Mettiamo in chiaro un paio di cose. Il compito di uno Stato é quello
di salvaguardare e promuovere il benestare dei suoi cittadini. Se non lo fa, viene
a mancare il motivo stesso della sua esistenza. Il che non significa caos,
significa semplicemente chiedersi se valga la pena considerare un altro tipo di
organizzazione, magari piú locale, magari di taglia ridotta, magari piú
solidale.
Nel caso italiano, i cittadini da salvaguardare sono i piú di 60
milioni da Trento a Ragusa, non solamente i pochi ricchi speculatori, i
cosiddetti poteri forti o le solite banche commerciali grazie ai quali ci
ritroviamo come ci ritroviamo. Attori di un sistema di sviluppo che,
semplicemente, non funziona e va cambiato. Un sistema di sviluppo basato sulla
crescita, sul libero mercato e sul commercio mondiale. Sulla finanza e sulla
speculazione. Sul mondo delle menzogne mascherate piú che sul mondo reale. Se
davvero vogliamo mettere i puntini sulle i, la prima cosa da fare é renderci
conto che – non lo si ripeterá mai abbastanza – si sono privatizzati i guadagni
mentre sono le perdite quelle che si stanno socializzando.
Mettiamo in chiaro un paio di cose. Quello che sta succedendo in
Europa é criminale, ma a ben vedere non é la prima volta che lo si fa. Sono
pratiche ben consolidate, é solo la prima volta che entrano nel giardinetto di
casa nostra. Prima erano lontane abbastanza da poterle ignorare e continuare a
vivere nella nostra bollla felice. Scene del genere sono state la quotidianità nei paesi del sud del mondo sin dal secondo dopoguerra. È una guerra mascherata,
senza armi ma pur sempre una guerra. E guerra significa principalmente guadagni,
per chi la fa. Guerra significa portare la distruzione sul territorio nemico, lontano
da casa propria.
Il meccanismo é molto semplice. Succede che qualcuno si rende conto
che il vicino scemo ha un’immensa ricchezza sotto i piedi e gliela vuole
fregare sotto il naso. Allora si studia una bella supercazzola per fargli
capire che, in realtá, lui lo puó aiutare ad usarla – quello si – per il bene
della propria gente. Allora il vicino scemo, che scemo non é ma magari solo ingenuo
e in buonafede, accetta e lascia entrare gli scagnozzi del vicino furbo in casa
sua. Viene fuori che sti lavori hanno un costo e che bisognerebbe ripagare chi
li fa, al che il vicino furbo ha un’idea brillante e solidale. Guarda non ti
preoccupare, dice al vicino scemo, io ti faccio i lavori e tu mi ripaghi con una
parte della stessa ricchezza che stiamo tirando fuori. Piú un certo interesse.
Finisce che in un modo o nell’altro il vicino scemo si lascia bucare e
insozzare tutto il giardino, tanto che i suoi bambini nemmeno ci possono piú giocare,
e tutto quello che tira fuori lo deve dare al vicino furbo per ripagare il
debito contratto. Ma non é abbastanza,
perché a quel punto i bambini - che non ci possono giocare piú nel giardino - qualcosa
dovranno pur fare, ma non si sa bene cosa. E allora arriva un amico del vicino
furbo – furbo anche lui – e dice senti, io ti presto dei soldi per montare
dietro casa tua un orticello di pomodori di superqualitá come se fosse antani, cosí
almeno i tuoi poveri bambini scemi possono tenersi indaffarati e tu poi pomodori
li puoi pure vendere al mercatino ai tuoi altri vicini. Che te ne pare? Vah,
visto che sono proprio buono, assieme alla fabbrica ti ci costruisco pure un
ospedale...lo so lo so, ma non mi devi ringraziare! Noi vicini furbi siamo
fatti cosí, abbiamo il cuore tenero. Ecco allora che il vicino scemo, dall’avere
un bel giardino su cui far giocare i suoi bambini belli contenti, si sta
indebitando due volte e con due vicini diversi – in combutta tra loro – in fin
dei conti per farsi distruggere il giardino lasciando tutta la sua ricchezza a
qualcun’altro e mettendo i suoi bambini a lavorare per tirar fuori tonnellate
di pomodori da vendere per due soldi a qualcun altro ancora. Il fatto é che per
ripagare sto debito che si é preso, i pomodori li deve vendere tutti e gli
rimangono appena due soldi per comprare quello che serve a lui e i suoi bambini
per campare. Morale della favola: il vicino scemo si trova costretto ad ammazzarsi
da coltivare pomodori, per poter ripagare il debito contratto coi vicini furbi
mentre questi gli fregano da sotto il naso la sua ricchezza e gli comprano i pomodori
per due soldi rivendendoli a tutti i supermercati del paese. Ma ancora non
basta, e siccome sto debito non si ripaga mai – gli interessi aumentano e
aumentano – i vicini furbi iniziano a fare gli scontenti e convincono il vicino
scemo che sti bambini scemi, insomma, potrebbero anche lavorare un po’ di piú e
smetterla di frignare tanto no? E allora via cosí... cornuti e mazziati.
Questa é la storia dei paesi del sud del mondo. Sostengono la nostra
economia e il nostro stile di vita sregolato e consumistico. Se nei
supermercati ormai si trova di tutto e costa sempre meno, il costo nascosto é
proprio il sudore della loro fronte, la fame dei loro figli e la falcidiazione
dei loro diritti. Il costo che non stiamo pagando é la loro vita, le loro tradizioni
e la loro cultura rubate. Sono costretti alle monoculture intensive che gli
lasciano poco o niente da mangiare perché devono vendere tutto sui mercati
internazionali, con la conseguenza che l’autosussistenza per queste persone é
ormai un sogno sbiadito, e che devono comprare tutto quello di cui hanno
bisogno – perfino ció che essi stessi producono – diventando soggetti alle
fluttuazioni dei mercati delle materie prime, che essi chiaramente non
controllano. Succede che alla fne della giostra, non hanno piú da mangiare. Sono
nostri schiavi.
Nel frattempo le grandi multinazionali saccheggiano le loro risorse
naturali traendone benefici incredibili che si volatilizzano sui mercati
finanziari senza passare in gran parte per l’economia reale, quella che da per
davvero da mangiare alla gente. Allo stesso tempo muovono i fili di organizzazioni
come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale, che prestano soldi agli
stessi paesi che sfruttano a tassi di interesse che rendono il debito
impagabile, pretendendo di influenzare le politiche di questi paesi per
umentarne la produttivitá a scapito dei diritti umani.
Quando si parla di politica capitalistica neo-liberista, si parla di
questo. Quando si parla di debito si
parla di questo. Quando si parla di poteri forti, si parla di questo. Si parla di
queste imprese che sfruttano la gente semplice, i cui vertici sono gli stessi
che controllano la finanza e la politica internazionale. Noi occidentali siamo
gli artefici di tutto questo, ed ora ci sta tornando indietro come un
boomerang.
Ormai infatti non basta piú sfruttare il
giardinetto di casa del vicino, non ce n’é piú abbastanza... come un cancro
impazzito, questo sistema si sta rivoltando alla gola stessa di chi gli dava da
respirare in passato. La cara vecchia Europa. Certo, iniziamo dalle periferie...
ogni infezione inizia dalle periferie, perché quando poi arriva al cuore, sopraggiunge
la morte. Iniziamo allora dai greci, dagli irlandesi, dai portoghesi, dagli
spagnoli, dagli italiani...
Rendiamo questa gente scema, in modo che siano sempre piú manipolabili.
In modo che credano alle nostre promesse fasulle. In modo che credano davvero
che vale la pena tenere duro e tirare la cinghia, perfino ritagliare i propri
diritti per un ipotetico futuro migliore. Diamogli il mito della crescita.
Facciamoli sognare. Facciamoli faticare e morire poco a poco, non chiamiamolo
sacrificio peró, qua serve una trovata nuova. Chiamiamolo austeritá, cosí
sembra che in realtá si stia solo correggendo una precedente attitudine sbagliata...
spreconi prima, austeri poi. Suona molto meglio che sovrani prima, schiavi poi.
Mettiamo in chiaro un paio di cose. Qui qualcuno muove i fili del gioco
e ci sta schiacciando. Poco conta dopotutto che ce ne rendiamo conto – come sempre
– solo adesso che arriva nel nostro giardinetto. I sintomi ci sono giá tutti:
agitare lo spettro del debito da ripagare, di uno Stato che Stato non é piú ma
diventa una impresa privata che per mancanza di guadagni deve contenere la spesa, del dover cedere
piú poteri all’Europa, del fare scarifici perché l’Europa ce lo chiede...
Tagli all’educazione per farci sempre piú scemi, controllo dei media
per darci a conoscere sempre meno, tagli alla sanitá per renderci piú deboli,
precariato lavorale per renderci schiavi ricattabili e privarci di ogni
futuro. Mito della crescita per
abbagliarci con qualcosa che non arriverá mai e che, in realtá, sarebbe anche
dannoso tornasse. Crescere, siamo giá cresciuti abbastanza. Anche troppo.
Come fare? Siamo davvero perduti? Mettiamo in chiaro un paio di cose,
io credo di no. Credo che questi signori che muovono i fili del mondo non
cambieranno mai, perché non gli conviene. Credo che siano sempre gli stessi sia
che guardi nel mondo economico e della finanza, nei consigli di amministrazione
delle grandi imprese, nelle banche, nelle organizzazioni sovranazionali, nella politica
di ogni colore. Credo peró, che questi signori sono morti senza di noi. Credo che
siamo noi che li teniamo in vita dopotutto, seguendo alla cieca quello che ci
dicono di fare, adottando lo stile di vita che vogliono per noi per continuare –
loro – a prosperare.
Credo che per risolvere un problema bisogna prima di tutto prenderne
coscienza, per cui facciamolo. Sebbene possano controllare i media, ancora non
possono controllare internet, sebbene ci stiano provando (vedi i tanti disegni
di legge che governi di tutto il mondo stanno cercando di far passare per
mascherare la censura come lotta alla pirateria e salvaguardia del diritto di
autore...SOPA, PIPA, ACTA e compagnia bella). E allora informiamoci e apriamo
gli occhi. E chiamiamo le cose col loro nome. Non austeritá, ma riduzione dei
dirittti civili e schiavismo mascherato. Pensiamo ad un altro mondo, in cui non
serva crescere per stare bene. Diventiamo autosufficienti il piú possibile,
perché la nostra vita torni ad essere nelle nostre mani, che sono le uniche che
davvero possiamo controllare.
E smettiamola, smettiamola, col consumismo sfrenato. Rendiamoci conto
che abbiamo nelle nostre mani il potere piú grande di tutti, il consumo
selettivo. Non ce ne rendiamo conto, ci sentiamo insignificanti di fronte a
poteri di questa invergatura, ma se davvero inziassimo a dirigere il nostro
consumo verso criteri piú responsabili... quello si che sarebbe un voto
importante. Un voto che potremmo esercitare piú volte al giorno, e non solo una
volta ogni 4 o 5 anni. Rendiamoci conto che abbiamo il potere di cambiare le
cose. Rendiamoci conto anche che questo potere, questa volontá, puó solo
venire dal basso. Dagli sfruttati, dai condannati alla miseria, da quelli che
credono scemi, dalle vite sprecate. Perché dall’alto non verrá mai, inutile
aspettare.
Mettiamo in chiaro un paio di cose. Io non sono disposto a lasciarmi
shiavizzare, e ho cominciato da qui. A parlare e condividere quello che penso e
quello che leggo. A documentarmi e cercare
di avere cura del mio comprtamento quotidiano, di quello che compro e di come
lo faccio. A fare di tutto per cercare di diventare meno dipendente da cose che
non posso controllare. La strada é lunga e faticosa, e la deriva utopica é
sempre lí, a portata di mano. Ma credo che sia l’alternativa piú reale che
abbiamo.
Mettiamo in chiaro un paio di cose. È finito il tempo di delegare le
proprie responsabilitá. Ognuno si prenda la sua. Ognuno sia consapevole e responsabile
delle proprie azioni. Ognuno si informi per capire cosa sta davvero succedendo.
E cosa é sempre successo.
Mettiamo in chiaro un paio di cose: non é niente di nuovo, ma questa
volta sta toccando a noi. E abbiamo il potere di fermarlo se davvero vogliamo.
Capire per agire.
Agire per cambiare.
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