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sabato 28 aprile 2012

Mettiamo in chiaro un paio di cose


Mettiamo in chiaro un paio di cose. Il compito di uno Stato é quello di salvaguardare e promuovere il benestare dei suoi cittadini. Se non lo fa, viene a mancare il motivo stesso della sua esistenza. Il che non significa caos, significa semplicemente chiedersi se valga la pena considerare un altro tipo di organizzazione, magari piú locale, magari di taglia ridotta, magari piú solidale.
Nel caso italiano, i cittadini da salvaguardare sono i piú di 60 milioni da Trento a Ragusa, non solamente i pochi ricchi speculatori, i cosiddetti poteri forti o le solite banche commerciali grazie ai quali ci ritroviamo come ci ritroviamo. Attori di un sistema di sviluppo che, semplicemente, non funziona e va cambiato. Un sistema di sviluppo basato sulla crescita, sul libero mercato e sul commercio mondiale. Sulla finanza e sulla speculazione. Sul mondo delle menzogne mascherate piú che sul mondo reale. Se davvero vogliamo mettere i puntini sulle i, la prima cosa da fare é renderci conto che – non lo si ripeterá mai abbastanza – si sono privatizzati i guadagni mentre sono le perdite quelle che si stanno socializzando.

Mettiamo in chiaro un paio di cose. Quello che sta succedendo in Europa é criminale, ma a ben vedere non é la prima volta che lo si fa. Sono pratiche ben consolidate, é solo la prima volta che entrano nel giardinetto di casa nostra. Prima erano lontane abbastanza da poterle ignorare e continuare a vivere nella nostra bollla felice. Scene del genere sono state la quotidianità nei paesi del sud del mondo sin dal secondo dopoguerra. È una guerra mascherata, senza armi ma pur sempre una guerra. E guerra significa principalmente guadagni, per chi la fa. Guerra significa portare la distruzione sul territorio nemico, lontano da casa propria.
Il meccanismo é molto semplice. Succede che qualcuno si rende conto che il vicino scemo ha un’immensa ricchezza sotto i piedi e gliela vuole fregare sotto il naso. Allora si studia una bella supercazzola per fargli capire che, in realtá, lui lo puó aiutare ad usarla – quello si – per il bene della propria gente. Allora il vicino scemo, che scemo non é ma magari solo ingenuo e in buonafede, accetta e lascia entrare gli scagnozzi del vicino furbo in casa sua. Viene fuori che sti lavori hanno un costo e che bisognerebbe ripagare chi li fa, al che il vicino furbo ha un’idea brillante e solidale. Guarda non ti preoccupare, dice al vicino scemo, io ti faccio i lavori e tu mi ripaghi con una parte della stessa ricchezza che stiamo tirando fuori. Piú un certo interesse. Finisce che in un modo o nell’altro il vicino scemo si lascia bucare e insozzare tutto il giardino, tanto che i suoi bambini nemmeno ci possono piú giocare, e tutto quello che tira fuori lo deve dare al vicino furbo per ripagare il debito contratto.  Ma non é abbastanza, perché a quel punto i bambini - che non ci possono giocare piú nel giardino - qualcosa dovranno pur fare, ma non si sa bene cosa. E allora arriva un amico del vicino furbo – furbo anche lui – e dice senti, io ti presto dei soldi per montare dietro casa tua un orticello di pomodori di superqualitá come se fosse antani, cosí almeno i tuoi poveri bambini scemi possono tenersi indaffarati e tu poi pomodori li puoi pure vendere al mercatino ai tuoi altri vicini. Che te ne pare? Vah, visto che sono proprio buono, assieme alla fabbrica ti ci costruisco pure un ospedale...lo so lo so, ma non mi devi ringraziare! Noi vicini furbi siamo fatti cosí, abbiamo il cuore tenero. Ecco allora che il vicino scemo, dall’avere un bel giardino su cui far giocare i suoi bambini belli contenti, si sta indebitando due volte e con due vicini diversi – in combutta tra loro – in fin dei conti per farsi distruggere il giardino lasciando tutta la sua ricchezza a qualcun’altro e mettendo i suoi bambini a lavorare per tirar fuori tonnellate di pomodori da vendere per due soldi a qualcun altro ancora. Il fatto é che per ripagare sto debito che si é preso, i pomodori li deve vendere tutti e gli rimangono appena due soldi per comprare quello che serve a lui e i suoi bambini per campare. Morale della favola: il vicino scemo si trova costretto ad ammazzarsi da coltivare pomodori, per poter ripagare il debito contratto coi vicini furbi mentre questi gli fregano da sotto il naso la sua ricchezza e gli comprano i pomodori per due soldi rivendendoli a tutti i supermercati del paese. Ma ancora non basta, e siccome sto debito non si ripaga mai – gli interessi aumentano e aumentano – i vicini furbi iniziano a fare gli scontenti e convincono il vicino scemo che sti bambini scemi, insomma, potrebbero anche lavorare un po’ di piú e smetterla di frignare tanto no? E allora via cosí... cornuti e mazziati.
Questa é la storia dei paesi del sud del mondo. Sostengono la nostra economia e il nostro stile di vita sregolato e consumistico. Se nei supermercati ormai si trova di tutto e costa sempre meno, il costo nascosto é proprio il sudore della loro fronte, la fame dei loro figli e la falcidiazione dei loro diritti. Il costo che non stiamo pagando é la loro vita, le loro tradizioni e la loro cultura rubate. Sono costretti alle monoculture intensive che gli lasciano poco o niente da mangiare perché devono vendere tutto sui mercati internazionali, con la conseguenza che l’autosussistenza per queste persone é ormai un sogno sbiadito, e che devono comprare tutto quello di cui hanno bisogno – perfino ció che essi stessi producono – diventando soggetti alle fluttuazioni dei mercati delle materie prime, che essi chiaramente non controllano. Succede che alla fne della giostra, non hanno piú da mangiare. Sono nostri schiavi.
Nel frattempo le grandi multinazionali saccheggiano le loro risorse naturali traendone benefici incredibili che si volatilizzano sui mercati finanziari senza passare in gran parte per l’economia reale, quella che da per davvero da mangiare alla gente. Allo stesso tempo muovono i fili di organizzazioni come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale, che prestano soldi agli stessi paesi che sfruttano a tassi di interesse che rendono il debito impagabile, pretendendo di influenzare le politiche di questi paesi per umentarne la produttivitá a scapito dei diritti umani.
Quando si parla di politica capitalistica neo-liberista, si parla di questo.  Quando si parla di debito si parla di questo. Quando si parla di poteri forti, si parla di questo. Si parla di queste imprese che sfruttano la gente semplice, i cui vertici sono gli stessi che controllano la finanza e la politica internazionale. Noi occidentali siamo gli artefici di tutto questo, ed ora ci sta tornando indietro come un boomerang.
Ormai infatti non basta piú sfruttare il giardinetto di casa del vicino, non ce n’é piú abbastanza... come un cancro impazzito, questo sistema si sta rivoltando alla gola stessa di chi gli dava da respirare in passato. La cara vecchia Europa. Certo, iniziamo dalle periferie... ogni infezione inizia dalle periferie, perché quando poi arriva al cuore, sopraggiunge la morte. Iniziamo allora dai greci, dagli irlandesi, dai portoghesi, dagli spagnoli, dagli italiani...
Rendiamo questa gente scema, in modo che siano sempre piú manipolabili. In modo che credano alle nostre promesse fasulle. In modo che credano davvero che vale la pena tenere duro e tirare la cinghia, perfino ritagliare i propri diritti per un ipotetico futuro migliore. Diamogli il mito della crescita. Facciamoli sognare. Facciamoli faticare e morire poco a poco, non chiamiamolo sacrificio peró, qua serve una trovata nuova. Chiamiamolo austeritá, cosí sembra che in realtá si stia solo correggendo una precedente attitudine sbagliata... spreconi prima, austeri poi. Suona molto meglio che sovrani prima, schiavi poi.

Mettiamo in chiaro un paio di cose. Qui qualcuno muove i fili del gioco e ci sta schiacciando. Poco conta dopotutto che ce ne rendiamo conto – come sempre – solo adesso che arriva nel nostro giardinetto. I sintomi ci sono giá tutti: agitare lo spettro del debito da ripagare, di uno Stato che Stato non é piú ma diventa una impresa privata che per mancanza di guadagni deve contenere la spesa, del dover cedere piú poteri all’Europa, del fare scarifici perché l’Europa ce lo chiede...
Tagli all’educazione per farci sempre piú scemi, controllo dei media per darci a conoscere sempre meno, tagli alla sanitá per renderci piú deboli, precariato lavorale per renderci schiavi ricattabili e privarci di ogni futuro.  Mito della crescita per abbagliarci con qualcosa che non arriverá mai e che, in realtá, sarebbe anche dannoso tornasse. Crescere, siamo giá cresciuti abbastanza. Anche troppo.

Come fare? Siamo davvero perduti? Mettiamo in chiaro un paio di cose, io credo di no. Credo che questi signori che muovono i fili del mondo non cambieranno mai, perché non gli conviene. Credo che siano sempre gli stessi sia che guardi nel mondo economico e della finanza, nei consigli di amministrazione delle grandi imprese, nelle banche, nelle organizzazioni sovranazionali, nella politica di ogni colore. Credo peró, che questi signori sono morti senza di noi. Credo che siamo noi che li teniamo in vita dopotutto, seguendo alla cieca quello che ci dicono di fare, adottando lo stile di vita che vogliono per noi per continuare – loro – a prosperare.
Credo che per risolvere un problema bisogna prima di tutto prenderne coscienza, per cui facciamolo. Sebbene possano controllare i media, ancora non possono controllare internet, sebbene ci stiano provando (vedi i tanti disegni di legge che governi di tutto il mondo stanno cercando di far passare per mascherare la censura come lotta alla pirateria e salvaguardia del diritto di autore...SOPA, PIPA, ACTA e compagnia bella). E allora informiamoci e apriamo gli occhi. E chiamiamo le cose col loro nome. Non austeritá, ma riduzione dei dirittti civili e schiavismo mascherato. Pensiamo ad un altro mondo, in cui non serva crescere per stare bene. Diventiamo autosufficienti il piú possibile, perché la nostra vita torni ad essere nelle nostre mani, che sono le uniche che davvero possiamo controllare.
E smettiamola, smettiamola, col consumismo sfrenato. Rendiamoci conto che abbiamo nelle nostre mani il potere piú grande di tutti, il consumo selettivo. Non ce ne rendiamo conto, ci sentiamo insignificanti di fronte a poteri di questa invergatura, ma se davvero inziassimo a dirigere il nostro consumo verso criteri piú responsabili... quello si che sarebbe un voto importante. Un voto che potremmo esercitare piú volte al giorno, e non solo una volta ogni 4 o 5 anni. Rendiamoci conto che abbiamo il potere di cambiare le cose. Rendiamoci conto anche che questo potere, questa volontá, puó solo venire dal basso. Dagli sfruttati, dai condannati alla miseria, da quelli che credono scemi, dalle vite sprecate. Perché dall’alto non verrá mai, inutile aspettare.

Mettiamo in chiaro un paio di cose. Io non sono disposto a lasciarmi shiavizzare, e ho cominciato da qui. A parlare e condividere quello che penso e quello che leggo.  A documentarmi e cercare di avere cura del mio comprtamento quotidiano, di quello che compro e di come lo faccio. A fare di tutto per cercare di diventare meno dipendente da cose che non posso controllare. La strada é lunga e faticosa, e la deriva utopica é sempre lí, a portata di mano. Ma credo che sia l’alternativa piú reale che abbiamo.

Mettiamo in chiaro un paio di cose. È finito il tempo di delegare le proprie responsabilitá. Ognuno si prenda la sua. Ognuno sia consapevole e responsabile delle proprie azioni. Ognuno si informi per capire cosa sta davvero succedendo. E cosa é sempre successo.

Mettiamo in chiaro un paio di cose: non é niente di nuovo, ma questa volta sta toccando a noi. E abbiamo il potere di fermarlo se davvero vogliamo.

Capire per agire.

Agire per cambiare.



domenica 19 febbraio 2012

Quel corpo estraneo che manipola le nostre vite


Nel mondo esistono le persone. Quelle vere intendo, perché sappiamo bene come qualcuno ad un certo punto si sia inventato quelle giuridiche. Le persone giuridiche non sono persone per davvero, ma organizzazioni di persone o di beni che sono soggetti all’ordinamento giuridico cosí come se fossero persone in carne ed ossa. Tra di esse spiccano quelle che perseguono fini economici. Detto in parole povere, quelle che vogliono fare soldi. Sono le societá, o – in inglese – corporations.

Una qualsiasi persona, non credo di sottolinearlo mai abbastanza, ha dei bisogni primari da soddisfare per poter vivere. Ma non si riduce per questo ad un mero sistema con flussi in entrata ed uscita. Siamo emozionalmente e intellettualmente complessi, con possibilitá incredibili e per la maggior parte ancora inesplorate. Siamo organismi meravigliosi e perfetti. Viviamo in societá perché abbiamo imparato a perseguire il bene comune in modo da poterne beneficiare tutti, ben al di lá di quello che potremmo ottenere individualmente. Si chiama cooperazione. Insieme il potenziale umano é esponenzialmente maggiore che non da soli. E abbiamo un codice di principi che tutti siamo chiamati ad osservare. Non sto parlando delle leggi qui, quelle sono semplicemente parole messe nero su bianco in qualche lingua e relative a un qualche contesto socio-culturale. No, sto parlando dei principi etici e morali che contraddistinguono l’essere umano. Rispetto per la vita, giustizia, equitá, amore per il prossimo, empatia. E tanti altri. Le persone non sono semplicemente soggetti del diritto, sono molto di piú.

Le corporations, invece, no. Le corporations sono letteralmente un cancro del nostro sistema. L’immagine é volutamente forte, ma del tutto vera e ora cercheró di spiegare perché.
Come detto l’obbiettivo delle corporations é quello di fare soldi. Punto. Nascono inizialmente come organizzazioni di persone, che magari si conoscono pure e condividono quello che le persone vere possono condividere – siano ideali, sogni, aspirazioni, visioni per il futuro o persino (non c’é niente di male qui) un modello di business, ossia come fare soldi. Il fatto é che smettono presto di esserlo. Il fatto é che la loro stessa ragione di esistere ne determina la degenerazione in un organismo a sé stante, completamente fuori controllo rispetto ai fondatori o a chiunque altro. Il modello su cui si basano é ben noto nella nostra societá capitalista, dove le corporations assumono un ruolo di primissimo piano, ossia la massimizzazione del profitto. Semplicemente, non esiste nient’altro. Si tratta letteralmente di un Frankenstein fatto di pezzetti di migliaia di persone che prende vita autonoma e nella sua lotta disperata per guadagnare sempre piú soldi finisce per stritolare quelle stesse persone che gli hanno dato la vita... e dato che c’é anche tutti gli altri. Non esiste responsabilitá per una corporation. La responsabilitá é delle persone che vi lavorano o la dirigono, ma la corporation come entitá a sé - come persona giuridica se vogliamo - non deve rispondere a nient’altro se non alla domanda: sei riuscita a creare piú soldi di quelli che hai investito? Si o no. Tutto il resto é noia. Noia come le beghe ambientali. Noia come lo sfruttamento del lavoro, minorile o sottopagato che sia. Noia come il rispetto dei principi etici e morali di qualsiasi societá civile. Noia come la tutela della salute umana. Noia come il rispetto per vita stessa. Non esiste nient’altro per una corporation che non sia fare piú soldi di quelli che ha giá. È stata disegnata cosí e fa, molto bene peraltro, quello che le é stato detto. Massimizzare il profitto.

Ora, la metafora del cancro é assolutamente azzeccata per due motivi. Il primo, come giá detto, é dovuto al fatto che non avendo limiti nel perseguire il suo unico obbiettivo, la corporation non ha dubbi nel distruggere lo stesso organismo che la ospita, ossia la societá umana e il pianeta Terra. E qui é interessante analizzare lo strumento di cui si avvale, strumento del tutto originale e quasi geniale a pensarlo bene: l’esternalitá. Esternalitá é un termine orribile che rende peró alla perfezione l’idea di come agiscono le corporations per massimizzare il profitto. Per massimizzare il profitto occorre vendere di piú, e nel nostro sistema questo non puó che voler dire una cosa: abbassare il prezzo. Attenzione, ho detto prezzo, non costo. Il prezzo é quello che noi paghiamo quando compriamo beni o servizi, il costo rappresenta in un certo senso lo sforzo che si é dovuto fare per produrli. Ora, se il prezzo di vendita é inferiore al costo, ci dev’essere qualcosa che puzza sotto. Nel senso che la parte del costo che non stiamo direttamente pagando noi che lo compriamo, lo sta sicuramente pagando qualcun’altro. O magari lo stiamo pagando noi stessi a nostra insaputa. Sono le esternalitá, ossia il dirottare parte del costo a qualcosa di esterno al prezzo. Un paio di esempi per capirci meglio. Se mi si dice che l’energia nucleare costa poco (un esempio a caso...), in realtá mi si sta nascondendo dalla bolletta il costo ambientale e per la salute umana che rappresenta smaltire tonnellate di rifiuti radioattivi per millenni e non si sa dove. Quello é un costo che non paghiamo direttamente, ma paghiamo con la salute nostra e dei nostri discendenti (ho detto discendenti e non figli o nipoti). O ancora, quasi tutti i beni prodotti oggigiorno sono fabbricati in paesi lontani dove la manodopera costa pochissimo. Qualcuno potrebbe dire che é il costo stesso della vita in questi paesi che é molto basso, ma in realtá si tratta di puro e semplice sfruttamento del lavoro – una forma moderna di schivismo – senza contare il fatto delle tonnellate di emissioni contaminanti e gas serra che si porta dietro il trasporto di questi prodotti su distanze enormi. Chi la paga quella parte del costo se non la paghi tu “utilizzatore finale”? In genere le esternalitá rappresentano un costo diffuso per la salute umana, per l’ambiente, per i diritti civili e per la qualitá della vita di tutti. Sono costi di produzione non pagati in denaro, ma pagati con quanto di piú caro abbiamo al mondo, la nostra stessa vita. Ecco come fanno i soldi le corporations. Ecco perché sono un cancro.

Ma la conseguenza di questo sistema é anche un altra: l’estrema competizione e il cannibalismo corporativo. Massimizzare il profitto significa infatti fare meglio del tuo rivale. E se ci riesci tu ti ingigantirai, mentre lui morirá. Arriverá il momento in cui sará talmente disperato che potrai arrivare a fagocitarlo, ingrandendoti sempre di piú, acquisendo sempre nuove quote di mercato. Conviene peró mantenerlo nascosto, in modo da far sembrare che nella favola del mercato libero esista per davvero la concorrenza. In realtá questo sistema porta alla creazione di mega-conglomerati di corporazioni che altro non sono se non cartelli o in alcuni casi veri e propri monopoli, col risultato che il profitto cresce vertiginosamente nel momento in cui sei l’unico attore sulla scena a poter decidere davvero il prezzo per un certo tipo di prodotto. il cancro si ingigantisce sempre di piú, e prende il nome di multinazionale. Con l’aumentare delle proporzioni della corporation, ne aumentano esponenzialmente anche gli effetti negativi. Se fino ad un certo punto infatti puó esistere un certo, flebile, legame con la realtá del proprio territorio, nel momento in cui il cancro esonda e si espande al di fuori di esso ogni vincolo etico e morale rimane un lontano ricordo. Ecco perché hanno ragione quelli che non mangiano McDonalds. Ecco cosa c’é dietro alle compagnie petrolifere. Ecco cosa sono per davvero le mega-corporations che ci circondano ogni giorno. Ecco perché ci vogliono stupidi e non vogliono lasciarci ragionare, perché altrimenti le vedremmo per quello che sono: un cancro per l’umanitá. E magari decideremmo di non comprarne piú i prodotti. Magari, ci ribelleremmo ad essere semplici burattini. Magari smetteremmo di seguire la moda, o non ci lasceremmo piú infarcire la testa di idiozie futili dalla pubblicitá. Magari torneremmo a badare al sodo, a quel poco che ci serve veramente per vivere felici.

Fateci caso, prendete un qualsiasi prodotto e la sua marca. Andate a fare una ricerca su internet sui proprietari di quella marca. Sono altre corporations. Corporations che hanno fagocitato altre corporations. Risalendo all’indietro potreste spaventarvi nel vedere la quantitá di vincoli di potere delle piú grandi tra le istituzioni private del nostro tempo. Potreste spaventarvi nel realizzare che le mani che muovono per davvero i fili del mondo sono davvero pochissime. E se li passano a vicenda tra di loro. E non sono mani governative, non sono mani elette da nessuno. Sono mani che non devono rendere conto a niente e nessuno se non alla loro regola d’oro: massimizzare il profitto.

Non sono mani umane. Non sono persone. Con loro non si puó ragionare. Sono un cancro. Sono le corporations.



Vivi libero, conosci il tuo presente.


Immagina il futuro che vorresti.





martedì 31 gennaio 2012

Recuperiamo la nostra sovranitá alimentare


Siamo abituati, soprattutto quelli che vivono nelle grandi cittá, all’impersonalitá. Si esiste solo come numero, come dato statistico. Si esiste a malapena anche per i propri vicini. Si esiste solamente per i propri amici e per la propria famiglia, in qualche caso.
Quando cammini per strada nessuno nemmeno ti vede, sei un fantasma. Troppa gente. Troppe facce. Non dico che non ci sia la curiositá di conoscere le altre persone, semplicemente in molti casi manca l’opportunitá. Manca il tempo. Si corre. Tutti, si corre. Ma dove si corre? Si corre a lavorare, perché bisogna arrivare a fine mese, bisogna guadagnarsi in qualche modo il pane per vivere. E poi anche una serie di altre cose che ci hanno detto ci rendereanno felici. E quando non si corre a lavorare? Si corre da qualche altra parte, perché dopo lavorare di tempo per il resto ne resta poco, e bisogna pur sfruttarlo al massimo.
Una società asettica, in cui non ci si mischia piú, in cui non si condivide nulla. In cui si preferisce immergersi in uno schermo da 3 pollici piuttosto che parlare con chiunque del mare di persone in cui sei immerso. Si ha paura. Qualcuno potrebbe prenderti per pazzo, sentirsi importunato.
Non é tutto cosí, certamente. Sto esagerando le cose. Ma é solo per fare capire il punto della questione. Impersonaitá. Asetticismo. Sterilizzazione. Ma é tutto di facciata. Sotto questa pellicola trasparente continua a vivere la stessa gente di sempre. Continua il bisogno di contatto umano, continua il calore, continua la passione e la voglia di raccontare, di condividere e di farsi due grasse risate. Il mondo sotto una pellicola trasparente.
Voglio prendere ad esempio di questa situazione un ambiente che tutti conosciamo perfettamente. Un paradigma della nostra societá urbana: il supermercato. Senza volermi addentrare nei meandri dei centri commerciali, per caritá, fermiamoci al supermercato alimentare.

Siamo quello che mangiamo.

Ci hanno insegnato che i supermercati sono una bella cosa. Si ha tutto a portata di mano. Si ha tutto a basso costo. Sono puliti e affidabili. Devono rispettare norme igieniche ben precise. Abbiamo sostituito le facce delle persone per le marche. Se una volta, lo possono solo immaginare o ricordare vagamente dalla mia infanzia, si andava a comprare il coniglio dalla Marisa perché ce l’aveva buono, o la verdura dalla Gina perché c’aveva un gran sapore...oggi le stesse cose ce le dice una scatola piena di immagini che parlano; ci dice di prendere quello e quell’altro, e noi ci crediamo e ce le andiamo a cercare nei banchi del supermercato. E cosí sia.
Viene fuori un giorno che ci hanno un po’ fregato con sta storia. A qualcuno gli viene in  mente che per avere tutto a cosí poco e nello stesso posto e in tutti i posti contemporaneamente ci dev’essere sotto un’inghippo. E allora viene fuori che invece che tirar su i conigli come faceva la Marisa, o coltivare la terra come faceva la Gina, qualcuno ha iniziato a metterci dentro della roba chimica. Oppure li ingozza tutto il giorno senza farli muovere. Insomma riesce a far crescere tutto piú veloce, frutta verdura animali pesci...tutto. E poi viene fuori anche che sono un po’ costretti a fare cosí, visto che per averceli ovunque i loro prodotti, e per costarci poco noi, bisogna trasportarli in giro un bel po’...e son costi. Costi che qualcuno dovrá pur pagare, e allora perché tutti guadagnino tutti guadagnano meno. E per non rimetterci troppo l’unica cosa che gli viene in mente ai produttori é di produrre piú veloce. E allora si scopre che quella roba chimica é un grande aiuto. Se prima gli pagavano 100 per 10, adesso gli pagano sempre 100, ma per 100. Noi non ce ne accorgiamo mica, la nostra scatola parlante non ci dice niente e continuiamo a comprare tutto come se niente fosse, contenti di pagare meno di quanto abbiamo mai pagato e di avere tutto in ogni momento. Il problema peró é che sto sistema finisce per strozzarlo al contadino. Perché succede che la terra non gli produce piú come prima, e allo stesso tempo quei signori che gli vengono a prendere il raccolto per trasportarlo e distribuirlo gli hanno detto che invece che 100 lo possono pagare solo 96, perché ormai tutti pagano cosí. Cosa vuoi che faccia il povero contadino? Comprare ancora piú di quella robaccia chimica e iniziare a produrre 104...si entra in un circolo vizioso. Produrre sempre di piú per garantire prezzi sempre bassi contribuisce a impoverire sempre di piú la terra. Nel frattempo, mentre noi ci abituiamo a prezzi bassi e non ci sognamo neanche lontanamente di pagare di piú, la qualitá dei prodotti diminuisce. Perché tanto il conigilo quanto i pomodori a crescere piú in fretta hanno meno tempo per assimilare bene i nutrienti che gli servono, e per questo hanno bisogno delle loro droghe chimiche o ormonali per essere venduti in tempo. Succede anche un’altra cosa curiosa: nel frattempo ci dimentichiamo che in realtá non é neanche vero che i prezzi sono poi cosí bassi, visto che quello che si pagava direttamente alla Marisa e alla Gina adesso gliene diamo un po’ anche a chi trasporta, a chi gestisce e a chi gestisce chi gestisce.  Per farla corta, meno qualitá, meno sano, piú caro, meno giusto per chi lo produce. Cornuti e mazziati.

Allora qualcuno si stufa e dice che torna a fare come si faceva una volta. Nasce la produzione biologica. Roba da matti. Come se esistesse un altro tipo di produzione. In inglese é ancora meglio, perché si chiama organica. Come se il resto che ci mangiamo fossero sassi. Ma vi rendete conto che ci stanno rubando anche le parole? Ci prendono in giro continuamente e noi accettiamo ciecamente tutto. Secondo me dovrebbero chiamarsi semplicemente produzione naturale e produzione industriale, o chimica, o sporca che ne so. Fatto sta che dalla buona intenzione con cui nasce, la produzione biologica dsi trasforma, come no, in business. Gli affari li fanno peró, ancora una volta, i grandi produttori e le catene di distribuzione. Quelli che sicuramente non fanno affari sono i cosidetti consumatori. Badate bene a questa parola: consumatori. Cioé coloro che consumano. Macchine da consumo. Coloro che altro scopo non hanno che consumare. Ci stanno rincoglionendo con le parole e noi non ce ne rendiamo conto.
Fatto sta che per mangiare qualcosa come dio comanda, adesso bisogna spendere 3 volte quello che si spende per mangiare prodotti piena di roba chimica che in alcuni casi nemmeno sappiamo. Perdipiú siamo arrivati al controsenso che ci costa di meno mangiare verdura prodotta in Cina che non a 100 metri da casa nostra. C’é ben poca gente che se ne rende conto quando va al supermercato.

Il fatto é che il supermercato, paradigma della nostra vita, é completamente impersonale. Quello che vediamo sono solo i prodotti. Ma non sappiamo cosa c’é dietro. Non vediamo le centinaia di litri di carburante spesi per trasportarlo. Non vediamo lo spreco di energia e di materiali che c’é dietro ad ogni imballaggio. Spreco perché totalmente inutile: fino a 3 imballaggi consecutivi tra scatoloni, scatole e busta di plastica che hanno sin dal momento della loro progettazione e creazione una sola destinazione: la spazzatura immediata. Nonostante questo produrli costa un enorme quantitá di energia e materiali. Idiozia industriale. Asetticismo. Come quello che i rassicuranti pavimenti piastrellati dei supermercati ci fanno sognare. Igiene e pulizia come sinonimo di qualitá. Poi non sappiamo le zucchine che compriamo come ci finiscono dentro a quelle confezioni di polistirolo e pellicola di plastica. Come vengono maneggiate. Non abbiamo minimamente idea dei processi di raccolta, immagazzinamento, trasporto e distribuzione a livello industriale. Le sole parole faticano ad assumere un significato concreto per chi non vi é in qualche modo familiarizzato, sono solo concetti.

Arrivati a questo punto, mi sembra chiaro come sia dal punto di vita energetico, sia della salvaguardia delle risorse e dell’ambiente, sia etico, i prodotti biologici (se vogliamo chiamarli cosí), soprattutto quando locali, oltre che materia organica contengono anche molto piú buonsenso.
Rimane peró spesso lo scoglio del prezzo. Ed é qui che stanno nascendo iniziative veramente interessanti.

A Bologna l’associazione Campi Aperti (http://www.autistici.org/campiaperti/) ha iniziato con una serie di mercati di quartiere in cui gli agricoltori e produttori locali vendono direttamente i loro prodotti. Altre iniziative simili si stanno sviluppando in tutta Italia e anche all’estero. Non si tratta di fiere agroalimetari di prodotti tipici, ma di veri e propri mercati dove la gente puó fare la spesa. Il vantaggio é che i produttori, saltando tutti i processi intermedi, possono vendere ad un prezzo finale piú basso pur riuscendo ad avere un guadagno maggiore. Niente follie, semplicemente un guadagno giusto, che gli permette di andare avanti e mantenersi con quello che fanno. Per chi compra il vantaggio é finalmente di avere cibi piú sani e prodotti in maniera piú etica e giusta, anche in cittá. In questo caso chiunque puó diventare ago della bilancia, rivoltando in faccia al sistema che mette il profitto prima dell’etica e della nostra stessa salute il grande potere che sta alla base del suo stesso funzionamento: il potere d’acquisto. Evolvendo da consumatori a consumatori critici, scegliamo che vogliamo certi prodotti piuttosto che altri, tagliando tutto quello che, in mezzo, non serve.
Tutti abbiamo produzioni locali vicino a casa nostra, che senso ha comprare gli stessi prodotti quando vengono da centinaia o migliaia di km di distanza? E soprattutto, che senso ha pagarli di meno?! Il buonsenso significa pagare quello che veramente vale la pena, ossia la qualitá. Il buonsenso significa sostenere i piccoli produttori che lavorano la terra e allevano gli animali rispettandoli, rispettando cosí la vita stessa. Il buonsenso nasce nel capire che vale la pena produrre e consumare localmente, anche perché in questo modo le risorse e la ricchezza circoleranno all’interno della nostra comunitá, facendo girare l’economia locale per quanto possibile, e non quella globale di cui non abbiamo alcun controllo. Il buonsenso sta nel capire che se un giorno per qualche decisione sciagurata dovessero aumentare i prezzi del petrolio improvvisamente (cosa che peraltro prima o poi succederá comunque, rassegnatevi), i nostri signori biologici non batterebbero ciglio mentre i grandi supermercati si svuoterebbero di colpo. Il buonsenso sta nel recuperare la nostra sovranitá alimentare, ossia essere padroni di cosa mangiamo. Poter decidere che lo vogliamo sano, di qualitá, da produzione etica e a un prezzo giusto. Nel poter decidere a chi comprarlo. Nel recuperare anche il contatto umano che abbiamo perso.

L’alimentazione é una necessitá primaria per l’uomo, forse la piú importante in assoluto. Il cibo si potrebbe anche intendere come la medicina che prendiamo a piú dosi nella nostra vita (circa 3 volte al giorno ogni giorno), perció forse vale la pena pensarci. Qualcuno lo sa bene quanto sia fondamentale, percui ha messo in piedi un sistema per controllarla e guadagnarci un sacco di soldi a spese della nostra salute e della nostra qualitá di vita. Sono le multinazionali e le grandi distribuzioni alimentari. Chi prova a fare le cose in maniera diversa fa fatica a continuare a lungo. Possimo decidere quale dei due sistemi supportare. La scelta é solo nostra.

Recuperiamo la nostra sovranitá alimentare. Anche questa é una questione di democrazia. Decidiamo come vivere. Decidiamo cosa é importante.




Per chi volesse approfondire consiglio questo film: Genuino Clandestino