Il tempo, come ormai è comunemente accettato, è relativo. Relativo in
molti sensi. Einstein ci spiega che piú rapidamente ci muoviamo, piú il tempo
si dilata in sé. Passa piú lentamente. Concetto per lo piú teorico, di cui
abbiamo scarso riscontro nella nostra vita quotidiana, ma che é pur sempre lí. Un
fenomeno fisico in sé e uguale per tutti che potremmo definire, con buona pace
di Einstein, assoluto.
La dilatazione del tempo peró, a livello umano, é soprattutto psico-emozionale.
Un qualcosa, questo, che tutti abbiamo sperimentato in prima persona.
Dilatazione qualitativo-quantitativa. Un processo, questo, estremamente
relativo.
Potremmo allora dire che sono le nostre azioni e le circostanze in cui
ci troviamo a cambiare il tempo. Ne cambiano il corso e ne cambiano la
sostanza. Sentiamo di averne di piú o di meno e lo viviamo in maniera diversa.
È forse vero anche il contrario? Puó il tempo influenzare le nostre
azioni? Direi proprio di si e, ancora, in piú di un senso. Se intendiamo il
tempo in maniera assoluta come il tappeto rosso che si srotola davanti a noi,
quale in effetti é, quello che possiamo conoscere solo all’indietro e vivere
solo in avanti, allora é evidente che non ci comportiamo di certo nello stesso
modo in cui ci si comportava, ad esempio, nel Medio Evo. Se invece lo
interpretiamo in maniera relativa, allora é anche vero che non ci comportiamo
nello stesso modo nemmeno al sapere di avere un minuto o 10 ore per fare qualcosa.
Le nostre azioni, intese come azioni della collettività, hanno avuto lungo
la storia enormi conseguenze. Non hanno in questo caso modificato il tempo in
sé, che continua inesorabile il suo corso come ha sempre fatto; hanno peró modificato
la nostra societá e il modo in cui vediamo il mondo. L’insieme delle
inevitabili conseguenze che ogni azione porta con sé ha modificato la nostra
concezione del tempo in cui viviamo e, di conseguenza, il nostro modo di vivere
in esso. Necessariamente, ogni nuovo tempo ha poi portato con sé azioni
diverse, nuove anch’esse. É la storia dell’evoluzione e del progresso della
nostra societá nel tempo, la stessa che ci spinge costantemente a cambiare il modo
in cui agiamo e vediamo il mondo.
Le nostre azioni influenzano il tempo. Il tempo influenza le nostre
azioni.
Le nostre azioni influenzano le nostre azioni.
Il trascorrere del tempo porta con sè avvenimenti e novità, scoperte e
idee. Una nuova concezione della societá e della natura che ci circonda. Un
nuovo rapporto con la spiritualitá e una nuova scienza. Nuovi rapporti
interpersonali, nuove esigenze e nuove paure. Una nuova visione del mondo e
concezione del nostro ruolo di suoi coinquilini privilegiati. Un nuovo
paradigma comunemente accettato da tutti per descrivere il complesso e
intricato insieme di relazioni in cui viviamo, nel cui ci muoviamo.
Tutto cambia, con il tempo. Tutto cambia, perché non riusciamo a stare
fermi. Siamo inesorabilmente mossi da qualcosa, qualcosa che ci spinge a fare
meglio di prima, a cercare nuove soluzioni per vivere meglio o anche per il
puro e semplice piacere della scoperta e della conoscienza. Siamo nomadi, non
ci accontentiamo mai.
Il sistema in cui ci organizziamo si è costantemente evoluto fino ad arrivare
qui, oggi. Ma al percorrere la linea del tempo si vede quel che si ha alle
spalle ma non quel che si ha davanti, credendo spesso di essere arrivati. Che
non ci sia niente di nuovo piú. Accade peró, spesso non senza sorpresa, che quella
linea si allunga ancora un po’, e un altro po’ ancora...e cosí continua,
sempre.
L’uomo si é sempre organizzato in una qualche struttura sociale, per
sopravvivere. Da ognuna di essa é inevitabilmente emerso un certo gruppo di
persone che, per qualitá o meriti fuori dalla norma, si é assunta la
responsabilitá di guidare gli altri verso un cammino sicuro. Organizzazione
della societá e leadership. La cosiddetta classe dirigente, quelli che, in un
modo o nell’altro, reggono il potere tra le dita.
Ogni sistema ha prodotto una classe
simile salvo poi, seguendo l’inevitabile corso della storia e del tempo,
abbandonarla nel momento in cui nuove forze e pulsioni hanno prodotto un
cambiamento sostanziale nel sistema di cui quella classe dirigente era
l’espressione. Curiosamente, si tratta spesso e volentieri di qualcosa
originatosi e all’esterno della classe dirigente stessa. La classe dirigente,
il gruppo dei potenti, per definizione, tende ad autoperpetuarsi. Tende a
rimanere al potere. Con o senza malizia. Vuoi perché non vedano il cambiamento,
vuoi perché non lo accettino. Vuoi perché vogliano rimanere al potere,
dimenticandosi del motivo per cui ci sono arrivati: servire gli altri per via
delle proprie capacitá fuori dalla norma. Si tratta spesso di una degenerazione
di qualcosa di nobile in qualcosa che suona molto come “il potere per il potere”. Da che mondo é mondo il sistema stabilito
si é potuto cambiare solo grazie a spinte provenienti dall’esterno della classe
dirigente di quello stesso sistema. A volte in modo sommamente violento e
tragico. A volte meno. Sempre e comunque obbediendo all’ineluttabile pulsione
umana che ci richiede, gridando, progresso.
Ma che cos’é il progresso? Significa forse modernizzazione? Significa
fare piú soldi? Significa fare di piú con meno? Progresso significa un qualche
insieme di azioni volte al miglioramento della condizione di vita umana.
Si puó parlare di progresso tecnologico, scientifico, ecnomico, sociale etc...
La naturale sete di progresso, intrinseca nell’uomo, ci ha sempre
spinto verso il cambio. Ineluttabilmente, il cambiamento arriva. Lo si voglia o
no. E tende ad arrivare per mano di chi non beneficia piú di tanto del sistema
attuale, normalmente gli stessi ad avere piú urgenza nel cambiarlo. Non si
tratta forse di qualcosa di particolarmente nobile. Il potere corrompe
chiunque. Forse si tratta di mera causalitá. Chi non ha, vuole; chi ha giá, non
vuole cedere.
Considerando l’inesorabilitá del cambiamento, che ci accompagna da
sempre, emerge il fatto che niente é giusto o sbagliato in sé e per sé, ma
andrebbe sempre giudicato nel suo contesto storico, socio-economico,
tecnico-scientifico. Tutto é relativo. La migliore opzione 100 anni fa probabilmente
non lo é piú ora, visto il progresso maturato in questo lasso di tempo. Vale
allora la pena fare qualche domanda:
- Quali sono i tratti salienti che caratterizzano il sistema in cui viviamo? Sono adatti al nostro tempo, sia in termini di esigenze che di possibilità? Ovvero, questo sistema é in grado di soddisfare le esigenze dell’umanitá del giorno d’oggi? Si avvale di tutti gli strumenti che migliaia di anni di progresso gli mettono ogni giorno a disposizione? Ma soprattutto, sta usando adeguatamente le incredibili possibilitá che il vertiginoso progresso tecnico-scientifico degli ultimi 100 anni, seguendo un andamento esponenziale, gli continua a fornire giorno dopo giorno?
- Crediamo esista un’alternativa migliore a questo sistema? Con alternativa non intendo dire andare a vivere sulla Luna, ma un’alternativa concreta, attuabile, percorribile ma sostanziale all’architettura che permea la nostra visione del mondo.
- Cosa sta facendo l’attuale classe dirigente per preservare il proprio potere, al giorno d’oggi? Se il progresso esiste davvero, forse hanno in mano gli strumenti piú potenti di sempre per garantirsi di mantenere saldo il potere nelle loro mani. Immaginando che sia cosí, quali sono questi strumenti? Stanno influendo nella nostra capacità di immaginarci un’alternativa?
Il sistema in cui viviamo si contraddistingue per una diseguaglianza
estrema. Se tutti gli uomini sono nati uguali, apprendiamo ben presto che non é
affatto cosí. Vediamo costantemente bambini morire di fame o, anche se non li
vediamo, sappiamo perfettamente che sono lí. Uno ogni 5 secondi in media su
questo pianeta. Qual é la differenza tra loro e noi? Mera casualitá. L’essere
nati nella parte sbagliata del mondo. Concepiti nel letto sbagliato. Siamo
davvero pronti ad accettarlo e a continuare a tenere chiusi gli occhi?
Vogliamo davvero continuare a inchinarci ad un sistema cannibale
basato sul mito della crescita e del profitto? Vogliamo stare a guardare mentre
come un cancro divora tutte le risorse del pianeta su cui viviamo da sempre, senza
offrirci nessun’altra possibilitá?
Viviamo in una societá giusta, o forse siamo tutti solamente degli
egoisti? Siamo davvero tutti struzzi che finché non ci tocca a noi il problema
non esiste? Guardiamo sotto un’altra prospettiva quello che sta succedendo in Europa.
Siamo pur sempre lontanti anni luce da quello che é sempre successo in aree piú
o meno remote del pianeta. Soprusi, violenze, morte, povertá. Eppure é quello
che ci aspetta, prima o poi. Anche a noi ricchi, educati e perbene.
Il punto, qui, non é quando arriverá. State pur certi che arriverá. Il
punto é se riusciamo davvero ad accettare l’idea che arrivi, fino al punto da
rimanere inermi sulla rotta di collisione aspettando l’impatto.
Io credo che un alternativa sia possibile. E credo che sia ora di prendersi
le proprie responsabilitá, in prima persona. Non si puó pretendere di essere
ascoltati seriamente senza dare l’esempio. Gandhi diceva
“sii il cambiamento
che vuoi vedere nel mondo”
E allora per quanto mi riguarda cercheró di fare del mio meglio, nel
mio piccolo, per cambiare le cose. A cominciare da qui. Per elaborare e
proporre un’alternativa. Magari per essere d’ispirazione a qualcuno. Al pari di
tutte quelle, tante, persone che lo sono state per me. Di quelle che continuano
ad esserlo. Di quelle che lo saranno.
Credo che sia arrivato il momento di aprire gli occhi, di alzarsi
davvero in piedi e di prendersi, tutti, le proprie responsabilitá. Di togliere
la testa dalla sabbia. Perché se non lo facciamo, se non agiamo subito,
immediatamente, ognuno cosí come potrá, possiamo ben considerarci complici di tutto quello di cui tanto
ci piace lamentarci.
Il tempo cambia e si evolve, e noi con lui. Il tempo di aspettare che
qualcuno faccia qualcosa é finito. É iniziato il tempo della responsabilitá
partecipativa. Attiva. Contemporanea. Individuale prima ancora che collettiva.
Agire per cambiare il tempo, come abbiamo sempre fatto.
Corre l’anno 2011.
Chissá se il 2012 sará davvero la fine del Mondo. As
we know it.
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