Stronzate. Frasi prive di senso ripetute anche (e sopratutto) fuori
dal loro contesto, astratte e inconsistenti diventano familiari e rassicuranti,
prescindendo da ogni significato. Che lo sappiano o meno, perché non é scontato
che se ne rendano conto, tutti questi signori parlano per niente. Parlano di
niente. Quello che fanno é asservire come docili agnellini un disegno che va
oltre il tempo e lo spazio. Un disegno che parrebbe tracciato
machiavellicamente da persone molto piú colte e potenti, i famosi poteri
occulti. In mancanza di prove della loro esistenza, mi pare tuttavia lecito pensare
che siano il frutto di una sorta di intelligenza colletiva degenerativa, emersa
dall’evoluzione di una societá basata per decenni e sempre piú su paradigmi speculativi
tipici dell’economia di mercato. L’idea che la sussistenza sia da poveri, che
non sia in grado di garantire una sufficiente qualitá della vita. Qualitá della
vita peraltro sempre piú misurata in termini materiali, basata sulla
possessione di cose innecessarie ad una reale qualitá della vita, finti bisogni
creati ad arte che siamo disposti a lavorare 24 ore al giorno o a indebitarci a
vita per poterci garantire. Anni di doping consumistico e di capitalismo
sregolato che ci hanno inconsciamente costretto ad una vita, a ben guardarla, miserabile.
Ci preoccupiamo piú del domani che dell’oggi. L’idea che il surplus sia talmente
importante da immolare sull’altare di un futuro benessere l’ora e il qui. La
felicitá é costantemente posticipata, volutamente peraltro.
Adbichiamo quotidianamente al diritto ad una vita degna e di qualitá
(per noi stessi, senza andare a parare in paesi o situazioni lontane) sull’altare
di falsi miti creati ad arte. Siamo costantemente immersi nostro malgrado, e
spesso a nostra insaputa, in una comunicazione di massa mirata ad una
redistribuzione delle risorse (e della ricchezza) dal pubblico al privato,
privato sempre piú concentrato nelle mani di pochi non-eletti.
LA CENTRALIZZAZIONE DEL POTERE
Al potere si pensa ormai necessariamente come a qualcosa di
centralizzato. Qualcosa che risiede in una sede, nelle mani di qualcuno, o
comunque di pochi, ma mai nostre. Chiedetevi il perché. Politica, economia, energia
e risorse, perfino il sistema alimentare. Fanno tutti capo a un qualcuno, una
elite, che ha le chiavi in mano e che per quanto ci riguarda potrebbe anche decidere
di chiudere baracca e burattini quando le pare. Puó decidere per tutti, é l’assenza
di democrazia ad ogni livello della nostra vita. Abbiamo perso la stessa
concezione di decidere per noi stessi, di assicurarci in prima persona il
nostro benessere, cosí come pensiamo sia piú giusto. Siamo in ogni aspetto
della nostra vita in balia di cose che non controlliamo. Non siamo padroni di noi stessi.
In politica deleghiamo il nostro potere decisionale, ci hanno fatto
credere che sia una buona cosa e oggi come oggi accettiamo a tal punto da non
riuscire nemmeno ad immaginare sistemi alternativi. La soluzione, di fronte
alla corruzione dilagante della classe politica, é semplicemente quella di cambiare
le facce, di mischiare un po’ le carte. Non si guarda nemmeno alla causa, un
sistema percui il potere viene concentrato nelle mani di pochi, ma all’effetto:
i nomi di quei pochi.
Parlando di economia, nessuno ci capisce niente ormai, e si ripetono a
vanvera concetti che si sentono dire. Discorsi per gli addetti ai lavori e i
professori. E questo, chi ha in mano le redini dei mercati finanziari, lo sa
bene e sa di poter agire incontrastato. Sono loro il vero motore dell’economia
oggigiorno, svincolato totalmente dall’economia reale, quella che sarebbe funzionale
alla qualitá della vita delle persone. E gli va bene cosí, gli va bene che si
creino ad arte discussioni fasulle. Crea l’austeritá e ti pregheranno per crescere.
E crescita, lo sappiamo, significa soldi a palate per questa gente. Significa
depredazione di diritti e risorse, significa avvelenamento e violazione,
significa alienazione consumistica per il resto delle persone di questo
pianeta.
L’energia é prodotta in impianti enormi che soddisfano i bisogni di
tutta la popolazione. In alcuni casi (vedi impianti nucleari) devono essere persino
protetti dall’esercito. Lo stato decide per tutti anche qui. Se qualcosa
cambiasse, se qualcuno assumesse il controllo di questi impianti, potrebbe
mettere in ginocchio un'intera nazione nel giro di qualche ora. Le rinnovabili
sono osteggiate anche per questo, permetterebbero uno svincolamento da questa
dipendenza, la delocalizzazione della produzione elettrica che darebbe il via a
un sentimento di maggior autosufficienza. E per questo persino laddove si
affermano, sono perlopiú in mano dei privati, non della gente. Sono rari i casi
in cui siano le stesse comunitá a gestire impianti fotovoltaici o eolici. Specie
per i secondi, sono sempre piú posseduti da privati. A pensarci bene, é la
privatizzazione del vento come risorsa. Ma nessuno ci pensa bene a queste cose.
L’intera popolazione mondiale potrebbe autoalimentarsi se ognuno
coltivasse per sé un piccolo orto. Senza grande bisogno di manodopera,
attraverso tecniche tradizionali rispettose della natura, della sua stagionalitá,
della sua diversitá. Ri-adattando il nostro stile alimentare a quello che la
natura ci offre, non a quello che pretendiamo. Ci sarebbe molta meno incidenza
sulla produzione alimentare di fattori negativi come l’oscillazione dei prezzi
del petrolio (per fertilizzanti, pesticidi, macchine da lavoro e trasporti)
rispetto alla grande distribuzione basata sulle monoculture. L’apparente abbondanza
di oggi, figlia della grande distribuzione, é in realtá convertita in sprechi
da una parte e in impossibilitá di accesso dall’altra.
RADICAMENTO DELL’IMPOSSIBILITÁ DEL CAMBIAMENTO
Attraverso questo continuo lavaggio del cervello, attraverso la progressiva
e costante centralizzazione del potere, attraverso la denigrazione di un passato
piú sostenibile del presente, o degli stili di vita di quelle comunitá che
tuttora lo sono. É cosí che passa l’idea che siamo condannati a continuare a percorrere
questa strada. L’impossibilitá del cambiamento é figlia della radicazione nei nostri cuori e nelle nostre menti di stili di vita fasulli, scollegati dalla
natura e incontrollabili da parte nostra. Che ci rendono dipendenti da qualcosa
che non vediamo, pedine di un gioco che non conosciamo. Fragili e insicuri.
Meglio un male che conosciamo (o perlomeno crediamo di conoscere) che un
presunto bene lontano e sconosciuto.
Signore e signori, l’impossibilitá del cambiamento é una balla. Ma non
dobbiamo aspettarci che nessuno ce lo regali, quello no. Non dobbiamo nemmeno
sperare di arrivare al potere per poter cambiare le cose, sarebbe impossibile
stando alle regole del gioco che stiamo giocando. Il cambiamento parte dalle
cose trascurate e inutili. O meglio, quelle che ci passano come tali. Passa dal
vedere che in realtá non abbiamo bisogno di quello che ci dicono, ma di altro.
Dal capire che possiamo avere una vita davvero migliore, e che ce la meritiamo.
Tutti. E iniziando a perseguirla, nel nostro quotidiano e nel nostro piccolo.
Cambiando noi stessi e le nostre aspirazioni, il nostro stile di vita. E
condividendo la nostra esperienza con chiunque. Per farlo poi, un giorno, diventare
normale. Non é cosí difficile come sembra, c’é un mondo lá fuori che ha giá
iniziato a farlo. Il fatto che non ne abbiate sentito parlare, beh quella é
tutta un’altra storia.
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