sabato 28 aprile 2012

Mettiamo in chiaro un paio di cose


Mettiamo in chiaro un paio di cose. Il compito di uno Stato é quello di salvaguardare e promuovere il benestare dei suoi cittadini. Se non lo fa, viene a mancare il motivo stesso della sua esistenza. Il che non significa caos, significa semplicemente chiedersi se valga la pena considerare un altro tipo di organizzazione, magari piú locale, magari di taglia ridotta, magari piú solidale.
Nel caso italiano, i cittadini da salvaguardare sono i piú di 60 milioni da Trento a Ragusa, non solamente i pochi ricchi speculatori, i cosiddetti poteri forti o le solite banche commerciali grazie ai quali ci ritroviamo come ci ritroviamo. Attori di un sistema di sviluppo che, semplicemente, non funziona e va cambiato. Un sistema di sviluppo basato sulla crescita, sul libero mercato e sul commercio mondiale. Sulla finanza e sulla speculazione. Sul mondo delle menzogne mascherate piú che sul mondo reale. Se davvero vogliamo mettere i puntini sulle i, la prima cosa da fare é renderci conto che – non lo si ripeterá mai abbastanza – si sono privatizzati i guadagni mentre sono le perdite quelle che si stanno socializzando.

Mettiamo in chiaro un paio di cose. Quello che sta succedendo in Europa é criminale, ma a ben vedere non é la prima volta che lo si fa. Sono pratiche ben consolidate, é solo la prima volta che entrano nel giardinetto di casa nostra. Prima erano lontane abbastanza da poterle ignorare e continuare a vivere nella nostra bollla felice. Scene del genere sono state la quotidianità nei paesi del sud del mondo sin dal secondo dopoguerra. È una guerra mascherata, senza armi ma pur sempre una guerra. E guerra significa principalmente guadagni, per chi la fa. Guerra significa portare la distruzione sul territorio nemico, lontano da casa propria.
Il meccanismo é molto semplice. Succede che qualcuno si rende conto che il vicino scemo ha un’immensa ricchezza sotto i piedi e gliela vuole fregare sotto il naso. Allora si studia una bella supercazzola per fargli capire che, in realtá, lui lo puó aiutare ad usarla – quello si – per il bene della propria gente. Allora il vicino scemo, che scemo non é ma magari solo ingenuo e in buonafede, accetta e lascia entrare gli scagnozzi del vicino furbo in casa sua. Viene fuori che sti lavori hanno un costo e che bisognerebbe ripagare chi li fa, al che il vicino furbo ha un’idea brillante e solidale. Guarda non ti preoccupare, dice al vicino scemo, io ti faccio i lavori e tu mi ripaghi con una parte della stessa ricchezza che stiamo tirando fuori. Piú un certo interesse. Finisce che in un modo o nell’altro il vicino scemo si lascia bucare e insozzare tutto il giardino, tanto che i suoi bambini nemmeno ci possono piú giocare, e tutto quello che tira fuori lo deve dare al vicino furbo per ripagare il debito contratto.  Ma non é abbastanza, perché a quel punto i bambini - che non ci possono giocare piú nel giardino - qualcosa dovranno pur fare, ma non si sa bene cosa. E allora arriva un amico del vicino furbo – furbo anche lui – e dice senti, io ti presto dei soldi per montare dietro casa tua un orticello di pomodori di superqualitá come se fosse antani, cosí almeno i tuoi poveri bambini scemi possono tenersi indaffarati e tu poi pomodori li puoi pure vendere al mercatino ai tuoi altri vicini. Che te ne pare? Vah, visto che sono proprio buono, assieme alla fabbrica ti ci costruisco pure un ospedale...lo so lo so, ma non mi devi ringraziare! Noi vicini furbi siamo fatti cosí, abbiamo il cuore tenero. Ecco allora che il vicino scemo, dall’avere un bel giardino su cui far giocare i suoi bambini belli contenti, si sta indebitando due volte e con due vicini diversi – in combutta tra loro – in fin dei conti per farsi distruggere il giardino lasciando tutta la sua ricchezza a qualcun’altro e mettendo i suoi bambini a lavorare per tirar fuori tonnellate di pomodori da vendere per due soldi a qualcun altro ancora. Il fatto é che per ripagare sto debito che si é preso, i pomodori li deve vendere tutti e gli rimangono appena due soldi per comprare quello che serve a lui e i suoi bambini per campare. Morale della favola: il vicino scemo si trova costretto ad ammazzarsi da coltivare pomodori, per poter ripagare il debito contratto coi vicini furbi mentre questi gli fregano da sotto il naso la sua ricchezza e gli comprano i pomodori per due soldi rivendendoli a tutti i supermercati del paese. Ma ancora non basta, e siccome sto debito non si ripaga mai – gli interessi aumentano e aumentano – i vicini furbi iniziano a fare gli scontenti e convincono il vicino scemo che sti bambini scemi, insomma, potrebbero anche lavorare un po’ di piú e smetterla di frignare tanto no? E allora via cosí... cornuti e mazziati.
Questa é la storia dei paesi del sud del mondo. Sostengono la nostra economia e il nostro stile di vita sregolato e consumistico. Se nei supermercati ormai si trova di tutto e costa sempre meno, il costo nascosto é proprio il sudore della loro fronte, la fame dei loro figli e la falcidiazione dei loro diritti. Il costo che non stiamo pagando é la loro vita, le loro tradizioni e la loro cultura rubate. Sono costretti alle monoculture intensive che gli lasciano poco o niente da mangiare perché devono vendere tutto sui mercati internazionali, con la conseguenza che l’autosussistenza per queste persone é ormai un sogno sbiadito, e che devono comprare tutto quello di cui hanno bisogno – perfino ció che essi stessi producono – diventando soggetti alle fluttuazioni dei mercati delle materie prime, che essi chiaramente non controllano. Succede che alla fne della giostra, non hanno piú da mangiare. Sono nostri schiavi.
Nel frattempo le grandi multinazionali saccheggiano le loro risorse naturali traendone benefici incredibili che si volatilizzano sui mercati finanziari senza passare in gran parte per l’economia reale, quella che da per davvero da mangiare alla gente. Allo stesso tempo muovono i fili di organizzazioni come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale, che prestano soldi agli stessi paesi che sfruttano a tassi di interesse che rendono il debito impagabile, pretendendo di influenzare le politiche di questi paesi per umentarne la produttivitá a scapito dei diritti umani.
Quando si parla di politica capitalistica neo-liberista, si parla di questo.  Quando si parla di debito si parla di questo. Quando si parla di poteri forti, si parla di questo. Si parla di queste imprese che sfruttano la gente semplice, i cui vertici sono gli stessi che controllano la finanza e la politica internazionale. Noi occidentali siamo gli artefici di tutto questo, ed ora ci sta tornando indietro come un boomerang.
Ormai infatti non basta piú sfruttare il giardinetto di casa del vicino, non ce n’é piú abbastanza... come un cancro impazzito, questo sistema si sta rivoltando alla gola stessa di chi gli dava da respirare in passato. La cara vecchia Europa. Certo, iniziamo dalle periferie... ogni infezione inizia dalle periferie, perché quando poi arriva al cuore, sopraggiunge la morte. Iniziamo allora dai greci, dagli irlandesi, dai portoghesi, dagli spagnoli, dagli italiani...
Rendiamo questa gente scema, in modo che siano sempre piú manipolabili. In modo che credano alle nostre promesse fasulle. In modo che credano davvero che vale la pena tenere duro e tirare la cinghia, perfino ritagliare i propri diritti per un ipotetico futuro migliore. Diamogli il mito della crescita. Facciamoli sognare. Facciamoli faticare e morire poco a poco, non chiamiamolo sacrificio peró, qua serve una trovata nuova. Chiamiamolo austeritá, cosí sembra che in realtá si stia solo correggendo una precedente attitudine sbagliata... spreconi prima, austeri poi. Suona molto meglio che sovrani prima, schiavi poi.

Mettiamo in chiaro un paio di cose. Qui qualcuno muove i fili del gioco e ci sta schiacciando. Poco conta dopotutto che ce ne rendiamo conto – come sempre – solo adesso che arriva nel nostro giardinetto. I sintomi ci sono giá tutti: agitare lo spettro del debito da ripagare, di uno Stato che Stato non é piú ma diventa una impresa privata che per mancanza di guadagni deve contenere la spesa, del dover cedere piú poteri all’Europa, del fare scarifici perché l’Europa ce lo chiede...
Tagli all’educazione per farci sempre piú scemi, controllo dei media per darci a conoscere sempre meno, tagli alla sanitá per renderci piú deboli, precariato lavorale per renderci schiavi ricattabili e privarci di ogni futuro.  Mito della crescita per abbagliarci con qualcosa che non arriverá mai e che, in realtá, sarebbe anche dannoso tornasse. Crescere, siamo giá cresciuti abbastanza. Anche troppo.

Come fare? Siamo davvero perduti? Mettiamo in chiaro un paio di cose, io credo di no. Credo che questi signori che muovono i fili del mondo non cambieranno mai, perché non gli conviene. Credo che siano sempre gli stessi sia che guardi nel mondo economico e della finanza, nei consigli di amministrazione delle grandi imprese, nelle banche, nelle organizzazioni sovranazionali, nella politica di ogni colore. Credo peró, che questi signori sono morti senza di noi. Credo che siamo noi che li teniamo in vita dopotutto, seguendo alla cieca quello che ci dicono di fare, adottando lo stile di vita che vogliono per noi per continuare – loro – a prosperare.
Credo che per risolvere un problema bisogna prima di tutto prenderne coscienza, per cui facciamolo. Sebbene possano controllare i media, ancora non possono controllare internet, sebbene ci stiano provando (vedi i tanti disegni di legge che governi di tutto il mondo stanno cercando di far passare per mascherare la censura come lotta alla pirateria e salvaguardia del diritto di autore...SOPA, PIPA, ACTA e compagnia bella). E allora informiamoci e apriamo gli occhi. E chiamiamo le cose col loro nome. Non austeritá, ma riduzione dei dirittti civili e schiavismo mascherato. Pensiamo ad un altro mondo, in cui non serva crescere per stare bene. Diventiamo autosufficienti il piú possibile, perché la nostra vita torni ad essere nelle nostre mani, che sono le uniche che davvero possiamo controllare.
E smettiamola, smettiamola, col consumismo sfrenato. Rendiamoci conto che abbiamo nelle nostre mani il potere piú grande di tutti, il consumo selettivo. Non ce ne rendiamo conto, ci sentiamo insignificanti di fronte a poteri di questa invergatura, ma se davvero inziassimo a dirigere il nostro consumo verso criteri piú responsabili... quello si che sarebbe un voto importante. Un voto che potremmo esercitare piú volte al giorno, e non solo una volta ogni 4 o 5 anni. Rendiamoci conto che abbiamo il potere di cambiare le cose. Rendiamoci conto anche che questo potere, questa volontá, puó solo venire dal basso. Dagli sfruttati, dai condannati alla miseria, da quelli che credono scemi, dalle vite sprecate. Perché dall’alto non verrá mai, inutile aspettare.

Mettiamo in chiaro un paio di cose. Io non sono disposto a lasciarmi shiavizzare, e ho cominciato da qui. A parlare e condividere quello che penso e quello che leggo.  A documentarmi e cercare di avere cura del mio comprtamento quotidiano, di quello che compro e di come lo faccio. A fare di tutto per cercare di diventare meno dipendente da cose che non posso controllare. La strada é lunga e faticosa, e la deriva utopica é sempre lí, a portata di mano. Ma credo che sia l’alternativa piú reale che abbiamo.

Mettiamo in chiaro un paio di cose. È finito il tempo di delegare le proprie responsabilitá. Ognuno si prenda la sua. Ognuno sia consapevole e responsabile delle proprie azioni. Ognuno si informi per capire cosa sta davvero succedendo. E cosa é sempre successo.

Mettiamo in chiaro un paio di cose: non é niente di nuovo, ma questa volta sta toccando a noi. E abbiamo il potere di fermarlo se davvero vogliamo.

Capire per agire.

Agire per cambiare.



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