena
dello sviluppo umano. Nonostante sia ora universalmente accettata come tale.
Oppure se in realtá non stiamo credendo troppo alle favole che noi stessi ci
raccontiamo. Vale la pena chiedersi se dovremmo, invece che credere a noi
stessi, aprire bene gli occhi e cercare altri modelli solidi di sviluppo,
plasmati dalla natura nel corso di milioni di anni. Il tempo che noi non abbiamo
mai avuto, né avremo mai. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Dice Bill Mollison che tutto quello che c’é da imparare nella vita é
davanti ai nostri occhi quando camminiamo in un bosco. Direi che noi, invece, abbiamo
preso una strada radicalmente diversa per organizzare le nostre vite. Limitando
il verde presente nelle nostre vite a sporadiche creazioni artificiali e
sotterrandoci in un mare di cemento. Condivisibile o no come stile di vita,
resta il fatto che lo abbiamo creato noi, basandoci su considerazioni estemporanee
se comparate con i tempi della natura. Eppure non ci passa nemmeno per la testa
rivederle in qualche modo. Dietro questa convinzione ferrea c’é ben piú che l’umana
arroganza, c’é l’infida credenza di possedere qualcosa che in realtá non
riusciremo mai ad avere se non forse solo in una minuscola parte: conoscienza.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La nostra conoscienza é necessariamente caratterizzata dalla validitá
parziale che deriva dalla limitatezza dei nostri sensi e della nostra mente.
Faremmo meglio a capirlo, ad accettarlo e comportarci come tale. La ricerca
della perfezione é una menzogna. Non lo é la ricerca della conoscienza, ma
questa deve essere onesta e rendersi conto che, in qualsiasi momento, potrá
solo essere parziale. Scordiamoci quindi la perfezione o, il suo riflesso, la
completezza. L’incompleto deve essere il nostro stato mentale, quell’incompleto
che ci stimola alla crescita senza fine, senza preconcetti e senza aspettative
frustrate.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Sentiamoci a nostro agio nell’incompletezza, é la nostra condizione
naturale di esseri umani. Non accontentiamoci davanti all’illusione di un qualcosa
che non possiamo raggiungere. Riconosciamo la nostra vera natura e viviamo di
conseguenza. Smettiamo di correre dietro alle chimere ed apriamo bene gli occhi
invece, davanti alla vera unica maestra che abbiamo sempre avuto attorno a noi.
Ascoltiamo l’eco dei boschi. È quanto di piú sensato possiamo fare. Forse.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<i>“La mente
umana é alla disperata ricerca di modelli, per questo siamo ossessionati dalla
simmetria. Un modello implica un significato. Peró a volte le cose accadono per
puro accidente e non seguono nessun modello.”</i><o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
Marcus du
Sautoy, Simmetria.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnlLFF-7YTaiOqDOzSWWCq9Yf3E5Y-JHkq4S2Z8WKLS2CvaNN28i_73OZ-FypO0e3NrMOxUKXeU2Vzv4rsaZpjBWt0A0AccSu74GwYbDqLYLN83d_uNQeYTh5mUMAl3yURC3KvJNK8gXY/s1600/IMG_0889.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjnlLFF-7YTaiOqDOzSWWCq9Yf3E5Y-JHkq4S2Z8WKLS2CvaNN28i_73OZ-FypO0e3NrMOxUKXeU2Vzv4rsaZpjBWt0A0AccSu74GwYbDqLYLN83d_uNQeYTh5mUMAl3yURC3KvJNK8gXY/s320/IMG_0889.JPG" width="240" /></a></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-64166047234253245412012-05-26T14:15:00.001+02:002012-05-26T14:16:11.416+02:00Ma quest'Europa, che cos’é?<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Bella domanda. Con tutto quello che se ne parla... eppure credo che valga
la pena riflettere un attimo su cosa sia, e cosa significhi, davvero, l’Europa.
Perché c’é tanta, troppa (e voluta) confusione.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>É DAVVERO L'UNIONE CHE FA LA FORZA?</b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mi piace pensare all’Europa come unita, ma divisa allo stesso tempo. La
scacchiera su cui giochiamo oggi si é ampliata notevolmente, e con essa gli
orizzonti. Se un tempo arrivava al massimo ai bordi del vecchio continente,
oggi é globale. In questo modo le differenze sono aumentate a tal punto da
risaltare paradossalmente quello che abbiamo in comune. L’essere uomini. E, per
noi europei, le nostre radici comuni. Che nascono da un’antica storia comune.
Da un filo logico – non sempre pacifico – che si é sviluppato, nella sua
complessitá e polivalenza, comunque per tutti allo stesso tempo. Dopo la
seconda guerra mondiale qualcuno (il vero perché non é l’argomento di cui
parliamo, ma varrebbe la pena approfondirlo) si rende conto che in fin dei
conti é arrivato il momento di guardare al di lá delle differenze che ci hanno portato
30 anni di guerra. Per farle diventare opportunitá, invece che causa di
problemi. A ben vedere, si tratta di qualcosa di fantastico. É bellissimo. É
vero progresso. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
L’Europa, da quel momento, diventa un polo di vero progresso. Diventa
un sogno. Si distingue da tutto il resto del mondo. Non si tratta del vecchio
motto opportunistico “l’unione fa la forza”. No, non c’é niente da guadagnare
dall’essere uniti se non se ne capisce il perché. La vera rivoluzione qui, sta
nel riconoscere la nostra diversitá e nel guardare oltre. Nell’ampliare la
visione d’insieme elevandosí un po’ piú in alto, per vedere che é proprio
quella la nostra ricchezza. In realtá qui si parla di cooperazione, non di
unione. Un corpo umano non sopravviverebbe se fosse solo composto di cuori. Di
quello ne serve uno. Come di un fegato e di un cervello e cosí via. Ma perché l’organismo
funzioni bene davvero, essi devono conoscere le loro funzioni alla perfezione, lavorare
bene e cooperare bene. Io rimango con quell’idea di Europa, non con quella che
oggi ci sbandierano in continuazione davanti agli occhi. L’Europa unita, l’Europa
piatta. L’Europa uguale per tutti. A me piace l’idea di un Europa cooperativa
che si arricchisce grazie alle proprie mille identitá.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><br /></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>UN'EUROPA PER L'EUROPA<o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Perché é bene che rimaniamo diversi e lo riconosciamo, affinché la
diversitá non torni ad essere tabú e pretesto di guerre. E perché cooperare non
significa fingere di essere uguali questo la storia ce lo ha insegnato fin
troppo bene. Se si ignora questo, possono solo nascere problemi. Problemi di
ipocrisia. <b><o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Perché le stesse regole non valgono per tutti. Perché bisogna
conoscere il proprio territorio alla perfezione per poterlo amministrare al
meglio. Credo che la sovranitá (che appartiene al popolo) vada gestita nella
maniera piú locale possibile per potersi adattare alla vera realtá di ogni
luogo. Poi, quello che serve dall’alto, é una visione comune per coordinare le
politiche locali. Per dargli una direzione chiara e condivisa. Servono principi
e valori. Ma poco altro.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
A vederla cosí, si direbbe che quello che abbiamo in comune per
davvero, é che siamo uomini. Uomini che percorrono quotidianamente strade talvolta
profondamente diverse, su uno sfondo storico-culturale e ambientale distinto. Ma
dopotutto uomini che hanno le stesse aspirazioni di giustizia, felicitá e
amore. L’Europa deve essere questo. Deve essere qualcosa che, a costo di
sembrare mieloso e inutile, ci dia una direzione da seguire. Qualora ce la
dimentichiamo, calati come siamo nella realtá di tutti i giorni. Deve essere
qualcosa di elevato. Qualcosa di “al di sopra”, che veda lontano. Che superi le
barriere del tempo e dello spazio, laddove noi uomini spesso restiamo
intrappolati. Quello deve essere il suo fine ultimo e unico. Per il resto,
occorre che il potere sia gestito laddove va applicato.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>SOVRANITÁ E DELOCALIZZAZIONE<o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><u><br /></u></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Credo che non dovremmo cedere nessun tipo di sovranitá a nessun tipo
di ente sovranazionale. Anzi, credo che dovremmo recuperare buona parte della
nostra sovranitá a livello sotto-nazionale, a livello locale. Ci sarebbero meno
sprechi, piú fiducia e piú partecipazione. Credo che il sistema organizzato
gerarchicamente vada piú che bene. Ma credo che serva renderlo piú efficiente, evitando
livelli di gestione ripetitivi e inutilianalizzando le vere prioritá. Il vero
potere deve restare vicino il piú possibile alla persona, all’uomo. In modo che
si adatti alla realtá e rimanga reale. Piú potere ai comuni, dunque. O perfino
ai quartieri, nelle grandi cittá. Le province? Non servono, grazie. Le regioni
e gli Stati? Discutiamo il loro ruolo. Ma che l’Europa ci sia, e che faccia l’Europa
dandoci una direzione giusta da seguire. Una direzione valutata in maniera
olistica, che abbia come fine ultimo la realizzazione personale dell’uomo nella
sua interezza. E nel rispetto dei suoi diritti, come sancito dalla
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>EURO, DENARO E MONETA<o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E non credo che la sovranitá monetaria debba rimanere in mano all’Europa.
L’Euro potrebbe rimanere, come mezzo di scambio comune europeo, ma essere
affiancato da monete nazionali. O meglio ancora, da monete regionali. Il cambio
con l’Euro tornerebbe ad essere stabilito nello specifico per ogni valuta
nazionale. Cosí come si fa oggi col Dollaro, ad esempio.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Inoltre sono convinto che servano piú e piú monete locali. Lo scambio
tra monete locali e nazionali sarebbe sempre 1 a 1, ma queste servirebbero a
favorire l’economia locale, a riportarci con i piedi per terra e a far sí che
tutti gli ingranaggi del sistema si muovano, e non solo quelli trainanti. E
servirebbe a creare sacche di
resilienza, cioé quella capacitá di un sistema di resistere agli urti, ai
traumi. A creare attorno ad ogni realtá locale quell’insieme di attivitá
produttive fondamentali (alimentazione, energia, casa, lavoro) per assicurare
il suo corretto funzionamento, indipendentemente da eventi esterni ad essa. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma soprattutto, soprattutto, che la moneta torni ad essere emessa liberamente
dallo Stato. O, al livello che si voglia, dalla pubblica amministrazione. Basta
con l’emissione privata di moneta a debito. Basta con l’imperialismo della
finanza. Basta con il potere privato delle banche internazionali. Basta con l’indebitamento
e la schiavitú di intere popolazioni. Basta con la speculazione. Basta con l’FMI,
la Banca Mondiale e ora pure l’ESM. Basta con l’usura e il ricatto legalizzato.
Quella é la vera cosa da cambiare. E quella si puó cambiare solo localizzando l’emissione
di moneta e facendola tornare in mano pubblica. Adeguandola alla realtá
produttiva e all’economia locale. Per emetterla quando serve, favorendo
attivitá produttive utili alla comunitá e controllando cosí l’inflazione. E
scordarsi del debito pubblico. Che tornerebbe letteralmente a significare qualcosa
che noi dobbiamo a noi. Pari e patta, grazie.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><u><br /></u></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><u><br /></u></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b>UN'EUROPA PER IL MONDO INTERO<o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><u><br /></u></b></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Io credo nell’Europa. Credo che sia un modello di sviluppo positivo e
che si debba differenziare ulteriormente dal resto di quello che vediamo sulla
scena mondiale. Imperialismo cannibale mascherato da libero mercato mascherato
da sogno americano, e dittatura mascherata da capitalismo di stato mascherato
da comunismo cinese. Fuori, ne abbiamo avuto abbastanza. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
É ora di dare spazio a un modello di sviluppo che riconosca il valore
dell’uomo, prima di ogni altra cosa. Che sia per davvero uno sviluppo
sostenibile. Che punti sull’indipendenza energetica, sulla salvaguardia delle
risorse naturali, sul rispetto dei diritti umani, sull’educazione e la sanitá
pubblica e di qualitá, sul libero accesso e sulla conservazione della cultura
in tutte le sue manifestazioni, sull’innovazione scientifico-tecnologica, sul
lavoro come strumento di realizzazione personale e non schiavitú. Un modello
che punti sulla cooperazione del diverso, invece che sull’appiattimento e l’unificazione.
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Io credo che l’Europa debba essere questo. Credo che l’Europa possa essere
questo e che in parte giá oggi lo sia. Credo che un sistema del genere, a
volerlo tutti per davvero, possa funzionare. E allora l’Europa sarebbe il
modello da seguire per tutti. Un modello non imposto e che non impone
soluzioni, ma che suggerisce un metodo con l’esempio. Metodo che si adatterebbe
poi necessariamente alla specificitá locale. Esaltandola invece che appiattirla.
E il mondo intero ne beneficerebbe, arricchendosi invece che impoverendosi
continuamente.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma anche qui, come sempre, il discorso é deviato, esacerbato,
ideologicizzato. Posizioni estreme e partitiche. Gioco ben noto che conviene a qualcuno. Svegliamoci...</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
...non esiste solo bianco o
nero, esiste quello che vogliamo,<br />
in tutte le sue possibili sfumature...<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
...ragioniamo sul cuore della questione<br />
e andiamo al di lá del problema
contingente...<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
...immaginiamo il nostro mondo, il migliore dei mondi possibili...</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
...se non si danno le cause per il sorgere di un problema,<br />
non dovremo cercarvi poi una soluzione<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-56297268353122331952012-05-13T21:55:00.000+02:002012-05-13T21:55:34.935+02:00Soffia, di nuovo, un vento nuovo<br />
<div style="text-align: justify;">
Piú o meno un anno fa, il 15 maggio 2011, si levó spontaneo, limpido e
incontrollabile un vento nuovo nella nostro mondo di tutti i giorni. Un vento di
non conformismo. Un vento di implicazione in prima persona. Un vento di ribellione
intelligente e informata. Un vento di svolta. Si levó da Madrid, dove in Porta del
Sole inizió a confluire un sacco di gente spontaneamente, per affermare pubblicamente
il proprio sdegno e la propria non conformitá nei confronti di un sistema e di una
classe politica non li rappresentava. Quella stessa classe politica che stava
cercando, con l’ennesima farsa, quel consenso popolare che gli serviva per
essere rieletti nelle elezioni amministrative che si sarebbero svolte di lí a
una settimana. Ci riuscí, come sempre.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La cosa nuova di quel 15 maggio 2011 é che, appunto, una marea di
gente scese in piazza. Si voleva riappropriare dello spazio pubblico che le appartiene,
della sua individualitá di persona che non si sente rappresentata e vuole farlo
sapere, del proprio diritto a partecipare a quel processo di miglioramento
della societá nella quale si vive. E fu allora che successe qualcosa di magico:
si rese conto che non era sola. Non solo, ma che erano migliaia e migliaia le
persone mosse da quello stesso sentimento. Non gli si poteva non dare ascolto. Fu
una presa di coscienza travolgente, di quelle che ti danno l’impressione che –
se davvero é cosí, se davvero siamo tanti – tutto puó succedere.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<u>Fu una presa di coscienza individuale prima, intima e profonda.</u>
Quella che ti spinge a uscire di casa, a dire che no, non si puó piú accettare,
che la misura é colma. A pensare che é ora di fare qualcosa, qualsiasi cosa. E
soprattutto a sentire che va bene, magari non cambierá nulla, ma che non contino
su di me. Che non sperino di fregarmi ancora una volta, con me hanno chiuso. Per
me sono finiti, che lo sappiano. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<u>Fu una presa di coscienza collettiva, poi.</u> Come movimento
popolare, cioé fatto di persone. Ognuna col proprio diritto a dire la sua e la
propria testa per pensare. Ma con tanto in comune da poter parlare con una voce
sola. E voce sopra voce il coro assumeva dimensioni incredibili e una potenza
tale da non poter essere ignorato. L’unione fa la forza, mai piú vero che in questo
caso. Ma fu anche la dimostrazione palese che la diversitá é ricchezza. La
diversitá di un movimento eterogeneo e fermamente motivato. E si sa, con la motivazione
si muovono le montagne.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quello che va capito per capire la grandezza di quello che successe quel
15 maggio 2011 (o, meglio detto, di quello che inizió a rendersi esplicito su
vasta scala), é che si trattava di gente comune. Gente comune che di problemi non
ne voleva e non ne cercava, ma voleva solo riappropriarsi di ció che é suo: il
diritto a contribuire a migliorare il proprio futuro. Per la stragrande
maggioranza non si trattava di professionisti delle manifestazioni o di gente
manipolata da questo o quell’interesse. Gente di ogni estrazione sociale e
provenienza. Per la prima volta si trovarono a marciare fianco a fianco i nonni,
i padri e i nipoti, i professionisti e gli studenti di questo e di quello, immigrati
e nativi. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La molla era la non conformitá con un sistema che prima ancora di rubare
il futuro delle persone, ne uccide il presente. Un sistema che vive sulle
spalle della gente umile per sostenere gli stili di vita insostenibili dei
pochi nelle cui mani si accumula tutta la ricchezza del mondo intero. Un
sistema che si autoperpetua evitando qualsiasi reale cambiamento, prendendoci
per di piú in giro con la farsa della democrazia rappresentativa. Un sistema
che assieme alle persone distrugge il pianeta in cui viviamo. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
La gente disse basta. E lo disse ad alta voce e in coro. Impossibile
non sentirsi coinvolti. Impossibile ignorarla. Impossibile non vedere un prima
e un dopo il 15 maggio 2011. Da quel giorno la protesta fu virale e quotidiana.
Si diffuse in tutto il mondo. <b><i>Pacifica, puntuale, mirata e sempre informata.</i></b>
Da quel giorno nacque il movimento 15M, degli indignati, di quelli che sono
stufi di piegarsi e dicono che puó bastare cosí, ci riprendiamo in mano le
nostre vite grazie. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
C’é tanta demagogia attorno a questo movimento, come sempre. La veritá
é che chi controlla i mezzi di comunicazione attraverso i quali ci arrivano le
notizie non ha alcun interesse a presentarlo come altro che non sia l’ennesima,
simpatica, inconcludente, protesta cittadina. Ben organizzata sí, materiale da
poterci scrivere qualche bell’articolo pieno di populismo e frasi fatte.
Qualche servizio colorato pieno di cori e slogan e striscioni simpatici. Ma poi
basta. Vedrete, si diceva, svanirá presto. Alle elezioni si voterá come sempre,
e quelli governeranno come sempre. E non cambierá nulla e arrivará un altro 15M
un giorno. La gente rimase nelle piazze per piú di un mese, fino a che la
polizia (tutt’altro che pacificamente) svuotó le piazze e mandó via tutti. Ecco
qua, come non detto. Svanito nel nulla il 15M, l’indignazione e tutto quanto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quello che non si racconta peró, é che nel frattempo in quelle stesse
piazze si parlava, si discuteva, si proponeva e ci si confrontava sui quegli
stessi temi che avevano spinto la gente a uscire dai propri gusci. Si erano
create vere e proprie commissioni di lavoro a cui bastava un po’ di curiositá per
partecipare a chiunque passasse per quella piazza. Curiositá per ascoltare e, ovviamente,
interesse per cambiare le cose. Interesse e competenze per cambiarle, anche
quelle ci si rese ben presto conto che non mancavano. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><u>La vera rivoluzione é stata
il cambio dello stato mentale</u></b>. É stato il rendersi conto del non essere
piú soli e del mare di possibilitá che si aprivano dinnanzi per riprendersi in
mano il diritto di gestire le proprie vite.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E allora a guardarla bene la scintilla di quel giorno in realtá non é mai
svanita, anche se nel frattempo quelle piazze sono tornate ad essere spazi
sterili dedicati al commercio e alla non-vita cittadina. Chi ne é stato colpito
l’ha portata con sé nella sua vita quotidiana e la mantiene ben viva nel
proprio quartiere, continuando con le assemblee e gli incontri locali a discutere
e ad approfondire i perché. E a proporre soluzioni e alternative. Quello che
ben pochi dicono, é che spesso nel loro piccolo le riescono anche a mettere in
pratica. E questa, signori miei, é la vera rivoluzione cominciata quel 15
maggio 2011. La rivoluzione della partecipazione attiva e diretta. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<u>Riappropriazione dello spazio</u> che ci appartiene. Le piazze, simbolo
delle cittá, sono nate come punto di incontro. Per scambiare le idee, per crescere
come societá. Non per vendere pallocini, souvenir o granturco da dare ai
piccioni. Da quel giorno le piazze sono un po’ meno mero luogo di passaggio,
crocevia tra le strade dove consumiamo e quelle che ci portano a lavorare. La
piazza torna ad essere quel luogo dove ci si confronta e ci si riunisce. Ma é
una piazza senza populismo, che quello non serve. Non é la piazza del “le
piazze chiedono”. Non é folla massificata e informe. É una miriade di persone
civili. É la piazza della gente normale che é stufa e vuole dire la sua. E si
rende conto all’improvviso che ha tanto da dire, e che non gli mancano certo le
competenze per concorrere con i burocrati prezzolati che ci governano a nostre
spese e rubandoci il consenso. La piazza é il simbolo che un’alternativa esiste
ed é perfettamente possibile e attuabile. Oggi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<u>Riappropriazione della politica</u>. Cioé della partecipazione a
determinare il modo in cui gestire la cosa pubblica. Sanitá pubblica,
educazione di qualitá, lavoro e non schivitú lavorativa, stato sociale, diritto
ad una casa e una vita degna. Diritto alla realizzazione personale. La gente
parla, discute, si interroga, ribatte, si confronta, propone, vota. Questo é il
vero spirito di quelle giornate: democrazia vera e diretta.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<u>Riappropriazione della comunicazione</u>. In TV ci dicono quello
che vogliono. Sui giornali piú o meno. Ma per fortuna la comunicazione non é
piú unilaterale. C’é prima di tutto la piazza. Comunicazione diretta, faccia a
faccia, come non se ne vedeva da tempo. E poi c’é internet con tutta la sua
potenza innovativa e il mare di nuove possibilitá comunicative. Immediato,
efficace, ramificato a tal punto da essere incontrollabile. Multilaterale, che
rende ognuno comunicatore e recettore di comunicazione allo stesso tempo. E
rende la questione virale: non puó piú essere ignorata.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Pazienza quindi quando le piazze principali si svuotano forzosamente. L’insegnamento
di quei giorni resta e continua giorno dopo giorno in migliaia di gruppi di
persone auto-organizzate che continuano a vivere nelle piazze minori o in
quelle private o virtuali. Persone che restano lí, pronte a riunirsi di nuovo
ogni volta che serva. Persone che si identificano con una causa non perché
qualcuno glielo dice, ma perché lo sentono e ci credono personalmente e
profondamente. Questo é quello che la gente non capisce quando pensa che tutto
sia finito e allo stesso tempo la dimostrazione piú palese del fatto che le
cose stiano iniziando a cambiare per davvero. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Tante volte si dice che il sistema bisogna cambiarlo dall’interno. In
questo senso chi aspettava la formazione di un partito 15M o qualcosa del
genere é rimasto deluso. I detrattori sono invece soddisfatti, affermando tronfi
che c’era da aspettarselo che si sarebbe presto sgonfiato tutto. Cari signori, entrambi,
temo non abbiate capito niente. Einstein diceva “<i>non si puó risolvere un problema con la stessa mentalitá che l’ha
generato</i>”. E allora la politica e i partiti rimangano pure fuori. Ci si
riunisce ognuno a titolo suo, responsabile di quello che dice in prima persona,
in modo che ognuno sia costretto a pensare e criticamente ragionare. Non
aspettiamo piú che il cambiamento arrivi dall’alto, perché sappiamo, abbiamo
capito, che cosí non arriverá mai. Semplicemente perché a quelli in alto non
conviene. Allora cambiamo strategia, cambiamo la prospettiva con cui guardiamo
al problema e alla sua soluzione. <b><u>Cambiamo
il cambiamento</u></b>. Il cambiamento ce lo prendiamo noi, direttamente, dal
basso. Con gli strumenti che abbiamo noi formiche: lavorando. Fintanto che questo
sistema oppressore e parassita che vive sulle nostre spalle diventi obsoleto e
cada sotto il proprio peso. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Questa é l’idea, ma non guardiamo troppo lontano, rimaniamo concreti.
CI concentriamo sul breve termine. Non creiamo artificiose impalcature sociali
da cui possiamo solo aspettarci il fragore di quando cadranno davanti ai nostri
occhi. Passo dopo passo, proviamo soluzioni nuove. La rivoluzione vera adesso
come adesso é che il processo é giá in marcia e segue il suo percorso:
ravvivare le menti e le coscienze critiche delle persone. Chi parlava tanto di
speculazione finanziaria fino a 5 anni fa? Chi parlava di bolla immobiliaria? Chi
aveva davvero coscienza del teatrino della politica e del potere? Chi sapeva
come funziona il denaro, chi lo crea e chi lo gestisce? Chi parlava di debito? Chi
aveva mai sentio parlare di queste cose 5 anni fa? Chi si confrontava
quotidianamente su questi temi? La rivoluzione é che gente come me stia scrivendo
di queste cose. É che gente come noi continui a leggere, che ne parli giorno
dopo giorno, ne sia al corrente, si continui ad informare. Che sia chiaro ai governanti
che sono sotto la nostra lente di ingrandimento ma non solo, che presto non ci
serviranno piú. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Stiamo costruendo un sistema nuovo, non ci accontentiamo di aggiustare
quello vecchio. Come? Come possiamo. Come sará? Non lo sappiamo ancora, ma sará
diverso questo é certo. Per il fatto che sará per il bene di tutti e non per il
bene di pochi, perché tutti perteciperemo. Sará democratico per davvero. Sará a
rete, sará collegato al mondo reale.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
A distanza di un anno da quel giorno la marea di gente é tornata ieri a
riunirsi, a riappropriarsi delle piazze e delle strade. Tanti di quelli che li
credevano morti solo perché tornati invisibili ai loro occhi sono caduti dalle
nuvole. Noi sapevamo di continuare ad essere tanti, sempre di piú. E
continueremo ad aumentare. Perché <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<i>prima ti ignorano,<o:p></o:p></i></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<i>poi ti deridono,<o:p></o:p></i></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<i>poi ti combattono,<o:p></o:p></i></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<i>poi vinci.<o:p></o:p></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Anche questa volta succederá proprio cosí.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-58351221406527576082012-05-04T23:23:00.000+02:002012-05-04T23:23:00.791+02:00...e il progresso, dov’é?<br />
<div style="text-align: justify;">
Bella domanda. Forse una di quelle domande destinate a restare senza
risposta. Non perché non si provi a rispondere, ma perché a ben vedere una
risposta – forse – non c’é.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
C’é, appunto, la domanda. Ed é quello che serve, ed é quello che
basta.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
PREMESSA<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Viviamo il tempo della modernitá a basso costo. Dell’immediatezza,
dell’efficienza, della tecnologia e della comunicazione in un click. Quello di
cui non resta piú molto, in questo tempo, é magia. É l’incanto delle piccole
cose, svanito lentamente e inesorabilmente. Tutto si vede e si legge in ottica
utilitaristica. Il fluire del tempo stesso é visto perlopiú in base a quello
che si puó fare, con quel tempo. Il tempo ha un prezzo, e il prezzo é qualcosa
che serve a etichettare qualcosa che si puó comprare e vendere. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma qui sorge un’altra domanda, ben piú generale ma, a ben guardare, un
po’ la stessa. Qual é il senso della vita. É quello che facciamo? É quello che
lasciamo dietro di noi, in ereditá ai nostri figli e alle generazioni future? É
quello per cui saremo ricordati? E qual é l’estensione della cerchia che questo
nostro senso della vita potrá raggiungere allora? Le persone che ci hanno
conosciuto in vita, forse, si ricorderanno di noi. Almeno per un po’. Ma state
pur certi, per quanto grandiosa la vostra vita possa essere, passata qualche
generazione il vostro ricordo si perderá tra le migliaia di fila srotolate e
aggrovigliate di nuovo sul tappeto della storia. Qualcuno magari finirá su
qualche libro. Nella cyber-era che ci apprestiamo a vivere magari la notorietá ce
la dará internet, laddove lo spazio non importa piú e allora ci sará un
posticino per tutti. E sará, allora, la piú squallida forma di anonimato, in cui
tutti – tutti – potranno avere materiale che li riguarda lí, indelebile pubblicato
sull’etere e a disposizione delle generazioni future. Un ricordo indelebile e anonimo.
Inghiottito dalla vastitá dell’etere stesso.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E ALLORA?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E allora, e a maggior ragione, continuo a chiedermi “qual é il vero scopo di quello che facciamo”?
La domanda, molto piú prosaica di quanto possa sembrare, nasce dall’esigenza
concreta di sapere, realmente, a che serve. Perché dovrei – io insignificante –
dannarmi per cercare di cambiare le cose. O meglio, di migliorarle. Giá,
migliorarle, eccoci di nuovo al progresso. Di che si parla quando si parla di
progresso? Il progresso é la continua aspirazione della razza umana a cercare di
vivere meglio. Hmmm, no. Non proprio. Detto meglio “é l’aspirazione al miglioramento
della condizione umana”. E allora direi che la mia voglia di migliorare le cose
ha a che vedere con il progresso. Bene, primo punto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Peró continuo a chiedermi, su cosa ci basiamo per dire che il progresso
é progresso? Se é vero che ognuno di noi pensa con la propria testa (...)
allora ognuno vedrá anche un qualsiasi miglioramento in modo diverso. E quindi
il progresso. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il fatto é che – evidentemente e al pari di tante altre cose – questa
nostra societá cosí evoluta e cosí moderna sta appiattendo anche le nostre
menti. Al pari di qualsiasi altra forma di diversitá. Diversitá che non viene
piú riconosciuta come ricchezza ma come – in definitiva – un fastidio generico.
Diversitá che viene necessariamente livellata secondo criteri e programmi ufficiali.
Il progresso, oramai, é necessariamente unico, improntato ai criteri della
moderna societá occidentale. Quella consumistica e capitalistica eccetera...
oggi lasciamo perdere queste cose che tanto le sappiamo. Mi voglio solo concentrare
sul “siamo davvero convinti, noi occidentali, di vivere meglio”? Siamo cosí
convinti che questo modello significhi davvero progresso? Parlo del modello occidentale
in sé, nella sua versione piú idealistica e pura e senza considerare quelle
degenerazioni che, in ogni caso, abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Esiste
IL progresso? Ne davvero siamo talmente convinti da poterci rinchiudere in
questa nostra fede, ciecamente (come fin troppo spesso accade) e in modo da non
vedere nient’altro della ricchezza che pur ci circonda? Come i colonizzatori
imposero la nostra religione e il nostro stile di vita, come gli eserciti ora
impongono la nostra democrazia, come i supermercati impongono le solite quattro
marche, come le grandi imprese impongono certi modelli di produzione, come la
tv ci impone certi programmi, come la scuola ci impone di studiare certe
cose... dov’é finita la scelta? Questo progresso imposto é davvero quello che
vogliamo? <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
IL PROGRESSO SECONDO IO<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Basta domande, ora bisogna capire. Capire che non c’é cosa che ci
arrichisce di piú se non la diversitá e la curiositá di esplorare, di capire il
diverso. Ognuno e individualmente. Personalmente e soggettivamente. Ognuno, avendone
la possibilitá, vede il progresso alla sua maniera. Per me, progresso significa
che ognuno dovrebbe avere la possibilitá di arricchirsi, durante la sua vita,
della vita stessa. Credo che il vero senso della vita sia proprio vivere. Sia
camminare per il camminare, non per l’arrivare. Il viaggio é la destinazione. Credo
che la vita serva per imparare cos’é la vita, in tutte le sue sfumature. Apprezzarne
la varietá e lasciarsi sopraffare dalla sua grandezza, che mai riusciremo a
cogliere del tutto. Ma nonostante questo, provarci! Ogni giorno di piú. Credo
che é questo quello che mi muove, oggi. A volte mi sento atterrato da questo tensione
auto-imposta al conoscere, conoscere, conoscere... ma poi ricordo del perché,
un giorno, arrivó: lo sentivo necessario. A volte significa non vederne la fine
e, quindi, lo scopo. A volte significa chiedersi “Ma perché”? Momenti in cui
smarrisci il senso di quello che fai. Eppure passano. Residui di una mente
utilitaristica che spero di assottigliare sempre piú. E impari, anche da
quelli, come da tutto.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
In definitiva credo che il progresso sia uno stato mentale. Credo che
sia uno stato mentale che dovremmo diffondere sempre piú. Uno stato mentale
positivo e inquieto, che spinge ad alzarsi felici ogni giorno perché quello che
sta per accadere é davvero irrepetibile. Cosa imparerai oggi? Quali fili stai per
unire che ancora non sai? In che forma ti arricchirai oggi? Non c’é niente di
frustrante nel non vederne la fine, una volta che capisci che la fine non c’é. Allora
é il percorso stesso che importa. E l’importanza tornano ad averla i sempre di
piú compagni di viaggio, troppo spesso dimenticati. Ancora piú che i resoconti
dei posteri. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ci si sente leggeri perché, si sa, a camminare continuamente non ti
puoi portare dietro piú di quelle quattro cose che davvero ti servono. La ricchezza
non é materiale, sta su un’altra dimensione e te la puoi sempre portare dietro.
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Progresso é il recuperare la bellezza di una vita semplice, lo
spogliarsi di tutte quelle costrizioni fastidiose che ci hanno messo addosso
sin da piccoli, con la scuola, la chiesa, il lavoro e la responsabilitá di che?
La responsabilitá di ognuno é quella di seminare il meglio che puó, perché dei
frutti che nascono ne possano beneficiare tutti quanti, no? La responsabilitá
di ognuno é migliorare le cose, quindi prima di tutto migliorare sé stessi. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il progresso... strano, ma non sembra esistere una cosa simile nel resto
del regno animale. Tante volte guardando quella meraviglia che sono i cani (a
me sembra sempre che siano felici e sorridenti), ti chiedi “ma cos’é che li
rende cosí felici, se altro non fanno che ripetere le stesse cose tutti i
giorni e, in fin dei conti, passano la loro vita standosene buoni in casa o
dove li mettiamo noi”? E la stessa cosa mi chiedo quando guardo i documentari
sugli animali selvatici... tante storie per – alla fine – nascere, trovare
qualcosa da mangiare ogni santo giorno per arrivare a riprodursi e poi, un
giorno, morire. La conservazione della specie, mi si dirá. Giá, ma il senso
della loro vita – individualmente parlando – dov’é? Esiste? <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Nel modo in cui la intendiamo noi, oggi, no. Ma io credo che forse
dovremmo imparare da loro, perché c’é un grande senso della vita in quella
routine. Al pari di quella che c’é nei cosiddetti “paesi del terzo mondo” dove
non c’é scuola, educazione, istituzioni, lavoro etc. Eppure i bambini crescono
e imparano. Imparano quello che gli serve e diventano uomini. Al pari nostro.
Non dovremmo poi sentirci tanto superiori, ma rispettare questa diversitá.
Contestualizzarla, certo, ma rispettarla. Perfino imparare da essa, giacché ha
tanto da insegnarci. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Lasciamoci affascinare dalla diversitá, rimaniamo affamati di conoscenza.
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Imparare a vivere é la cosa piú vicina al progresso che finora sono
riuscito a trovare. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-22229969915203086852012-04-28T14:56:00.000+02:002012-04-28T14:56:00.590+02:00Mettiamo in chiaro un paio di cose<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mettiamo in chiaro un paio di cose. Il compito di uno Stato é quello
di salvaguardare e promuovere il benestare dei suoi cittadini. Se non lo fa, viene
a mancare il motivo stesso della sua esistenza. Il che non significa caos,
significa semplicemente chiedersi se valga la pena considerare un altro tipo di
organizzazione, magari piú locale, magari di taglia ridotta, magari piú
solidale.</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Nel caso italiano, i cittadini da salvaguardare sono i piú di 60
milioni da Trento a Ragusa, non solamente i pochi ricchi speculatori, i
cosiddetti poteri forti o le solite banche commerciali grazie ai quali ci
ritroviamo come ci ritroviamo. Attori di un sistema di sviluppo che,
semplicemente, non funziona e va cambiato. Un sistema di sviluppo basato sulla
crescita, sul libero mercato e sul commercio mondiale. Sulla finanza e sulla
speculazione. Sul mondo delle menzogne mascherate piú che sul mondo reale. Se
davvero vogliamo mettere i puntini sulle i, la prima cosa da fare é renderci
conto che – non lo si ripeterá mai abbastanza – si sono privatizzati i guadagni
mentre sono le perdite quelle che si stanno socializzando.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mettiamo in chiaro un paio di cose. Quello che sta succedendo in
Europa é criminale, ma a ben vedere non é la prima volta che lo si fa. Sono
pratiche ben consolidate, é solo la prima volta che entrano nel giardinetto di
casa nostra. Prima erano lontane abbastanza da poterle ignorare e continuare a
vivere nella nostra bollla felice. Scene del genere sono state la quotidianità nei paesi del sud del mondo sin dal secondo dopoguerra. È una guerra mascherata,
senza armi ma pur sempre una guerra. E guerra significa principalmente guadagni,
per chi la fa. Guerra significa portare la distruzione sul territorio nemico, lontano
da casa propria. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il meccanismo é molto semplice. Succede che qualcuno si rende conto
che il vicino scemo ha un’immensa ricchezza sotto i piedi e gliela vuole
fregare sotto il naso. Allora si studia una bella supercazzola per fargli
capire che, in realtá, lui lo puó aiutare ad usarla – quello si – per il bene
della propria gente. Allora il vicino scemo, che scemo non é ma magari solo ingenuo
e in buonafede, accetta e lascia entrare gli scagnozzi del vicino furbo in casa
sua. Viene fuori che sti lavori hanno un costo e che bisognerebbe ripagare chi
li fa, al che il vicino furbo ha un’idea brillante e solidale. Guarda non ti
preoccupare, dice al vicino scemo, io ti faccio i lavori e tu mi ripaghi con una
parte della stessa ricchezza che stiamo tirando fuori. Piú un certo interesse.
Finisce che in un modo o nell’altro il vicino scemo si lascia bucare e
insozzare tutto il giardino, tanto che i suoi bambini nemmeno ci possono piú giocare,
e tutto quello che tira fuori lo deve dare al vicino furbo per ripagare il
debito contratto. Ma non é abbastanza,
perché a quel punto i bambini - che non ci possono giocare piú nel giardino - qualcosa
dovranno pur fare, ma non si sa bene cosa. E allora arriva un amico del vicino
furbo – furbo anche lui – e dice senti, io ti presto dei soldi per montare
dietro casa tua un orticello di pomodori di superqualitá come se fosse antani, cosí
almeno i tuoi poveri bambini scemi possono tenersi indaffarati e tu poi pomodori
li puoi pure vendere al mercatino ai tuoi altri vicini. Che te ne pare? Vah,
visto che sono proprio buono, assieme alla fabbrica ti ci costruisco pure un
ospedale...lo so lo so, ma non mi devi ringraziare! Noi vicini furbi siamo
fatti cosí, abbiamo il cuore tenero. Ecco allora che il vicino scemo, dall’avere
un bel giardino su cui far giocare i suoi bambini belli contenti, si sta
indebitando due volte e con due vicini diversi – in combutta tra loro – in fin
dei conti per farsi distruggere il giardino lasciando tutta la sua ricchezza a
qualcun’altro e mettendo i suoi bambini a lavorare per tirar fuori tonnellate
di pomodori da vendere per due soldi a qualcun altro ancora. Il fatto é che per
ripagare sto debito che si é preso, i pomodori li deve vendere tutti e gli
rimangono appena due soldi per comprare quello che serve a lui e i suoi bambini
per campare. Morale della favola: il vicino scemo si trova costretto ad ammazzarsi
da coltivare pomodori, per poter ripagare il debito contratto coi vicini furbi
mentre questi gli fregano da sotto il naso la sua ricchezza e gli comprano i pomodori
per due soldi rivendendoli a tutti i supermercati del paese. Ma ancora non
basta, e siccome sto debito non si ripaga mai – gli interessi aumentano e
aumentano – i vicini furbi iniziano a fare gli scontenti e convincono il vicino
scemo che sti bambini scemi, insomma, potrebbero anche lavorare un po’ di piú e
smetterla di frignare tanto no? E allora via cosí... cornuti e mazziati.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Questa é la storia dei paesi del sud del mondo. Sostengono la nostra
economia e il nostro stile di vita sregolato e consumistico. Se nei
supermercati ormai si trova di tutto e costa sempre meno, il costo nascosto é
proprio il sudore della loro fronte, la fame dei loro figli e la falcidiazione
dei loro diritti. Il costo che non stiamo pagando é la loro vita, le loro tradizioni
e la loro cultura rubate. Sono costretti alle monoculture intensive che gli
lasciano poco o niente da mangiare perché devono vendere tutto sui mercati
internazionali, con la conseguenza che l’autosussistenza per queste persone é
ormai un sogno sbiadito, e che devono comprare tutto quello di cui hanno
bisogno – perfino ció che essi stessi producono – diventando soggetti alle
fluttuazioni dei mercati delle materie prime, che essi chiaramente non
controllano. Succede che alla fne della giostra, non hanno piú da mangiare. Sono
nostri schiavi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Nel frattempo le grandi multinazionali saccheggiano le loro risorse
naturali traendone benefici incredibili che si volatilizzano sui mercati
finanziari senza passare in gran parte per l’economia reale, quella che da per
davvero da mangiare alla gente. Allo stesso tempo muovono i fili di organizzazioni
come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale, che prestano soldi agli
stessi paesi che sfruttano a tassi di interesse che rendono il debito
impagabile, pretendendo di influenzare le politiche di questi paesi per
umentarne la produttivitá a scapito dei diritti umani. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Quando si parla di politica capitalistica neo-liberista, si parla di
questo. Quando si parla di debito si
parla di questo. Quando si parla di poteri forti, si parla di questo. Si parla di
queste imprese che sfruttano la gente semplice, i cui vertici sono gli stessi
che controllano la finanza e la politica internazionale. Noi occidentali siamo
gli artefici di tutto questo, ed ora ci sta tornando indietro come un
boomerang. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ormai infatti non basta piú sfruttare il
giardinetto di casa del vicino, non ce n’é piú abbastanza... come un cancro
impazzito, questo sistema si sta rivoltando alla gola stessa di chi gli dava da
respirare in passato. La cara vecchia Europa. Certo, iniziamo dalle periferie...
ogni infezione inizia dalle periferie, perché quando poi arriva al cuore, sopraggiunge
la morte. Iniziamo allora dai greci, dagli irlandesi, dai portoghesi, dagli
spagnoli, dagli italiani...</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Rendiamo questa gente scema, in modo che siano sempre piú manipolabili.
In modo che credano alle nostre promesse fasulle. In modo che credano davvero
che vale la pena tenere duro e tirare la cinghia, perfino ritagliare i propri
diritti per un ipotetico futuro migliore. Diamogli il mito della crescita.
Facciamoli sognare. Facciamoli faticare e morire poco a poco, non chiamiamolo
sacrificio peró, qua serve una trovata nuova. Chiamiamolo austeritá, cosí
sembra che in realtá si stia solo correggendo una precedente attitudine sbagliata...
spreconi prima, austeri poi. Suona molto meglio che sovrani prima, schiavi poi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mettiamo in chiaro un paio di cose. Qui qualcuno muove i fili del gioco
e ci sta schiacciando. Poco conta dopotutto che ce ne rendiamo conto – come sempre
– solo adesso che arriva nel nostro giardinetto. I sintomi ci sono giá tutti:
agitare lo spettro del debito da ripagare, di uno Stato che Stato non é piú ma
diventa una impresa privata che per mancanza di guadagni deve contenere la spesa, del dover cedere
piú poteri all’Europa, del fare scarifici perché l’Europa ce lo chiede...<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Tagli all’educazione per farci sempre piú scemi, controllo dei media
per darci a conoscere sempre meno, tagli alla sanitá per renderci piú deboli,
precariato lavorale per renderci schiavi ricattabili e privarci di ogni
futuro. Mito della crescita per
abbagliarci con qualcosa che non arriverá mai e che, in realtá, sarebbe anche
dannoso tornasse. Crescere, siamo giá cresciuti abbastanza. Anche troppo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Come fare? Siamo davvero perduti? Mettiamo in chiaro un paio di cose,
io credo di no. Credo che questi signori che muovono i fili del mondo non
cambieranno mai, perché non gli conviene. Credo che siano sempre gli stessi sia
che guardi nel mondo economico e della finanza, nei consigli di amministrazione
delle grandi imprese, nelle banche, nelle organizzazioni sovranazionali, nella politica
di ogni colore. Credo peró, che questi signori sono morti senza di noi. Credo che
siamo noi che li teniamo in vita dopotutto, seguendo alla cieca quello che ci
dicono di fare, adottando lo stile di vita che vogliono per noi per continuare –
loro – a prosperare.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Credo che per risolvere un problema bisogna prima di tutto prenderne
coscienza, per cui facciamolo. Sebbene possano controllare i media, ancora non
possono controllare internet, sebbene ci stiano provando (vedi i tanti disegni
di legge che governi di tutto il mondo stanno cercando di far passare per
mascherare la censura come lotta alla pirateria e salvaguardia del diritto di
autore...SOPA, PIPA, ACTA e compagnia bella). E allora informiamoci e apriamo
gli occhi. E chiamiamo le cose col loro nome. Non austeritá, ma riduzione dei
dirittti civili e schiavismo mascherato. Pensiamo ad un altro mondo, in cui non
serva crescere per stare bene. Diventiamo autosufficienti il piú possibile,
perché la nostra vita torni ad essere nelle nostre mani, che sono le uniche che
davvero possiamo controllare. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E smettiamola, smettiamola, col consumismo sfrenato. Rendiamoci conto
che abbiamo nelle nostre mani il potere piú grande di tutti, il consumo
selettivo. Non ce ne rendiamo conto, ci sentiamo insignificanti di fronte a
poteri di questa invergatura, ma se davvero inziassimo a dirigere il nostro
consumo verso criteri piú responsabili... quello si che sarebbe un voto
importante. Un voto che potremmo esercitare piú volte al giorno, e non solo una
volta ogni 4 o 5 anni. Rendiamoci conto che abbiamo il potere di cambiare le
cose. Rendiamoci conto anche che questo potere, questa volontá, puó solo
venire dal basso. Dagli sfruttati, dai condannati alla miseria, da quelli che
credono scemi, dalle vite sprecate. Perché dall’alto non verrá mai, inutile
aspettare.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mettiamo in chiaro un paio di cose. Io non sono disposto a lasciarmi
shiavizzare, e ho cominciato da qui. A parlare e condividere quello che penso e
quello che leggo. A documentarmi e cercare
di avere cura del mio comprtamento quotidiano, di quello che compro e di come
lo faccio. A fare di tutto per cercare di diventare meno dipendente da cose che
non posso controllare. La strada é lunga e faticosa, e la deriva utopica é
sempre lí, a portata di mano. Ma credo che sia l’alternativa piú reale che
abbiamo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mettiamo in chiaro un paio di cose. È finito il tempo di delegare le
proprie responsabilitá. Ognuno si prenda la sua. Ognuno sia consapevole e responsabile
delle proprie azioni. Ognuno si informi per capire cosa sta davvero succedendo.
E cosa é sempre successo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mettiamo in chiaro un paio di cose: non é niente di nuovo, ma questa
volta sta toccando a noi. E abbiamo il potere di fermarlo se davvero vogliamo. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Capire per agire. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Agire per cambiare.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-74231590199904098082012-04-24T02:48:00.001+02:002012-04-24T02:48:20.709+02:00Il senso della vitaIl senso della vita lo trovi in una foto ingiallita di tua madre da giovane, stesso sguardo stesso sorriso. Il senso della vita lo trovi in una domenica mattina che piove e puoi rimanere a letto a rigirarti sotto le coperte. Il senso della vita lo trovi nelle prime gemme sugli alberi in primavera. Il senso della vita lo trovi nel profumo del pane appena fatto che pervade l’aria sopra ogni cosa. Il senso della vita lo leggi in quegli occhi che ti guardano intensi e commossi. Il senso della vita lo scovi nel sorriso sincero di tua sorella, che ti dice che é cresciuta. Il senso della vita é quando niente altro conta se non quello che davvero conta. Il senso della vita é un ricordo sbiadito della tua infanzia che all’improvviso, umile, riaffiora. Il senso della vita é camminare scalzi su di un prato e sentire la vita tutta fremere sotto i tuoi piedi. Il senso della vita é saltare e ballare sfrenati e senza controllo alle note di quella canzone. Il senso della vita sono quelle parole sagge di tuo babbo che da piccolo ti insegnavano il mondo. Il senso della vita é imparare a conoscersi. Il senso della vita é ridere senza un motivo, perché sei felice con lei. Il senso della vita é lasciarsi ispirare da chi lo merita. Il senso della vita é viaggiare e scoprire che c’é sempre da scoprire. Il senso della vita é riuscire a tramandare una bella tradizione. Il senso della vita é dimostrarsi che dopotutto ce la si puó fare. Il senso della vita é sedersi tutti attorno alla stessa tavola di sempre a natale. Il senso della vita é commuoversi e piangere per la bellezza che ci avvolge. Il senso della vita é lasciarsi travolgere dalle emozioni senza volerle contenere. Il senso della vita é vedere prendere forma quello che fai. Il senso della vita sono i colori di un prato in fiore. Il senso della vita é nonostante tutto riuscire a credere in certi valori. Il senso della vita é riuscire a vedere le sfumature tra due colori diversi. Il senso della vita é il rispetto per la vita. Il senso della vita é rinnovare continuamente lo stupore. il senso della vita é innovare per migliorare il domani. Il senso della vita é riuscire ad imparare dai bambini. Il senso della vita é una birra e due risate tra amici. Il senso della vita é abbracciare tuo fratello come foste bambini. Il senso della vita é lasciarsi sopraffare dalla grandezza della natura. Il senso della vita é imparare e conoscere. Il senso della vita é vedere che certe cose per fortuna non cambiano mai. Il senso della vita é affascinarsi per le storie dietro alle persone. Il senso della vita é addormentarsi sul divano. Il senso della vita é sprofondare nella conoscienza di sé per emergerne piú forti. Il senso della vita é capire che tutto, ma proprio tutto, é relativo. Il senso della vita é imparare a riflettere sulle cose. Il senso della vita é ridere. Il senso della vita é ascolare le storie dei nonni. Il senso della vita é riuscire a rinnovare ogni giorno la magia dell’amore. Il senso della vita sono i sogni e i momenti visionari. Il senso della vita sono i segreti dimenticati ad ogni angolo di un mercatino dell’usato. Il senso della vita é l’odore del bosco in autunno. Il senso della vita é dire grazie. Il senso della vita é voler fare qualcosa di buono. Il senso della vita é saper regalare gioia. Il senso della vita é vibrare con le corde di un violino. Il senso della vita é saper chiedere scusa. Il senso della vita é il ricordo di un pomeriggio al sole di tanto tempo fa. Il senso della vita é stare con quelli a cui vuoi bene. Il senso della vita é raccontare storie. Il senso della vita é la fatica che ci fa crescere. Il senso della vita é capire che siamo davvero unici e irripetibili. Il senso della vita é rendersi conto di quanto nel profondo siamo tutti uguali. Il senso della vita é scegliere cosa conta. Il senso della vita é la responsabilitá di scegliere il presente. Il senso della vita é il dovere di sperare nel futuro. Il senso della vita é essere coscienti di quanto sia importante dare amore.<br />
<br />
<br />
<br />
Il senso della vita é l’affascinante viaggio della nostra mente in bilico tra l’eterno desiderio del tutto, la vertigine del nulla e l’episodico sollievo dell’afferrare un momento appena di serenitá.<br />
<div>
<br /></div>
<br />
<br />
<br />
<br />
<br />seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5152048996764783184.post-74627431055934231312012-04-04T23:34:00.000+02:002012-04-04T23:34:30.035+02:00Ordine e l'illusione del controllo<br />
<div style="text-align: justify;">
DOMANDE</div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Mi sono sempre chiesto perché sará poi tanto importante conservare la
biodiversitá. Certo, vedere il ritmo crescente con cui le specie si estinguono dopo
milioni di anni di faticosa evoluzione é un gran dispiacere. Specie se pensiamo che forse abbiamo piú di
qualche responsabilitá a riguardo. Ma, diciamo, da un punto di vista
prettamente ego(istico)centrico cosa ce ne importa a noi esseri umani se decine
di specie che nemmeno conosciamo spariscono ogni giorno per sempre dalla faccia
della Terra? Questioni etiche a parte, s’intende... da un punto di vista
prettamente utilitaristico, perché la biodiversitá é cosí importante?<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Una domanda di questo tipo si porta necessariamente dietro un treno
intero di altre domande. Domande non richieste, spesso nemmeno gradite, ma latenti
nella mente di tutti. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Perché l’immigrazione non va combattuta, ma invece incoraggiata o – perlomeno
– accettata? <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
E ancora, perché dovremmo andarci piano con le modificazioni
genetiche? <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Uno puó anche pensare non ci sia nessuna relazione tra di esse, ma non
é cosí. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Una relazione esiste, forte e chiara. A pensarci bene si potrebbe forse
riassumere in un’ultima domanda fondamentale: siamo davvero legittimati noi
uomini ad assumere il controllo di tutto quello che ci circonda? O, dopotutto,
dovremmo invece lasciare da parte questo innato senso di superioritá che ci
pervade, farci una bella iniezione di umiltá ed imparare da chi sa come vanno
davvero fatte le cose? <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
A questo punto, potrá sembrare che abbia perso la bussola, se non
altro perché la domanda – l’ennesima – che qui sorge é, sostanzialmente, “E chi
saprebbe per davvero come vanno fatte le cose?”<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ma non é ancora il momento delle risposte. Prima, vale la pena
ragionarci sopra un po’.<o:p></o:p></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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ORDINE E CAOS<o:p></o:p></div>
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<br /></div>
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Tutte queste domande hanno nascosto in sé un qualcosa che spesso
sottovalutiamo: la nostra innata paura per il caos. Caos, ossia la tendenza al
disordine. Ci spaventa. La nostra indole infatti tende a cercare l’ordine. Lo
desidera forse piú di ogni altra cosa. Forse perché piú semplice – per le
nostre menti semplici – da interpretare. Fatto sta che in questo modo possiamo
avere l’illusione di controllare ció che ci circonda. Spesso in realtá – ordine
o no – non é cosí, ma in ogni caso ci rassicura. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Il grado di disordine che siamo disposti ad accettare cresce con la
nostra conoscenza del sistema che ci circonda e con la nostra capacitá di
processare in maniera adeguata l’informazione che ci arriva. Potremmo dire che
in un certo senso la nostra intera vita é una lotta per ordinare il disordine naturale
del Mondo attorno a noi. Lo facciamo continuamente, cercando relazioni tra
fatti apparentemente scollegati tra loro, creando teorie, leggi o anche solo
interpretazioni. La scienza deriva da lí. La religione, pure. L’uomo da sempre
cerca spiegazioni a quello che vede, il che altro non significa se non
organizzare le informazioni che riceve dall’esterno spesso in maniera confusa e
disordinata – tanto dello spazio come nel tempo – in una qualche maniera che
gli possa essere utile. <u>L’uomo cerca di creare l’ordine dal caos.<o:p></o:p></u></div>
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<br /></div>
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È questa la nostra grande forza e allo stesso tempo la nostra grande
debolezza. Il fatto é che la natura non gioca necessariamente secondo le stesse
regole. La natura <b><i>vuole</i></b> il caos. Una cosa che mi ha sempre affascinato é il
concetto di entropia, una grandezza usata in fisica per descrivere il grado di
disordine di un sistema. Bene, esiste un postulato che dice che in un sistema isolato
sottoposto a uno stimolo irreversibile l’entropia puó solo aumentare. Se
consideriamo l’intero universo – che é tutto quello che conosciamo e pertanto
il sistema piú grande concepibile – come un sistema isolato (visto che non
esiste nient’altro con cui puó rapportarsi), ogni fenomeno che avviene dentro
di esso porta necessariamente ad aumentarne l’entropia. Cioé il disordine. Nell’universo,
sostanzialmente, il caos é in continuo aumento. Siamo fregati.<o:p></o:p></div>
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<br /></div>
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O forse non é poi nemmeno questo il punto. Forse ció che oggi non
capiamo, ció che consideriamo come disordine, domani non lo sará piú. È quello
che continua a succedere ogni volta che aumenta la nostra conoscenza dei
fenomeni naturali. Ci sentiamo sempre piú a nostro agio sulla Terra perché
abbiamo imparato a conoscerla sempre piú, percui ció che ieri era disordine
oggi non lo é piú. Questo da un lato é incoraggiante per il futuro, dall’altro
ci invita ad almeno due riflessioni.<o:p></o:p></div>
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<br /></div>
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La prima, e piú scontata, é che non necessariamente questo “sentirci a
nostro agio” ha avuto sempre e solo conseguenze positive per il sistema in cui
viviamo. La seconda é che esistono tante cose che ancora oggi non capiamo e ci
spaventano, ma per la natura non é cosí. Ció che per noi é disordine per la
natura non lo é. Ció che per noi é caos per la natura é logica e ordine.<o:p></o:p></div>
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Non avendolo del tutto chiaro, spesso tendiamo con le nostre azioni a
voler semplificare e appiattire la natura, privandola della sua complessitá per
poterla ordinare e quindi controllare meglio. Il fatto é che la natura di per
sé si conosce abbastanza bene, molto meglio di quanto non la potremo mai
conoscere noi, tanto da non aver bisogno di nessun altro tipo di ordine imposto.
Funziona benissimo da sé, cosí com’é. <o:p></o:p></div>
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<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Per di piú – e tendiamo a dimenticarcene continuamente – tutto ció che
ci circonda si é continuamente adattato e migliorato durante milioni e miliardi
di anni di evoluzione. Sarebbe a dir poco presuntuoso per noi novellini –
arrivati quaggiú da appena qualche migliaio di anni – pretendere di poter
migliorare processi che hanno passato il filtro dell’evoluzione.<o:p></o:p></div>
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<br /></div>
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<o:p><br /></o:p></div>
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<o:p><br /></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
CIÓ CHE NATURA CHIEDE<o:p></o:p></div>
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<br /></div>
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Eccoci dunque ad una prima considerazione molto importante: la natura deve
essere la nostra guida. La natura <b><i>chiede</i></b> di poter essere la nostra
guida. Cerchiamo di non sforzarci troppo ad essere sordi. Dobbiamo imparare dai
suoi errori perché non avremo il tempo di commetterli tutti da parte nostra. E
imparare dai suoi errori significa prendere i risultati che abbiamo davanti
come buoni. Significa ispirarci ad essi come a un modello. Significa imparare
dalla natura.<o:p></o:p></div>
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<br /></div>
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Se l’uomo tende all’ordine, la natura tende al caos. O meglio, abbiamo
capito che il suo grado di complessitá é talmente elevato da risultarci incomprensibile.
Il nostro scopo non dovrebbe peró in nessun caso essere quello di cercare di
semplificarla, di ridurne la complessitá uniformandola ai nostri infimi
standard. Dovremmo invece cercare di comprenderne la ricchezza, rispettarla e
imparare da essa. Dovremmo basare i sistemi umani sullo stesso principio:
complessitá significa ricchezza.<o:p></o:p></div>
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<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Dovremmo mirare in alto invece che ignorare tutto ció che abbiamo al
di sopra delle nostre teste. <o:p></o:p></div>
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<br /></div>
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Ecco perché la biodiversitá é importante.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Ecco perché l’immigrazione é importante.<o:p></o:p></div>
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<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
Un sistema complesso ha 1000 modi in piú di rispondere agli stimoli
che uno piatto e uniforme. Un sistema variegato e ricco in componenti ha molte
piú possibilitá di trovare strade alternative ed evolversi positivamente. Un
sistema ricco di diversitá, biologiche o etniche, ha molte piú possibilitá di
migliorarsi che uno rigido e univocamente definito.<o:p></o:p></div>
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<br /></div>
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Ecco anche perché bisogna andarci molto cauti con le modificazioni
genetiche. Perché essendo di origine umana é molto difficile che riescano a
tenere in considerazione l’intero ventaglio di conseguenze che da esse derivano.
Perché cercano di modificare per qualche ragione appena ció che l’evoluzione ha
plasmato per mille ragioni diverse. Perché la conseguenza tende ad essere
ancora una volta la stessa: appiattimento. Perdita di diversitá. Ordine
semplice e impoverimento. Seppur con l’illusione del controllo. <o:p></o:p></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>
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<br /></div>seno83http://www.blogger.com/profile/09592745983893589703noreply@blogger.com0