venerdì 9 dicembre 2011

Il mito della crescita


È ora di iniziare ad andare a fondo sulle questioni che contano.

Parliamo di crescita. Parliamo del mito della crescita.

Prima di tutto vi consiglio di vedere questo video, se non l’avete ancora fatto.


Introduce molto bene cose che qui vorrei riprendere. Vorrei cercare di farlo nella maniera più logica e semplice possibile. Senza usare nessun concetto astruso con lo scopo di invogliare a prendere le cose per oro colato. Non serve, qui vorrei che ognuno riflettesse con la propria testa. Poi vedremo se quello che si dice avrà senso o no.

La premessa è che come specie umana viviamo su un pianeta che, per grande che sia, è pur sempre limitato. E limitate sono la stragrande maggioranza delle risorse che esso ci può offrire. Quelle che usiamo di più, le fondamenta del nostro sistema di vita. Altre, che paradossalmente usiamo molto meno, sono invece rinnovabili.
Il mantra delle risorse rinnovabili andrebbe visto in prospettiva. La rinnovabilità é, come moltissime altre cose, un concetto del tutto relativo. Non un attributo in sé. Va infatti definito in base al ritmo con cui quelle risorse si producono e si consumano. Se le consumiamo ad un ritmo piú lento di quello cui si producono, le risorse sono rinnovabili. Altrimenti no. Tutto qui. Se usassimo il petrolio solo per lavarci i denti, forse potremmo considerarlo una risorsa rinnovabile. Purtroppo, peró, dal petrolio dipendono non solo i combustibili per i trasporti, ma anche tutti i processi industriali, l’industria farmaceutica, l’industria petrolchimica (appunto), i pesticidi e l’industria delle materie plastiche. E state pur certi che me ne sto dimenticando qualcuna. In pratica tutto quello che ogni giorno vi passa tra le mani, o tutto quello che fate ogni giorno, dipende – in piú di un senso – dal petrolio.  Il vero perno dell’economia e della vita moderna. Petrolio che tarda milioni di anni in prodursi. A vederla così non sorprende più di tanto che la necessità di petrolio muova guerre e determini tutti gli scenari strategici geopolitici come su un tavolo di risiko.

Dunque viviamo su un pianeta limitato, di risorse limitate, che in ogni caso un giorno finiranno. Lasciamo ora perdere il fatto che, già prima che finiscano, il solo fatto che siano scarse, limitate, genera tensioni e soprusi da parte di chi vuole, o puó, accapparrarsele per sé. Per il proprio bene privato. Facciamo finta di niente. Chiediamoci qui solamente quale, in uno scenario di limitatezza come quello che viviamo (ma del quale non sembriamo affatto accorgerci) potrebbe essere una strategia sensata per gestire al meglio la situazione.

Una crescita sfrenata e a tutti i costi? Da un punto di vista di pura logica, direi proprio di no. Ma da dove nasce allora questa dipendenza, questo affanno da crescita?

La nostra pseudo-economia é completamente scollegata dal mondo fisico in cui, tuttavia, continuiamo a vivere. Non si rapporta in alcun modo alla quantità di risorse disponibili per le attività che facciamo, venendo meno al suo ruolo primario di economia stessa: la loro gestione strategica. Il tutto é stato soppiantato dal concetto di denaro, concetto artificiale e non naturale. Inventato dall’uomo. Una volta poteva aver senso come concetto, ma ci si è andati gradualmente dimenticando del perchè è stato introdotto...ed è successo che il mezzo è diventato il fine. Quello che ci viene continuamente dato in pasto per farcelo accettare, è la chimera del progresso. Il progresso? Un concetto nobile che è stato distorto, tant’é che non si sa nemmeno piú di cosa si parla. Il progresso rappresenta quel processo che porta al miglioramento della condizione umana. Il progresso così come si intende oggi equivale invece puramente alla necessità di aumentare la produzione di beni e servizi, alla quale si suppone sia collegato il miglioramento della qualità della vita. L’idea che ci vendono e che all’aumentare le possibilità di scelta aumenta la qualità della vita. All’aumentare la quantità di cose che possiedi o di servizi di cui puoi usufruire, migliorerà la qualità della tua vita. Falso. Pensate solo a cosa significa avere troppe scelte nel quotidiano. Pensate quanto tempo sprecato per fare scelte futili su questioni completamente irrilevanti. Quanto tempo sottratto a questioni che importanti lo sono davvero. L’eccessiva possibilità di scelta ci porta in realtà alla paralisi: possiamo tutto ma facciamo niente. E pensate alla mole di oggetti che quotidianamente, e soprattutto in questi giorni di tranche pre-natalizia, siamo spinti a comprare. Tante volte, troppe, si tratta di cose che non ci servono, che nemmeno vogliamo. Pazzia consumistica. In ogni caso, ad ogni acquisto inutile o no, contribuiamo al deperimento delle risorse, allo spreco di energia, all’inquinamento, all’aumento dei rifiuti e, collateralmente, molto probabilmente allo sfruttamento immorale del lavoro di qualcuno e al peggioramento della sua qualità di vita. E all’arricchimento indebito di qualcun’altro. Ooops.

Ma perchè l’economia deve crescere? Qual é il vero bisogno? Chi l’ha deciso, da dove nasce quest’idea? È un prodotto dell’attuale sistema monetario. Un prodotto di qualcosa deciso dall’uomo. In questo sistema entità private producono denaro prestandolo con un interesse agli stati e, quindi, creando debito. Un debito che non puó esser ripagato perché non esistono in circolo i soldi per pagare gli interessi, a meno che le stesse entità private ne producano ancora. E con esso, va da sé, ulteriori interessi da pagare. Non é molto diversa da una forma di usura.

Tu produci 10 e me li presti chiedendomi 11. “Dove te lo vado a prendere quell’1 extra,scusa?” “Non ti preoccupare, te lo presto io per 1.1.” “Ok, a questo punto ti devo 12.1 ma ne ho solo 11...”

È cosí che gli stati si indebitano e, con loro, noi tutti. Ogni banconota in circolazione rappresenta una percentuale di debito. Se non é tuo, sará di qualcun’altro. I cittadini, da parte loro, si indebitano con le banche. Per poter ripagare il proprio debito i cittadini, cosí come gli stati, devono produrre ricchezza. Far fruttare quei 10 in qualche modo per poter ripagare quei dieci piú gli interessi e, magari, conservare anche qualcosa per sé. Da qui la necessitá di avere un economia in costante crescita. Da qui la necessitá di avere una societá che consumi. Di avere l’economia in movimento. Se tu compri e spendi, qualcuno guadagna. Finché tutto gira va bene, piú o meno. Quando qualcosa si ferma il sistema va in tilt. Come in questi giorni che siamo chiamati a vivere.
Il lato B di questo sistema é che tende a concentrare la ricchezza. Alla fine della giostra, questo continuo scambio di debito accumula la ricchezza nelle mani di pochissimi. Quelli che il soldi li stampano, o i loro amici stretti. Quella stessa ricchezza originalmente intrinseca nelle risorse naturali, quindi di proprietà di tutti e nessuno, distribuita piú o meno equamente su tutto il pianeta. La scoria di questo sistema invece, il debito, che per ragioni intrinseche al sistema stesso che lo genera puó solamente continuare ad aumentare, si diffonde come un cancro verso i livelli piú bassi della società. Da qui i milioni di bambini che muoiono di fame. Non é che non hanno da mangiare, é semplicemente che non gli lasciano niente. E non possono mangiare debito. A volte riusciamo a nasconderlo provvisoriamente sotto il tappeto, facendo finta che non ci sia solo perché l'abbiamo affibbiato a qualcun'altro. Altre volte, infatti, succede che il giochino non basti più e ci esploda di colpo tutto in faccia. E allora anche noi uomini della strada ci rendiamo conto che, in realtà, avevamo un problema, ma non ci avevamo mai pensato sul serio. In questo senso occorre rendersi conto di come davvero non sia un problema nazionale, o locale, ma globale. 

Il problema sembrerebbe quindi risiedere nello stesso sistema che diamo per scontato. Ci siamo cosí abituati che non vediamo nemmeno piú il problema. Non riusciamo nemmeno ad immaginare come si potrebbe vivere senza soldi. E senza interessi. In realtà una cosa così piccola come gli interessi riesce ad avere effetti cosí globali. Un vero e proprio cataclisma.

Abbiamo iniziato a correre per un motivo. Continuiamo per abitudine. Come dei criceti ammaestrati. Sotto lo sguardo compiaciuto e invisibile di chi si diverte a nostre spese. Senza preoccuparci di dove andiamo. Finchè, forse, sarà troppo tardi.

Il contrasto lampante tra oltraggiosa ricchezza ed estrema povertà, con l’ingiustizia planetaria che ne deriva, non é peró l’unica controindicazione a questa sete di crescita e di consumo. Un’altra, ben piú grave forse, è il modo in cui questo sistema consuma le risorse finite della Terra. Producendo masse di rifiuti e inquinamento per avere in cambio niente. O meglio, per avere più debito e cose futili che realmente non ci servono. Consumiamo continuamente risorse finite, senza renderci veramente conto della loro preziosità. Senza chiederci il perché, o se ne valga davvero la pena. Come entrati in un circolo vizioso, in cui sono le nostre stesse balle ad assuefarci. Non ci rendiamo conto che tutto questo non é sostenibile. Sostenibile non é una bella parola priva di significato in bocca a qualche ambientalista hippy. Significa semplicemente che non ce lo possiamo permettere, se vogliamo continuare a vivere. Se non vogliamo estinguerci come specie. Transcinando nel baratro assieme a noi, peraltro, migliaia di altre specie innocenti. Continuiamo a consumare risorse senza criterio. Ancora prima che si esauriscano, la loro scarsezza in aumento determina una sempre maggior aggressivitá e violenza da parte dei potenti per poterne usufruire: aumentano le guerre. Morte e soprusi. Inguistizie planetarie.

In poche parole, ci é stata assegnata una possibilitá e la stiamo letteralmente sprecando. Le leggi naturali non si possono cambiare. Quando non ci sará piú acqua da bere, non ce ne sará piú. Quello che si possono cambiare sono le leggi dell’uomo. Quelle fatte da lui. Come questa pazzia generalizzata della crescita economica a tutti i costi.

Qual’é la soluzione?

La soluzione è prima di tutto, capire cosa sta succedendo. Essere consapevoli di quello che abbiamo davanti.  Di cosa ci aspetta. Che il problema vero non è lo spread. Non é la recessione.

Poi, proporre ed elaborare una alternativa. Anche se non se ne sente parlare, modelli alternativi esitono e sono quotidianamente discussi e migliorati. In alcuni casi idee piuttosto vecchiotte, elaborate in tempi non sospetti da gente abbastanza onesta da riuscire a (pre)vedere la realtá delle cose. Da riuscire a (pre)vedere l’insostenibilità di questo sistema.
Un’alternativa non puó prescindere dal fare a meno del mito della crescita. Nel sistema in cui viviamo, deve rispettarsi quello che viene definito equilibrio dinamico, volto al raggiungimento di un economia stazionaria. Un sistema che si adatta a quello che ha, in ogni momento, in modo da mantenere un equilibrio tra produzione e consumo. Tra l’uso delle risorse e il loro rimpiazzo. Un sistema in grado di mantenere dimensioni accettabili da poter continuare a vivere su questo pianeta. In mutuo rispetto. Potremmo definirla un Economia Basata sulle Risorse (Resource Based Economy), piuttosto che sul denaro.

Torniamo alle leggi naturali. Torniamo alle cose vere, a quelle che importano.

Torniamo a vivere in armonia col nostro pianeta. Non possiamo vivere senza di esso, non dimentichiamocene. 






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