Siamo abituati, soprattutto quelli che vivono nelle grandi cittá, all’impersonalitá.
Si esiste solo come numero, come dato statistico. Si esiste a malapena anche
per i propri vicini. Si esiste solamente per i propri amici e per la propria
famiglia, in qualche caso.
Quando cammini per strada nessuno nemmeno ti vede, sei un fantasma.
Troppa gente. Troppe facce. Non dico che non ci sia la curiositá di conoscere
le altre persone, semplicemente in molti casi manca l’opportunitá. Manca il
tempo. Si corre. Tutti, si corre. Ma dove si corre? Si corre a lavorare, perché
bisogna arrivare a fine mese, bisogna guadagnarsi in qualche modo il pane per vivere.
E poi anche una serie di altre cose che ci hanno detto ci rendereanno felici. E
quando non si corre a lavorare? Si corre da qualche altra parte, perché dopo
lavorare di tempo per il resto ne resta poco, e bisogna pur sfruttarlo al
massimo.
Una società asettica, in cui non ci si mischia piú, in cui non si
condivide nulla. In cui si preferisce immergersi in uno schermo da 3 pollici
piuttosto che parlare con chiunque del mare di persone in cui sei immerso. Si
ha paura. Qualcuno potrebbe prenderti per pazzo, sentirsi importunato.
Non é tutto cosí, certamente. Sto esagerando le cose. Ma é solo per
fare capire il punto della questione. Impersonaitá. Asetticismo.
Sterilizzazione. Ma é tutto di facciata. Sotto questa pellicola trasparente
continua a vivere la stessa gente di sempre. Continua il bisogno di contatto
umano, continua il calore, continua la passione e la voglia di raccontare, di condividere
e di farsi due grasse risate. Il mondo sotto una pellicola trasparente.
Voglio prendere ad esempio di questa situazione un ambiente che tutti
conosciamo perfettamente. Un paradigma della nostra societá urbana: il
supermercato. Senza volermi addentrare nei meandri dei centri commerciali, per
caritá, fermiamoci al supermercato alimentare.
Siamo quello che mangiamo.
Ci hanno insegnato che i supermercati sono una bella cosa. Si ha tutto
a portata di mano. Si ha tutto a basso costo. Sono puliti e affidabili. Devono
rispettare norme igieniche ben precise. Abbiamo sostituito le facce delle
persone per le marche. Se una volta, lo possono solo immaginare o ricordare
vagamente dalla mia infanzia, si andava a comprare il coniglio dalla Marisa
perché ce l’aveva buono, o la verdura dalla Gina perché c’aveva un gran
sapore...oggi le stesse cose ce le dice una scatola piena di immagini che
parlano; ci dice di prendere quello e quell’altro, e noi ci crediamo e ce le
andiamo a cercare nei banchi del supermercato. E cosí sia.
Viene fuori un giorno che ci hanno un po’ fregato con sta storia. A
qualcuno gli viene in mente che per
avere tutto a cosí poco e nello stesso posto e in tutti i posti
contemporaneamente ci dev’essere sotto un’inghippo. E allora viene fuori che invece
che tirar su i conigli come faceva la Marisa, o coltivare la terra come faceva
la Gina, qualcuno ha iniziato a metterci dentro della roba chimica. Oppure li
ingozza tutto il giorno senza farli muovere. Insomma riesce a far crescere
tutto piú veloce, frutta verdura animali pesci...tutto. E poi viene fuori anche
che sono un po’ costretti a fare cosí, visto che per averceli ovunque i loro
prodotti, e per costarci poco noi, bisogna trasportarli in giro un bel po’...e
son costi. Costi che qualcuno dovrá pur pagare, e allora perché tutti
guadagnino tutti guadagnano meno. E per non rimetterci troppo l’unica cosa che
gli viene in mente ai produttori é di produrre piú veloce. E allora si scopre
che quella roba chimica é un grande aiuto. Se prima gli pagavano 100 per 10,
adesso gli pagano sempre 100, ma per 100. Noi non ce ne accorgiamo mica, la
nostra scatola parlante non ci dice niente e continuiamo a comprare tutto come
se niente fosse, contenti di pagare meno di quanto abbiamo mai pagato e di
avere tutto in ogni momento. Il problema peró é che sto sistema finisce per
strozzarlo al contadino. Perché succede che la terra non gli produce piú come
prima, e allo stesso tempo quei signori che gli vengono a prendere il raccolto
per trasportarlo e distribuirlo gli hanno detto che invece che 100 lo possono
pagare solo 96, perché ormai tutti pagano cosí. Cosa vuoi che faccia il povero
contadino? Comprare ancora piú di quella robaccia chimica e iniziare a produrre
104...si entra in un circolo vizioso. Produrre sempre di piú per garantire
prezzi sempre bassi contribuisce a impoverire sempre di piú la terra. Nel frattempo,
mentre noi ci abituiamo a prezzi bassi e non ci sognamo neanche lontanamente di
pagare di piú, la qualitá dei prodotti diminuisce. Perché tanto il conigilo
quanto i pomodori a crescere piú in fretta hanno meno tempo per assimilare bene
i nutrienti che gli servono, e per questo hanno bisogno delle loro droghe
chimiche o ormonali per essere venduti in tempo. Succede anche un’altra cosa
curiosa: nel frattempo ci dimentichiamo che in realtá non é neanche vero che i
prezzi sono poi cosí bassi, visto che quello che si pagava direttamente alla
Marisa e alla Gina adesso gliene diamo un po’ anche a chi trasporta, a chi
gestisce e a chi gestisce chi gestisce.
Per farla corta, meno qualitá, meno sano, piú caro, meno giusto per chi
lo produce. Cornuti e mazziati.
Allora qualcuno si stufa e dice che torna a fare come si faceva una
volta. Nasce la produzione biologica. Roba da matti. Come se esistesse un altro
tipo di produzione. In inglese é ancora meglio, perché si chiama organica. Come
se il resto che ci mangiamo fossero sassi. Ma vi rendete conto che ci stanno
rubando anche le parole? Ci prendono in giro continuamente e noi accettiamo
ciecamente tutto. Secondo me dovrebbero chiamarsi semplicemente produzione
naturale e produzione industriale, o chimica, o sporca che ne so. Fatto sta che
dalla buona intenzione con cui nasce, la produzione biologica dsi trasforma,
come no, in business. Gli affari li fanno peró, ancora una volta, i grandi
produttori e le catene di distribuzione. Quelli che sicuramente non fanno
affari sono i cosidetti consumatori. Badate
bene a questa parola: consumatori. Cioé coloro che consumano. Macchine da
consumo. Coloro che altro scopo non hanno che consumare. Ci stanno
rincoglionendo con le parole e noi non ce ne rendiamo conto.
Fatto sta che per mangiare qualcosa come dio comanda, adesso bisogna
spendere 3 volte quello che si spende per mangiare prodotti piena di roba
chimica che in alcuni casi nemmeno sappiamo. Perdipiú siamo arrivati al
controsenso che ci costa di meno mangiare verdura prodotta in Cina che non a
100 metri da casa nostra. C’é ben poca gente che se ne rende conto quando va al
supermercato.
Il fatto é che il supermercato, paradigma della nostra vita, é
completamente impersonale. Quello che vediamo sono solo i prodotti. Ma non
sappiamo cosa c’é dietro. Non vediamo le centinaia di litri di carburante spesi
per trasportarlo. Non vediamo lo spreco di energia e di materiali che c’é
dietro ad ogni imballaggio. Spreco perché totalmente inutile: fino a 3
imballaggi consecutivi tra scatoloni, scatole e busta di plastica che hanno sin
dal momento della loro progettazione e creazione una sola destinazione: la
spazzatura immediata. Nonostante questo produrli costa un enorme quantitá di
energia e materiali. Idiozia industriale. Asetticismo. Come quello che i
rassicuranti pavimenti piastrellati dei supermercati ci fanno sognare. Igiene e
pulizia come sinonimo di qualitá. Poi non sappiamo le zucchine che compriamo
come ci finiscono dentro a quelle confezioni di polistirolo e pellicola di
plastica. Come vengono maneggiate. Non abbiamo minimamente idea dei processi di
raccolta, immagazzinamento, trasporto e distribuzione a livello industriale. Le
sole parole faticano ad assumere un significato concreto per chi non vi é in
qualche modo familiarizzato, sono solo concetti.
Arrivati a questo punto, mi sembra chiaro come sia dal punto di vita
energetico, sia della salvaguardia delle risorse e dell’ambiente, sia etico, i
prodotti biologici (se vogliamo chiamarli cosí), soprattutto quando locali, oltre
che materia organica contengono anche molto piú buonsenso.
Rimane peró spesso lo scoglio del prezzo. Ed é qui che stanno nascendo
iniziative veramente interessanti.
A Bologna l’associazione Campi Aperti (http://www.autistici.org/campiaperti/)
ha iniziato con una serie di mercati di quartiere in cui gli agricoltori e
produttori locali vendono direttamente i loro prodotti. Altre iniziative simili
si stanno sviluppando in tutta Italia e anche all’estero. Non si tratta di
fiere agroalimetari di prodotti tipici, ma di veri e propri mercati dove la
gente puó fare la spesa. Il vantaggio é che i produttori, saltando tutti i
processi intermedi, possono vendere ad un prezzo finale piú basso pur riuscendo
ad avere un guadagno maggiore. Niente follie, semplicemente un guadagno giusto,
che gli permette di andare avanti e mantenersi con quello che fanno. Per chi compra
il vantaggio é finalmente di avere cibi piú sani e prodotti in maniera piú etica
e giusta, anche in cittá. In questo caso chiunque puó diventare ago della
bilancia, rivoltando in faccia al sistema che mette il profitto prima dell’etica
e della nostra stessa salute il grande potere che sta alla base del suo stesso funzionamento:
il potere d’acquisto. Evolvendo da consumatori a consumatori critici, scegliamo che vogliamo certi prodotti
piuttosto che altri, tagliando tutto quello che, in mezzo, non serve.
Tutti abbiamo produzioni locali vicino a casa nostra, che senso ha
comprare gli stessi prodotti quando vengono da centinaia o migliaia di km di
distanza? E soprattutto, che senso ha pagarli di meno?! Il buonsenso significa
pagare quello che veramente vale la pena, ossia la qualitá. Il buonsenso
significa sostenere i piccoli produttori che lavorano la terra e allevano gli
animali rispettandoli, rispettando cosí la vita stessa. Il buonsenso nasce nel
capire che vale la pena produrre e consumare localmente, anche perché in questo
modo le risorse e la ricchezza circoleranno all’interno della nostra comunitá,
facendo girare l’economia locale per quanto possibile, e non quella globale di
cui non abbiamo alcun controllo. Il buonsenso sta nel capire che se un giorno per
qualche decisione sciagurata dovessero aumentare i prezzi del petrolio improvvisamente
(cosa che peraltro prima o poi succederá comunque, rassegnatevi), i nostri signori
biologici non batterebbero ciglio mentre i grandi supermercati si svuoterebbero
di colpo. Il buonsenso sta nel recuperare la nostra sovranitá alimentare, ossia
essere padroni di cosa mangiamo. Poter decidere che lo vogliamo sano, di
qualitá, da produzione etica e a un prezzo giusto. Nel poter decidere a chi
comprarlo. Nel recuperare anche il contatto umano che abbiamo perso.
L’alimentazione é una necessitá primaria per l’uomo, forse la piú
importante in assoluto. Il cibo si potrebbe anche intendere come la medicina
che prendiamo a piú dosi nella nostra vita (circa 3 volte al giorno ogni
giorno), perció forse vale la pena pensarci. Qualcuno lo sa bene quanto sia
fondamentale, percui ha messo in piedi un sistema per controllarla e
guadagnarci un sacco di soldi a spese della nostra salute e della nostra
qualitá di vita. Sono le multinazionali e le grandi distribuzioni alimentari. Chi
prova a fare le cose in maniera diversa fa fatica a continuare a lungo. Possimo
decidere quale dei due sistemi supportare. La scelta é solo nostra.
Recuperiamo la nostra sovranitá alimentare. Anche questa é una
questione di democrazia. Decidiamo come vivere. Decidiamo cosa é importante.
Per chi volesse approfondire consiglio questo film: Genuino Clandestino
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