venerdì 4 maggio 2012

...e il progresso, dov’é?


Bella domanda. Forse una di quelle domande destinate a restare senza risposta. Non perché non si provi a rispondere, ma perché a ben vedere una risposta – forse – non c’é.
C’é, appunto, la domanda. Ed é quello che serve, ed é quello che basta.



PREMESSA

Viviamo il tempo della modernitá a basso costo. Dell’immediatezza, dell’efficienza, della tecnologia e della comunicazione in un click. Quello di cui non resta piú molto, in questo tempo, é magia. É l’incanto delle piccole cose, svanito lentamente e inesorabilmente. Tutto si vede e si legge in ottica utilitaristica. Il fluire del tempo stesso é visto perlopiú in base a quello che si puó fare, con quel tempo. Il tempo ha un prezzo, e il prezzo é qualcosa che serve a etichettare qualcosa che si puó comprare e vendere.

Ma qui sorge un’altra domanda, ben piú generale ma, a ben guardare, un po’ la stessa. Qual é il senso della vita. É quello che facciamo? É quello che lasciamo dietro di noi, in ereditá ai nostri figli e alle generazioni future? É quello per cui saremo ricordati? E qual é l’estensione della cerchia che questo nostro senso della vita potrá raggiungere allora? Le persone che ci hanno conosciuto in vita, forse, si ricorderanno di noi. Almeno per un po’. Ma state pur certi, per quanto grandiosa la vostra vita possa essere, passata qualche generazione il vostro ricordo si perderá tra le migliaia di fila srotolate e aggrovigliate di nuovo sul tappeto della storia. Qualcuno magari finirá su qualche libro. Nella cyber-era che ci apprestiamo a vivere magari la notorietá ce la dará internet, laddove lo spazio non importa piú e allora ci sará un posticino per tutti. E sará, allora, la piú squallida forma di anonimato, in cui tutti – tutti – potranno avere materiale che li riguarda lí, indelebile pubblicato sull’etere e a disposizione delle generazioni future. Un ricordo indelebile e anonimo. Inghiottito dalla vastitá dell’etere stesso.



E ALLORA?

E allora, e a maggior ragione, continuo a chiedermi  “qual é il vero scopo di quello che facciamo”? La domanda, molto piú prosaica di quanto possa sembrare, nasce dall’esigenza concreta di sapere, realmente, a che serve. Perché dovrei – io insignificante – dannarmi per cercare di cambiare le cose. O meglio, di migliorarle. Giá, migliorarle, eccoci di nuovo al progresso. Di che si parla quando si parla di progresso? Il progresso é la continua aspirazione della razza umana a cercare di vivere meglio. Hmmm, no. Non proprio. Detto meglio “é l’aspirazione al miglioramento della condizione umana”. E allora direi che la mia voglia di migliorare le cose ha a che vedere con il progresso. Bene, primo punto.

Peró continuo a chiedermi, su cosa ci basiamo per dire che il progresso é progresso? Se é vero che ognuno di noi pensa con la propria testa (...) allora ognuno vedrá anche un qualsiasi miglioramento in modo diverso. E quindi il progresso.
Il fatto é che – evidentemente e al pari di tante altre cose – questa nostra societá cosí evoluta e cosí moderna sta appiattendo anche le nostre menti. Al pari di qualsiasi altra forma di diversitá. Diversitá che non viene piú riconosciuta come ricchezza ma come – in definitiva – un fastidio generico. Diversitá che viene necessariamente livellata secondo criteri e programmi ufficiali. Il progresso, oramai, é necessariamente unico, improntato ai criteri della moderna societá occidentale. Quella consumistica e capitalistica eccetera... oggi lasciamo perdere queste cose che tanto le sappiamo. Mi voglio solo concentrare sul “siamo davvero convinti, noi occidentali, di vivere meglio”? Siamo cosí convinti che questo modello significhi davvero progresso? Parlo del modello occidentale in sé, nella sua versione piú idealistica e pura e senza considerare quelle degenerazioni che, in ogni caso, abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Esiste IL progresso? Ne davvero siamo talmente convinti da poterci rinchiudere in questa nostra fede, ciecamente (come fin troppo spesso accade) e in modo da non vedere nient’altro della ricchezza che pur ci circonda? Come i colonizzatori imposero la nostra religione e il nostro stile di vita, come gli eserciti ora impongono la nostra democrazia, come i supermercati impongono le solite quattro marche, come le grandi imprese impongono certi modelli di produzione, come la tv ci impone certi programmi, come la scuola ci impone di studiare certe cose... dov’é finita la scelta? Questo progresso imposto é davvero quello che vogliamo?



IL PROGRESSO SECONDO IO

Basta domande, ora bisogna capire. Capire che non c’é cosa che ci arrichisce di piú se non la diversitá e la curiositá di esplorare, di capire il diverso. Ognuno e individualmente. Personalmente e soggettivamente. Ognuno, avendone la possibilitá, vede il progresso alla sua maniera. Per me, progresso significa che ognuno dovrebbe avere la possibilitá di arricchirsi, durante la sua vita, della vita stessa. Credo che il vero senso della vita sia proprio vivere. Sia camminare per il camminare, non per l’arrivare. Il viaggio é la destinazione. Credo che la vita serva per imparare cos’é la vita, in tutte le sue sfumature. Apprezzarne la varietá e lasciarsi sopraffare dalla sua grandezza, che mai riusciremo a cogliere del tutto. Ma nonostante questo, provarci! Ogni giorno di piú. Credo che é questo quello che mi muove, oggi. A volte mi sento atterrato da questo tensione auto-imposta al conoscere, conoscere, conoscere... ma poi ricordo del perché, un giorno, arrivó: lo sentivo necessario. A volte significa non vederne la fine e, quindi, lo scopo. A volte significa chiedersi “Ma perché”? Momenti in cui smarrisci il senso di quello che fai. Eppure passano. Residui di una mente utilitaristica che spero di assottigliare sempre piú. E impari, anche da quelli, come da tutto.

In definitiva credo che il progresso sia uno stato mentale. Credo che sia uno stato mentale che dovremmo diffondere sempre piú. Uno stato mentale positivo e inquieto, che spinge ad alzarsi felici ogni giorno perché quello che sta per accadere é davvero irrepetibile. Cosa imparerai oggi? Quali fili stai per unire che ancora non sai? In che forma ti arricchirai oggi? Non c’é niente di frustrante nel non vederne la fine, una volta che capisci che la fine non c’é. Allora é il percorso stesso che importa. E l’importanza tornano ad averla i sempre di piú compagni di viaggio, troppo spesso dimenticati. Ancora piú che i resoconti dei posteri.
Ci si sente leggeri perché, si sa, a camminare continuamente non ti puoi portare dietro piú di quelle quattro cose che davvero ti servono. La ricchezza non é materiale, sta su un’altra dimensione e te la puoi sempre portare dietro.
Progresso é il recuperare la bellezza di una vita semplice, lo spogliarsi di tutte quelle costrizioni fastidiose che ci hanno messo addosso sin da piccoli, con la scuola, la chiesa, il lavoro e la responsabilitá di che? La responsabilitá di ognuno é quella di seminare il meglio che puó, perché dei frutti che nascono ne possano beneficiare tutti quanti, no? La responsabilitá di ognuno é migliorare le cose, quindi prima di tutto migliorare sé stessi.

Il progresso... strano, ma non sembra esistere una cosa simile nel resto del regno animale. Tante volte guardando quella meraviglia che sono i cani (a me sembra sempre che siano felici e sorridenti), ti chiedi “ma cos’é che li rende cosí felici, se altro non fanno che ripetere le stesse cose tutti i giorni e, in fin dei conti, passano la loro vita standosene buoni in casa o dove li mettiamo noi”? E la stessa cosa mi chiedo quando guardo i documentari sugli animali selvatici... tante storie per – alla fine – nascere, trovare qualcosa da mangiare ogni santo giorno per arrivare a riprodursi e poi, un giorno, morire. La conservazione della specie, mi si dirá. Giá, ma il senso della loro vita – individualmente parlando – dov’é? Esiste?
Nel modo in cui la intendiamo noi, oggi, no. Ma io credo che forse dovremmo imparare da loro, perché c’é un grande senso della vita in quella routine. Al pari di quella che c’é nei cosiddetti “paesi del terzo mondo” dove non c’é scuola, educazione, istituzioni, lavoro etc. Eppure i bambini crescono e imparano. Imparano quello che gli serve e diventano uomini. Al pari nostro. Non dovremmo poi sentirci tanto superiori, ma rispettare questa diversitá. Contestualizzarla, certo, ma rispettarla. Perfino imparare da essa, giacché ha tanto da insegnarci.



Lasciamoci affascinare dalla diversitá, rimaniamo affamati di conoscenza.



Imparare a vivere é la cosa piú vicina al progresso che finora sono riuscito a trovare. 







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