sabato 14 gennaio 2012

Un’azione politica


È arrivato il momento di toccare un tema scottante: la politica. Origini, prospettive il senso di questa parola nel momento storico che stiamo attraversando.

Partiamo da una considerazione banale: politica e democrazia non sono la stessa cosa, ma spesso si confondono. Entrambe derivano, come parola e come concetto, dal greco. Dalla antica Grecia.

Nell’antica Grecia della cittá-stato, la polis, la politica (che proprio da polis deriva) consiste nell’attività di gestione e amministrazione della cosa pubblica per il bene della comunità, il che si lega necessariamente a doppio filo con l’esercizio del potere decisionale. Ossia il Potere con la P. Ma non solo, é bene sottolineare infatti che l’attività politica non si riduce alla politica attiva, ma anche all’espressione delle proprie opinioni per il miglioramento della societá in cui si vive. Ció include anche la protesta contro delle decisioni prese, o manifestazioni di qualsiasi tipo.

Giusto per non lasciare niente di scontato, lo Stato é semplicemente una convenzione, una delle tante, adottata dall’uomo e, come tale, una sua invenzione. Ci si accorge a un certo punto che gli uomini da soli non riescono in maniera efficace a soddisfare tutti i propri bisogni, percui decidono mettersi insieme, di organizzarsi e “firmare un contratto” (il cosiddetto contratto sociale) in cui tutti cedono una parte della loro libertà e del loro potere di autogestirsi (parte della loro sovranità) a un entità tutto sommato astratta, ma operata da uomini, che provvederà cosí meglio al bene di tutti. È bene ricordare quindi che l’unica ragione d’esistere di uno Stato è quindi perseguire il bene della comunità che lo compone, attraverso la soddisfazione di quei bisogni che i singoli individui non potrebbero soddisfare con la stessa efficacia. O perlomeno non tutti. Garantire cioé beni e servizi essenziali e minimi a tutti, quali cibo, energia, istruzione, sanità, trasporti e casa, verrebbe da dire. Poi sul come ci si puó mettere d’accordo.

La democrazia é infine solo un modo organizzare l’attività politica, un sistema escogitato per gestire e amministrare lo Stato. Non si tratta dell’unico sistema, né tantomeno del migliore in sé. Letteralmente significa che il potere lo esercita il popolo. Esiste anche un altro sistema in cui l’attivitá politica viene esercitata da un gruppo di persone, detto aristocrazia. Questo termine si é progressivamente usato sempre piú per descrivere un sistema in cui questo gruppo di persone viene scelto per diritto di nascita (i cosiddetti nobili) e non per meriti propri, come probabilmente in origine era. La degenerazione dell’aristocrazia é nota come oligarchia, in cui il gruppo al potere lo esercita non piú per il bene di tutta la società ma per il bene proprio. Esiste poi la monarchia in cui un solo individuo esercita il potere per il bene di tutti e la relativa degenerazione, la tirannia.

Bene. Detto ció, col tempo abbiamo deciso e accettato universalmente che ci conviene vivere in uno Stato, è che la democrazia é il sistema col quale lo vogliamo gestire. Quello che ci piace di piú per far politica. Perché ci sembra il piú giusto. Il fatto é che é una faticaccia farlo funzionare. Bella l’idea, peró serviva trovare un metodo per applicarla e si é dovuto, fin da subito, scendere a compromessi.

Si é dovuto delegare. La differenza introdotta qui é colossale, quasi paradossale. Nell’antica Grecia (ma anche nei comuni medievali italiani) la limitata dimensione dello Stato permetteva infatti quello che si conosce come democrazia diretta, ossia che tutti i cittadini si potessero riunire nella piazza principale della polis (l’agora) e partecipare nel processo decisionale. E quindi all’esercizio del potere pubblico.
Con l’estensione degli Stati al di fuori delle città questo é diventato semplicemente impossibile. Si é dovuto delegare. Non si tratta peró qui di contratto sociale, niente viene ceduto in maniera definitiva. Si delega l’esercizio del potere decisionale a dei rappresentanti eletti dal popolo periodicamente e temporalmente, che lo eserciteranno perseguendo gli interessi per cui il popolo li ha eletti. Nasce la democrazia rappresentativa. Ed é qui che le cose possono iniziare a distorcersi sensibilmente. È qui che bisogna rimanere svegli e vigili, perché le cose non entrino in putrefazione.

Va detto che la democrazia diretta era resa possibile anche dal fatto che una minima parte della popolazione di etá adulta era ammessa al suo esercizio (schiavi e donne ne erano tagliati fuori). Il passare del tempo ha favorito il fiorire delle democrazie moderne, caratterizzate dai principi di libertà, uguaglianza e fratellanza, di separazione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), suffragio generale, laicità dello Stato, fino alla necessitá di garantire l’esistenza di un quarto potere, una stampa libera e indipendente. È senza dubbio un bel progresso.
Vale peró come sempre la pena di farsi la domanda scomoda “si é forse raggiunta la perfezione?” Ovviamente no. Si è migliorato un sistema rendendolo applicabile a vasta scala, a popolazioni enormemente maggiori, ma é sotto gli occhi di tutti il fatto che questo sistema abbia in sé una inconfutabile tendenza alla corruzione. Al raggiungimento e perpetuazione di un’artistocrazia/oligarchia mascherata da democrazia.
Tanto piú quando la commistione con altri sistemi piú subdoli, come il sistema monetario dominato dalla logica del profitto a tutti i costi e controllato dal potere corporativo multinazionale, ne determinano il triste decadimento che oggi é sotto gli occhi di tutti.
Oggigiorno gli Stati sono costretti a servire il potere finanziario prima di soddisfare le necessità primarie dei propri cittadini. La politica é il braccio destro del corporativismo, strumento di perpetuazione di un sistema degenerato in cui non ci si ricorda nemmeno piú il senso o il perché delle parole. Questa politica nulla ha piú a che fare con il bene della società, é sempre piú solo uno strumento di controllo. Dandoci l’illusione di avere in mano il potere riesce a perseguire i propri scopi reali alla luce del sole, senza che nemmeno ce ne rendiamo conto. Ringraziando perfino. Contribuisce ogni giorno di píú alla corruzione morale della società e all’accumulazione delle ricchezze e dei benefici nelle mani di pochi. Pochissimi.

È ora di aprire gli occhi e dire basta. È ora di ripensare a come genstire il nostro potere.
A cominciare dal restituire il senso alle parole: Stato, politica, democrazia.

È stata una scelta necessaria, quella della democrazia rappresentativa, ma forse non lo é piú. Ogni sistema nasce, si sviluppa e muore in un contesto storico. Cambiano le condizioni di fondo, cambiano gli strumenti, cambiano le priorità, cambia il sistema. Il progresso, la sempre presente aspirazione dell’uomo all’innovazione e alla ricerca di soluzioni per vivere meglio, ci spinge ora a chiederci: la democrazia rappresentativa é oggi un sistema obsoleto?

Il progresso tecnico-scientifico ci ha resi spettatori di cambiamenti epocali nello spazio di appena qualche decina d’anni. Cambiamenti prima d’ora semplicemente inimmaginabili, fantascientifici. Lo sviluppo delle telecomunicazioni e internet hanno rivoluzionato il nostro modo di vivere. Contemporaneamente abbiamo assistito ad una sempre maggiore democratizzazione della tecnologia e all’aumento della scolarizzazione. L’informazione non é piú quella che era prima. La cultura non é piú quella che era prima. L’industria non é piú quella che era prima, con un’attenzione sempre maggiore per il mercato dei servizi. Il concetto stesso di relazione umana é radicalmente cambiato, con l’affermarsi sempre piú perentorio di modelli a rete sui vecchi modelli a cascata. Sistemi in cui tutti si é nodi di un qualcosa di globale, che trascende qualsiasi individualismo. Sistemi in cui ognuno di noi diventa consumatore e produttore allo stesso tempo. Viviamo nella società delle reti. Viviamo immersi in un mondo di informazione.
Abbiamo a nostra disposizione la maggior quantità di sapere che sia mai stata disponibile a qualsiasi essere umano. Ed é gratis, e viaggia alla velocità della luce. Abbiamo a disposizione sistemi che ci permettono capacità di analisi mai viste prima. Possiamo maneggiare moli di dati incredibili e con un minimo sforzo. Abbiamo a nostra disposizione sistemi che ci permettono di far sentire la nostra voce, di organizzarci, di scambiare idee e opinioni. Di avere una risonanza a livello globale, in un battito di ciglia. Sistemi in continua evoluzione. Sistemi di democratizzazione e di politica.

Cambiano le condizioni di fondo, cambiano gli strumenti, cambiano le priorità, cambia il sistema.

Possiamo finalmente avere un opinione informata su virtualmente qualsiasi argomento ci interessi. Possiamo scambiare idee e opinioni, modificarle e svilupparle attraverso una sorta di intelligenza collettiva. Possiamo contarci e organizzarci in tempo reale. Possiamo parlare del nostro futuro e prendere decisioni insieme. Possiamo fare politica. Possiamo riprenderci la democrazia diretta.

Oggi abbiamo gli strumenti, le possibilitá per farlo.

Non ne abbiamo forse anche bisogno?








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Un esempio: wikicrazia 2.0

Partiamo da alcune considerazioni piú dettagliate:

  •      Oggi deleghiamo il nostro potere decisionale a rappresentanti eletti, principalmente, sulla base di ideologie. Si tratta di persone che, pur in buona fede, come chiunque altro avranno delle competenze in qualche campo, ma mai in tutti. Si tratta altresí di persone che saranno chiamate a decidere e votare leggi di ogni tipo e argomento. Certo, si circonderanno di professionisti in ogni campo di interesse che li possano assistere laddove non abbiano competenze. È bene rendersi conto che non abbiamo nessun controllo su questi ultimi. Oggigiorno nello specifico non ne abbiamo nemmeno sui primi. Si tratta in ogni caso di persone privilegiate, che non hanno nessuna convenienza ad abbandonare questa condizione di privilegio da cui derivano tanti altri privilegi collaterali. Tutto lascia presupporre che sia facile lasciarsi corrompere dalla situazione (accadrebbe a chiunque probabilmente, l’occasione fa l’uomo ladro), emergendo la corruzione intrinseca di questo modello. 
  •  La stragrande maggioranza dei problemi che dobbiamo affrontare sono di natura tecnica, e come tali possono essere descritti e andrebbero affrontati. Per fare ció é necessario:
1.       competenza in materia
2.       assenza di conflitti di interesse volti al raggiungimento di benefici personali
3.       raccogliere quanta piú informazione possibile
4.       capacitá di analisi dei dati
5.       autoritá per prendere le decisioni per il bene di tutti

Va da sé che quanta piú competenza, quanta piú neutralitá, quanta piú informazione raccolta, quanta piú capacitá di analisi, migliori saranno le decisioni che si prederanno per risolvere qualsiasi problema.

·      I problemi vanno affrontati per risolverli e in maniera efficace. Ogni problema necessita competenze e un approccio diverso per essere risolto. È pertanto sciocco considerare come base comune per la risoluzione di tutti i problemi che uno Stato puó trovarsi ad affrontare una semplice linea ideologica. È anacronistico affidarsi a vecchie ideologie per risolvere problemi concreti, che andrebbero valutati caso per caso e non una volta per tutte ogni 4 anni.


Detto questo, credo che oggigiorno sia possibile implementare nella nostra società un sistema di democrazia diretta gestito informaticamente on-line, in cui ogni cittadino puó partecipare alla discussione e risoluzione dei problemi dello Stato e alla legiferazione in maniera volontaria e non retribuita. Niente privilegi, la partecipazione al bene della società é una ricompensa giá di per sé ampiamente sufficiente. Si limiterebbe in questo senso la spesa pubblica in questo settore, destinandone una quota alla gestione dei sistemi e delle infrastrutture informatiche necessarie.

In questo contesto consideriamo il fatto che internet consente l’accesso all’informazione. Come giá detto, ognuno puó farsi un opinione informata su qualunque tema gli possa interessare.

Internet inoltre ci permette di sviluppare il dibattito politico in modo che chiunque possa partecipare, organizzandolo per temi e contribuendo mano a mano allo sviluppo e miglioramento progressivo delle leggi in modo da considerare i punti positivi di ogni proposta.
Chiunque sia interessato a una qualunque problematica puó partecipare al dibattito, apportando competenze in materia o anche semplicemente senso comune. Qualcuno potrebbe partecipare anche solo per puro e semplice interesse. Tutti possono partecipare al dibattito politico, come in una vera democrazia. Questo avviene indipendentemente dalla professione o dalle competenze. Qui si verificherebbe infatti un fenomeno che potrebbe richiamare molto da vicino la selezione naturale darwiniana, chiamiamola selezione razionale:
Se non ho né le competenze né l’interesse nel discutere di un tema saró naturalmente incline a non farlo. Dopotutto non ci guadagno niente, lo farei investendo del tempo e a gratis. Potrei in ogni caso volerlo fare, e in questo caso puó succedere che quello che dico non abbia molta rilevanza. In questo caso gli altri partecipanti al dibattito me lo fanno notare e la questione é chiusa. È improbabile che torni a perdere tempo in questo modo, concentrandomi invece sulle questioni che ritengo di capire e cui credo di poter contribuire in qualche modo. Potrebbe comunque accadere che venendo dal di fuori del campo in discussione si abbia una visione meno “indottrinata” e piú fresca della questione, cosa che chi vi é immerso da tempo ha ormai perso, e che quindi sia comunque in grado di apportare un parere costruttivo al discorso.
Questo aggiunge una pluralitá di opinione alla discussione, arricchendola e garantendo allo stesso tempo un punto di vista olistico, generale e non di settore della questione. Di qualsiasi questione.

In ogni caso é la maggioranza a decidere, siamo in democrazia. Avendo chiunque la libertá di partecipare in qualsiasi discussione, siamo in una democrazia diretta.
Ogni decisione registrata in una legge sará presa perché votata dalla maggioranza dei partecipanti, ognuno dotato di firma elettronica. Ogni decisione sará presa perché motivata da basi tecniche. Qualora dovessero nascere conflitti di interesse, il carattere aperto del dibattito provvederá naturalmente a bilanciarli in favore del bene pubblico. L’unico conflitto d’interesse che passerebbe in una legge sarebbe necessariamente quello di interesse pubblico, proprio perché votato a maggioranza da tutti i componenti dello Stato.

Computer, basi di dati e sistemi informatici garantirebbero la gestione, l’elaborazione  e lo scambio di una tale quantitá di dati e informazioni, organizzandola e riducendo progressivamente il ventaglio delle alternative a disposizione, a seconda delle voltazioni a maggioranza degli utenti. Ogni alternativa avrá dei pro e dei contro, che verranno spiegati in maniera neutrale, squisitamente tecnica (non per questo avendo un linguaggio impossibile), il che selezionerá il relativo bacino di utenza tra quelli in grado di capire di cosa si sta parlando.

Ogni questione sará discussa partendo dal livello locale, deducendo poi leggi a livello piú generale ma lasciando per quanto possibile autonomia locale. È infatti a livello locale che si vive, le leggi a livello regionale o Statale servirebbero ad assolvere la funzione di garantire un sistema organico e ordinato di leggi, nonché una gestione economica unitaria.

Questo sistema ha l’enorme beneficio di riavvicinare l’uomo alla dimensione politica, di renderlo responsabile in prima persona di come funzionano le cose nella propria societá. Si tratta di un sistema volontario, non retribuito.
Sono convinto che dall’adozione di un sistema di questo tipo deriverebbe la diminuzione drastica dei conflitti d’interesse, diminuirebbe la corruzione, deriverebbe un maggior benessere sociale, maggior democrazia e un maggior rispetto per lo Stato, derivante da una partecipazione piú attiva.

Certo, é solo un idea. Va sicuramente migliorata (proprio in accordo con l’idea stessa!). Ad esempio in termini di tempi, procedure e modalità. Ma sono convinto che vale la pena lavorarci sopra per proporre un sistema alternativo di gestione della cosa pubblica, in cui le risorse (naturali e umane) sarebbero amministrate in maniera piú giusta, equa ed efficace.







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