domenica 5 febbraio 2012

Un mondo nuovo - Economia circolare

L’economia circolare é un termine fantastico che descrive alla perfezione un sacco di cose. L'ho sentito per la prima volta ieri, grazie a Ellen MacArthur. Una signorina inglese con la passione per la navigazione, che si compra la prima barca con i risparmi accumulati durante otto anni di scuola risparmiando i soldi per la cena. Con appena 29 anni batte il record di circumnavigazione del globo in solitario, usando meno degli 80 giorni di Jules Verne...appena 71 e un po’. Fantascienza reale. La potenza dei sogni.

L’esperienza la segna profondamente. Una barca in mezzo all’oceano é un ambiente in cui non hai niente se non quello che ti sei portato, che deve necessariamente essere poco per non appesantire.  Insomma si deve fare con quello che c’é, e quello che c’é é molto poco. A impresa compiuta, Ellen si rende conto di come noi umani viviamo, letteralmente, nella stessa condizione: su una zattera isolata nel mare dell’universo. Cosí come su una barca nel mezzo dell’Oceano non si spreca niente perché tutto si puó e si deve riutilizzare, su di un pianeta finito ha senso fare esattamente la stessa cosa. In effetti la parola rifiuto, se guardiamo al mondo naturale, non esiste. Tutto si riutilizza in natura. Energia e materia, tutto rientra in circolo a vari livelli. Visto che non esiste maestro migliore da cui possiamo apprendere che non la natura stessa, in cui ogni processo é frutto di milioni di anni di prova-ed-errore, é un principio cui anche il mondo umano dovrebbe ispirarsi. Il concetto di rifiuto non ha il diritto di esistere. I rifiuti sono semplicemente altre risorse. 
Tornata dalla sua regata in solitario la dama Ellen (titolo di cui é stata insignita al ritorno dal latente Impero Britannico) mette in piedi una fondazione che porta il suo nome, con lo scopo di diffondere tramite l’educazione e la cooperazione col mondo delle imprese e la politica la sostenibilitá e, appunto, l’adozione di un’economia circolare.

L’economia oggi come oggi é lineare – dice dama Ellen – nel senso che prendiamo materie ed energia all’infinito, seguendo il mito della crescita, senza restituire niente e producendo una quantitá enorme di sprechi e rifiuti. L’economia oggi é esponenziale – dico io, ma non solo – nel senso che piú si va avanti piú il tasso di utilizzo/spreco di materiali ed energia aumenta, vuoi per l’aumento della popolazione mondiale, vuoi perché fette sempre piú grandi vogliono partecipare al gioco malsano del consumismo di cui in occidente siamo stati protagonisti a lungo, vuoi perché la corsa al profitto a tutti i costi nel mondo globalizzato e sempre piú competitivo lascia margini sempre minori per la salvaguardia di altro che non sia il portafogli. Economia circolare significa un cambio di paradigma, cioé cambiare la base comunemente accettata sulla quale si basano le considerazioni e la sensibilitá di una societá in una certa epoca storica. Un cambio di paradigma é una rivoluzione nella concezione del mondo. Un cambiamento sostanziale di tutte le nostre abitudini.

Economia circolare significa che quando si prende, processa, crea qualsiasi cosa, si deve avere giá chiaro in mente come riutilizzarne le componenti quando questa andrá smaltita. Non lasciamoci peró ingannare, non significa riciclaggio spinto. Va ben oltre. Intendiamoci, il riciclaggio é una cosa fantastica e meno male che c’é. Ma é come una pezza che mettiamo a posteriori, che non puó minimamente tappare la falla intrinseca nel nostro sistema di produzione. Una falla concettuale se vogliamo. Le migliori soluzioni sono infatti quelle che vengono progettate e disegnate col sistema stesso, a priori, che sottendono al sistema e ne sono parte integrante. Soluzioni preventive, fondamenta esse stesse del sistema, ben diverse da quelle che vengono prese per limitare i danni, forse, dopo. E molto piú efficaci. Il riciclaggio infatti riduce sí i danni, ma solo in maniera assolutamente limitata e, in ogni caso, insufficiente. Economia circolare significa che gli sprechi non vengono limitati o recuperati una volta giá esistenti, ma vengono evitati in primo luogo, attraverso una piú attenta progettazione e gestione dei processi stessi, sin dalla loro concezione.

Un esempio pratico che tutti capiranno, perché assolutamente tipico della nostra societá. L’elettronica di consumo. Telefonini, pc, laptop, televisori, tablet. Si tratta di articoli che sono estremamente costosi dal punto di vista produttivo. Consumano ingenti qualitá di materie prime pregiate e non rinnovabili (qualcuno ha mai sentito parlare del coltan e di come viene estratto? o chi si é mai preoccupato del titanio?) ed enormi quantitá di energia per la loro produzione. Sono qualcosa che nella nostra societá é assolutamente indispensabile, la stessa pietra angolare della societá dell’informazione. Non possiamo (e non dobbiamo) farne a meno. Detto questo, e prendendo i laptop ad esempio, una volta comprati la loro vita media é di circa 3 anni. Il progresso in questo campo é veloce come in nessun altro, le prestazioni diminuiscono o semplicemente sono sorpassate da dispositivi piú potenti. Fin qui ci puó stare, il progresso tecnologico va avanti inesorabile. Ma poi? Poi si buttano. Si buttano e se ne prende un altro. Dopo appena 3 anni (in media, ci sono quelli che durano di piú, ma anche quelli che durano di meno, o quelli che si cambiano per pura e semplice moda) dopo tutta la fatica per estrarre materie prime sottratte alle viscere della terra, dopo tutta l’energia (leggi petrolio) immessa dentro quei 15 pollici per produrli. Dopo tutto questo, semplicemente, si buttano e se ne compra un altro. Altre materie prime, altra energia. E nessuno si chiede quelli vecchi, nel frattempo passati allo stadio di rifiuto, che fine fanno? Si riutilizza qualcosa in questi casi o no? In teoria. In pratica? Vorrei vederlo. E dire che sono rifiuti altamente tossici, assolutamente non biodegradabili. Vi sembra un sistema sostenibile?
In questi casi il riciclaggio ha l’efficienza che ha, la cosa migliore sarebbe invece riusare i componenti che lo permettono, cosí come sono. Non me ne intendo, ma direi che le componenti che vanno sostituite non includono di certo (ad esempio) la tastiera, lo schermo, il case esterno... sono le schede, i processori che vanno sostituiti perché sorpassati o usurati, tutto il resto continua ad andare bene e potrebbe essere mantenuto. Perché allora questi dispositivi non si creano in modo da poter cambiare solo le parti piú usurabili, o le parti che devono essere cambiate spesso, ma senza toccare tutto il resto? Si risparmierebbe il fatto di doverlo riprodurre quando in realtá non serve. Immagino poi che se queste cose venissero progettate per durare davvero (e non solo 3 anni), la loro qualitá sarebbe drasticamente migliore in tutti i sensi. E scordiamoci della moda per favore, é solo una delle tante belle storie che si sono inventati per farci comprare di piú. Un computer é un computer. Un telefono é un telefono. 

Questo significa avere un approccio circolare, ossia non appellarsi al riciclaggio di ultima istanza, ma progettare qualsiasi cosa in modo che duri e non se ne debba produrre un’altra uguale. Se proprio é necessario cambiare alcune parti, incorporiamo questa necessitá nel design del prodotto, rendendone semplice la sostituzione senza bisogno di intaccare altre parti che invece possono durare molto di piú. Quanti materiali si risparmierebbero nella sola elettronica di consumo? E quanta energia? E quanti rifiuti smetterebbero di esistere? E quante emissioni inquinanti?

Il concetto dell’economia circolare si puó estendere assolutamente a tutto. Basta usare un po' di immaginazione. È un concetto che si scontra radicalmente con quello - caro alle grandi case produttrici - di “obsolescenza programmata”. Forse non tutti ne siamo al corrente, ma in molti casi i beni di consumo vengono progettati come intrinsecamente inferiori a quello che potrebbero essere. Un esempio clamoroso sono le lampadine elettriche. Niente ci vieta di produrre lampadine che durino 100 anni. Qualcuno ne ha mai vista una? Ogni quanto vanno cambiate? O pensiamo all’industria automobilistica. Se le auto venissero veramente prodotte per quello a cui servono certamente se ne produrrebbero meno, perché quelle in circolo sarebbero migliori in partenza e durerebbero molto di piú. Mi sono sempre chiesto tutte le macchine che si fabbricano nei paesi occidentali... a chi serviranno? O andando piú nel concreto, in Italia. La FIAT. Ma a chi serve un’altra macchina realmente in Italia? Abbiamo le cittá piú intasate dal traffico di Europa. L’aria é irrespirabile. Ogni famiglia ha dalle 2 alle 3 auto. Traffico ovunque che rende i trasporti pubblici completamente inaffidabili, al pari di quelli privati. Veramente, non vi sembra che ci siano giá abbastanza macchine in circolazione?! E allora perché se ne fabbricano ancora? Per sostituire quelle vecchie, mi si dirá. Eccoci al punto. Un’auto puó durare in media diciamo 15 anni. Perché si cambia in media ogni 4? Moda? Per darsi uno sfizio? O forse perché ce le devono vendere?!



I benefici indiscutibili di un sistema economico circolare sarebbero molta piú efficienza, molta piú qualitá nei prodotti finali, risparmio per l’utente, diminuzione della produzione e con essa dell’uso di materiali ed energia, minor produzione di rifiuti e inquinamento.

E le conseguenze collaterali? Meno lavoro per tutti. Il che non deve necessariamente essere visto come un problema. Pensate solo che se non doveste continuamente riparare, o sostituire cose che giá avete, spendereste in media di meno e potreste certamente permettervi anche di guadagnare di meno, e quindi di lavorare di meno. Magari ci potremmo godere tutti un po’ di piú la vita. Magari. Ma pensiamo anche ai metalmeccanici di Pomigliano che sono giá sul piede di guerra perché non c’é piú lavoro e non si produce piú abbastanza; pensiamo a chi non riesce ad arrivare a fine mese con la sua famiglia se non c’é lavoro. Loro sí che sembra abbiano veramente bisogno di produrre altre auto. Cosa possiamo fare a riguardo?

Questo é un altro problema, di cui parleremo (e di cui in parte abbiamo giá parlato)... un altro problema per cui la soluzione c’é, come per tutto. In un sistema basato e progettato sul buonsenso (e non sulla crescita) una soluzione si trova sempre, ma spesso é difficile commentarla separatamente dalle altre, perché tutte si richiamano a vicenda.


Ma qui ora mi fermo, per il momento ricordiamoci semplicemente dei vantaggi di un economia circolare.


Per il resto vi rimando alle prossime puntate in cui continueremo a immaginare il nostro mondo nuovo.





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