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martedì 27 novembre 2012

La speranza é l’ultima a morire

Ho deciso di alzarmi in piedi piú o meno un anno fa. Lo ricordo ancora bene: era una serata tranquilla dell’inverno norvegese, ci si preparava per Halloween. Avevo da qualche giorno aperto il mio vaso di pandora, era stato un documentario. Se ne sarebbero aggiunti tanti altri, ma quello allora fu davvero un epifania. Da lí iniziai un percorso che mi portó a rovistare tra tutti i temi di cui parlo in questo blog, ma al di lá di tutto questo, da lí in poi non riuscii piú a vedere il mondo con gli stessi occhi. Tutto era cambiato, niente escluso. O forse ero io? In effetti fuori tutto rimaneva uguale, ma per la prima volta capivo che la visione del mondo ufficiale poggiava su un castello di carte. E ballava tremendamente, o era quantomeno incompleta. C’era ben altro, lá fuori. E io volevo capirlo. Per la prima volta mi trovai a prendere il mano argomenti che avevo volutamente ignorato come troppo complicati. Gli ingranaggi stessi del mondo di oggi, di cui ben poco mi ero curato sino ad allora, mi apparivano piú interessanti e curiosi che mai. Dovevo capirli, per districare dal mio cuore tutti quei dubbi che con violenza traboccavano per non lasciarmi scampo. Non pensavo ad altro.

Il primo periodo fu davvero come tornare ad aprire gli occhi per la prima volta. Tanto piú che, avido di conoscenza, aggiungevo continuamente dei pezzetti nuovi al mio puzzle. Alcuni si rivelarono in seguito sbagliati, altri soltanto inesatti. Quel che é certo é che l’effetto domino era iniziato e io non potevo piú fermarlo. Lo sentivo dentro di me. Lo osservavo quasi, con la stesso senso di impotenza soddisfatta di quando si guardano quelle tesserine, cosí meticolosamente messe in fila l’una dietro l’altra, cadere e travolgersi senza rimedio. Il mio mondo, cosí come quello di tanti altri, era stato fasullo. Ora stavo scostando il mio velo di ignoranza per comprenderlo meglio.
Per la prima volta mi sentii padrone della mia testa per davvero. E non potevo fare a meno di urlarlo ai quattro venti, di confrontarmi con chiunque mi capitasse a tiro su qualsiasi argomento stessi affrontando. E il mio campo visivo si ampliava sempre di piú. Avevo capito bene? Mi sfuggiva qualcosa che qualcuno poteva chiarire? Ero una spugna. Poi, una volta arrivati a una qualche conclusione, seppur necessariamente provvisoria, sentivo di doverlo condividerlo con chi volesse. Cosí nacque stand up.

Ma da lí le cose sono cambiate, eccome. L’esercizio della scrittura si riveló per me, come daltronde c’era da aspettarsi, terapeutico. I mille fili confusi dei miei pensieri erano costretti a prendere forma sulla tastiera. Percui anche quelli piú nascosti emergevano, quasi magicamente. Capitava spesso che iniziassi a scrivere di qualcosa che poi rimaneva tra le dita per dare spazio a qualcos’altro che sgorgava vigoroso e inaspettato da dentro. Mi ha aiutato molto scrivere questo blog. Mettere in ordine le idee serve sempre, non fosse altro come scusa per pensare. Giá, la meditazione. Cosa poco conosciuta e dal suono orientaleggiante, per la quale oggigiorno di tempo non se ne trova proprio piú. Scrivere era veramente come prendersi un po’ di tempo per fare quello. Pensare. Vi stupirebbe cosa potrebbe succedere a chiunque di voi lo provasse, se giá non lo avete fatto. E vi stupirebbe vedere quanti fili sparsi si riescano ad unire cercando di vedere le cose non sempre con la lente di ingrandimento, ma a volte anche a volo d’uccello. A volte partire da discrorsi meccanicistici é trovarsi a discutere dei massimi sistemi. Filosofia laddove una volta c’era spazio solo per la matematica. Ma daltronde, chi queste cose le ha inventate, giá migliaia di anni fa sapeva bene che il loro confine é ben piú sfumato di quanto oggi ci piace credere. Una delle conquiste piú grosse é stata infatti proprio questa: il recuperare l’amore per il pensiero puro, che ti eleva al di sopra dei fatti contingenti e in fin dei conti ti da la forza, se lo credi, per sostenerli.



Dopo un anno ci sará sicuramente qualcosa che é riuscito meglio e qualcos altro peggio. Ci saranno state cose interessanti e altre noiose, o persino inconcludenti. Ma di sicuro ogni articolo é stato un passo compiuto nella giusta direzione per il momento in cui é stato scritto. Ma verso dove? Non lo so, né lo sapevo quando l’ho scritto. Ma di sicuro era adatto alle sue circostanze e a quello che avevo da dire. Perché mi ero informato sull’argomento, perché mi toccava particolarmente, perché credevo che fosse importante per comprendere meglio il perché ognuno dovrebbe alzarsi in piedi oggi. Ed é curioso come ora, a guardare per un attimo all’indietro, pare che il tutto prenda forma. Pur non avendola in origine. Come quando ci si gira all’indietro a vedere che le tante orme che passo dopo passo hai lasciato sulla sabbia in realtá stanno formando qualcosa di chiaro e definito.

Credo che tutti mi siano serviti a capire meglio a come guardare il nostro mondo di oggi e la crisi che attraversiamo. Ma credo anche che nessuno di loro sia, preso da solo, sufficiente. E sono sicuro che mille altri ne mancano, anche se devo dire che la cosa piú che atterrarmi mi affascina. Perché da qualche parte si inizia sempre, ma invariabilmente non si sa mai dove si finisce. E spesso devo dire che é proprio per questo che il gioco vale la candela. Perché ti insegna in modo perentorio, ancora una volta, di come il fine di ogni percorso non sia la meta, ma il viaggio. Il modo in cui metti un piede davanti all’altro. E il capire che lo fai non per arrivare dove non sai né mai saprai. Ma solo perché sei tu e sei lí, ora. E stai camminando che rimanere fermi non si puó. E allora uno prima l’hai messo lá, che ancora ne vedi l’orma. L’altro lo metterai appena piú avanti, il dove sará questione di deciderlo ora.



Dunque oggi vi parlo proprio di questo. Partendo dal ricordare quel momento di necessitá comunicativa in cui ho iniziato a fare una cosa talmente inutile quanto scrivere su di una pagina che probabilmente una ventina di persone sí e no avrá mai letto. Ma non importa. Perché strada facendo mi sono reso conto sempre di piú che l’obbiettivo principale forse non era la comunicazione, quanto la riflessione. Se poi questa puó essere condivisa con qualcuno, intendiamoci, tanto meglio. Ma quello che voglio dire, qui, é che non bisogna aspettare di essere una rock star per fare qualcosa. Non bisogna aspettare di avere l’occasione per parlare da un pulpito. Non bisogna aspettare un treno che per quando arriverá saremo tutti ammuffiti. Non bisogna aspettare di dimenticarsi cosa si vuole dire, o il perché. Bisogna farlo quando ci si sente. Punto. Battere il ferro finché é caldo. Andrá a finire che é proprio lí che nascono le cose piú interessanti.

Si parla sempre di speranza. La speranza in un futuro migliore. Dove tutto andrá bene, alla fine. Fatto sta che, come al solito, per arrivarci dobbiamo sacrificare il presente. Sacrificare il presente, che é l’unica cosa che a conti fatti conosciamo, per promesse di vanagloria nutrite della migliore delle speranze. Scrivo proprio mentre le solite previsioni di crescita economica sono state spostate appena piú in lá. Guardacaso, come sempre, alla fine dell’anno prossimo. Lontano, quindi, ma mai troppo da toglierci la speranza che sia davvero possibile. O che vedremo ricompensati i nostri sacrifici. Ci sará ancora parecchio da stringere la cinghia, miei prodi, ma ce la faremo. Io, peró, non ci credo. Non credo nella speranza, credo in quello che uno puó fare con le sue mani. Qui e oggi. Credo nella conoscenza prima di tutto, quella che ti permette di agire con coscienza e in modo efficace. Quella che, sapendo dove ci troviamo e non dove potremmo essere in futuro, ci aiuta a prendere una buona decisione.Forse non la migliore. Sicuramente ci aiuta a non mettere il prossimo piede in una pozza di merda per avere un giorno, chissá, una caramella. Della speranza senza fondamento non me ne faccio niente. Io credo nell’impegno. Quello stesso che, oggi piú che mai, ci spinge tutti a far qualcosa per spegnere quel fuoco che ci infiamma dentro. Quello che non ci fa girare la testa dall’altra parte e forse non ci fa nemmeno dormire la notte. Quello che non ammette ritardi né deroghe, né tantomeno scuse. Quello che serve a darci la certezza, non la speranza, che giá domani andrá meglio. Quello che ti guarda negli occhi e ti chiama per nome, giorno dopo giorno, dicendoti che é ora di alzarsi in piedi.



"La speranza è una trappola, è una brutta parola, non si deve usare. La speranza è una trappola inventata dai padroni, (...) state buoni, state zitti, pregate, che avrete il riscatto nell'aldilà. State buoni,sì siete dei precari, ma tanto tra due o tre mesi vi riassumiamo, vi daremo il posto, abbiate speranza. Mai avere la speranza, la speranza è una trappola, è una cosa infame inventata da chi comanda."

Mario Monicelli







mercoledì 9 novembre 2011

Manifesto programmatico-motivazionale


Questo blog, come ogni blog, nasce da un bisogno primordiale di ogni essere umano: la necessità di comunicare.
Ma nasce anche da un bisogno più specifico dell'uomo moderno: la necessità di comunicare.

Questo piccolo spazio virtuale é mosso da una ben chiara motivazione, già ampiamente discussa nel post d’esordio: incentivare chiunque ne abbia la voglia, o anche solo la curiosità, a rimanere vigile, a rimanere sveglio, a non lasciarsi intrappolare nello squallore che ci cresce intorno o nel torpore di chi si sente sicuro nel suo piccolo mondo...vuole esortare a farsi delle domande, ad usare l’immaginazione, a riflettere e a cercare soluzioni per tutto quello che non ci piace. 
Ad alzarsi in piedi, insomma, per dire che noi, ognuno di noi, ci siamo ancora. Per dire che non ci conformiamo e che vogliamo qualcosa di più.

Bene.

Ma non è solo questo. Vuole anche semplicemente essere un’opportunitá in più per uno che sente di aver bisogno di condividere qualcosa con qualcuno. Uno spazio di riflessione ed espressione personale insomma.
Perché un conto é ragionare, pensare, riflettere;
un'altra cosa é mettere giù su carta parole che esprimono concetti, che devono così essere chiari, ordinati e ben definiti;
un'altra cosa ancora é metterli giù sapendo che qualcuno li leggerà e li dovrà capire, che dovranno divulgare un messaggio e centrare il bersaglio.

È quindi al contempo una sorta di missione, di liberazione, ma anche di palestra personale.

Nel fare tutto ciò il mio approccio credo sia abbastanza chiaro: premetto.
La premessa é fondamentale, perché vuole fornire al lettore le basi per poter capire il messaggio che voglio trasmettere. Voglio cercare, come prima cosa, di presentare tutto quel che si può in maniera oggettiva, cercando di organizzarlo in modo che sia facile seguire il filo del ragionamento. Arriveranno i pareri personali, certo, assieme alla soggettività che ogni narrazione comporta. Ma non é questo il punto qui.

Il punto è che non c’é religione, né politica, né cieca fede o presa di posizione che valga, qui. Non voglio che sia cosi e mi sforzerò perché chiunque legga possa trarre le sue conclusioni su ogni argomento di cui si parla.
Amo la scienza e il metodo che la contraddistingue. Non mi devi credere, NON DEVI. Contrasta la mia parola, mettimi alla prova, inizia tu stesso un tuo ragionamento e porta le tue stesse fonti.
Poi, solo dopo che l’avrai fatto, ragiona e trai conclusioni usando la tua testa.
Usa la tua sensibilità, la tua storia personale, le tue esperienze, basati in quello che credi importante.
E se poi non siamo d’accordo, stupendo: inizieremo a discutere, che é ben diverso da litigare. E se riusciremo a mantenere questa stessa mentalità aperta, allora cresceremo entrambi.
Tutti ne hanno da guadagnare, qui.

Si prendono già troppe decisioni importanti solo perché qualcuno ce lo dice, o per partito preso. Ci stiamo pericolosamente abituando a non usare il nostro senso critico e se questo blog può servire a qualcosa, mi piacerebbe che fosse proprio ad aiutare a ritrovarlo almeno un po’.

La premessa alla premessa é che sicuramente non sempre ci riuscirò, o che mi ci vorranno forse un po’ troppe righe per arrivare al punto. Vi chiedo pazienza; poco a poco, e con l’aiuto di qualche buon consiglio, anche questo si impara.



Il tutto nasce però anche da un'altra necessità pura e semplice, quella di scrivere.
Di sentire il suono dei tasti che si muovono sotto le dita e diventano parola, concetto, discorso. Che diventano espressione di me.

perché mi piace scrivere
perché mi piace fermarmi a pensare, ma non lo faccio abbastanza
perché mi piace comunicare quello che penso
perché ci sono tante cose interessanti da dire ma spesso ci si limita alle banalità
perché voglio avere un impatto positivo sulla mia comunità e forse questo é un buon modo di farlo
perché posso rimanere in contatto con chiunque lo voglia, a prescindere dalle distanze
perché ho qualcosa da dare, da condividere con tutti quelli che avranno la voglia, il tempo e la pazienza di leggere
perché ho deciso di passare dalla passione all'azione



Un ultimo dettaglio. Ho tanti amici stranieri che inevitabilmente, per quanto possa confidare nei traduttori online, saranno un po’ tagliati fuori da questo blog.
Scrivere in inglese mi permetterebbe di arrivare ad un pubblico più eterogeneo e globale.
Scrivere in spagnolo mi permetterebbe un contatto più diretto con la mia comunità locale.
In ogni caso, ho deciso di scrivere in italiano. Perché in questo momento particolare, in questo momento storico che tutti stiamo vivendo, mi sento particolarmente legato a tutti voi. A tutte le persone con cui sono cresciuto, alla società nella quale sono cresciuto e che mi ha dato tanto.
La lontananza fisica però non mi permette di contribuire al nostro bene comune, di avere quell’impatto positivo ottenibile solo cercando di fare la mia parte, giorno dopo giorno.
Quindi, non sapendo bene come, questo é un modo per provarci.

Questo blog nasce pensando principalmente a voi.

Spero vi possa piacere.






lunedì 31 ottobre 2011

Stand up


Il collegamento é facile da fare. Bob Marley cantava

“Stand up for your rights” - alzati in piedi per i tuoi diritti, ergiti a difensore della tua dignitá umana.

Ci sembra cosí lontano questo richiamo, nel tempo, nello spazio…associato a popolazioni intere che si ribellavano ai vecchi colonizzatori per avere riconosciuti i propri diritti, quei diritti che sono indispensabilmente riconosciuti ad ogni uomo.

Un richiamo cosí separato dalla realtá in cui viviamo, quasi innecessario da fare ora, qui...

Purtroppo, peró, non é cosí.

Viviamo in un mondo in cui lo sdegno per l’ingiustizia e la mancanza di buonsenso é ormai sopito sotto le macerie di un sistema che sforna milioni di persone autoconformanti, stampate ogni giorno in grande quantitá. Tutti uguali, tutti con lo stesso logo stampato addosso, tutti piatti, tutti con la stessa inconscia paura di fare un passo fuori dalla linea. Pena: l’ignoto, il caos probabilmente.

Ecco allora perché alzarsi in piedi. Qui e ora.

Per riaffermare la nostra dignitá di esseri umani. Di individui, di persone uniche e pensanti, al di fuori da qualunque stadard ci possano imporre. Siamo complesse unitá di pensiero ed emozioni, che si fondono insieme in societá ancor piú complesse...in sistemi decisamente non uniformi, vivi e constantemente in evoluzione. In questo momento credo che la necessitá sia quella di fare un passo fuori dalla massa incolore, di alzarsi in piedi e gridare con tutta la forza che si ha in corpo “io ci sono ancora!”, di riaffermare la nostra individualitá e la nostra capacitá, la nostra necessitá di forgiare ognuno per sé il proprio futuro, il proprio cammino. Criticamente, consciamente. Cogito ergo sum.

Il nostro piccolo mondo si sta ampliando inesorabilmente e ci lascia nudi...nudi di fronte alla pochezza di ció che fino ad appena un momento fa credevamo solido come la roccia. La nostra percezione delle cose, le nostre motivazioni, la nostra abilitá di ragionare e di trarre conclusioni, la nostra voglia di fare possono espandersi talmente tanto da rischiare un senso di vertigine. Cosí a volte puó succedere anche che quel lumicino che arde flebile come una candela dentro di ognuno di noi inizi all’improvviso a crescere, sempre di piú...inesorabile, fino a diventare fuoco che arde e ci consuma. Capisci che non si tratta piú di qualche luogo lontano in qualche momento storico, ma che si tratta di qui e ora. Di fronte all’abisso del tutto, dell’ovunque e del sempre, capisci che l’unica cosa che ha importanza é il qui e l’ora.

E allora capisci che é ora di rimboccarsi le maniche e fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Ognuno secondo le proprie possibilitá, il contributo che puoi dare é insostituibile. E allora in piedi, si comicia...





Mi alzo in piedi contro l’ignoranza perché credo che ce ne sia bisogno. Perché non si parla piú, tante volte, al di lá dei luoghi comuni e delle banalitá. Perché la cultura é mercificata e disprezzata, soppiantata da falsi valori che ci rendono ciechi di fronte allo scempio quotidiano che abbiamo davanti. Per tornare ad essere arbitri delle nostre scelte e smettere di essere burattini.

Mi alzo in piedi perché c’é bisogno di consapevolezza. E il primo passo per risolvere un problema é riconoscere di averlo.

Perché dopo aver assorbito quanto possibile fino ad ora, é forse arrivato il momento di fare la mia piccola parte; aspettare di piú non avrebbe senso, sarebbe tempo perso.

Mi alzo in piedi contro la paura del diverso e la mancanza di dialogo. Mi alzo in piedi contro la paura dell’ignoto.

Mi alzo in piedi contro l’immobilitá che ci avvolge e ci stordisce. Immobilitá fisica, sociale, culturale...ci siamo tutti immersi fino al collo. E puzza.

Abbiamo di fronte a noi un’era fantastica. Parole che girano alla velocitá della luce, che rimangono scoplite per sempre nell’etere e nelle menti di chi le ha condivise. Hanno il potere piú grande che ci sia stato concesso, spesso sottovalutato: quello che deriva dalla volontá, dalla dedicazione a una causa, dalla voglia di far sentire la propria voce, dalla necessitá di affermarsi come persona e distinguersi dalla massa...come essere umano, come entitá pensante individuale, unica e per questo da rispettare. E da ascoltare. Possibilitá finora mai offerte che sono lí, pronte ad essere colte da chiunque lo voglia.





Voglio che questo spazio serva a motivare il pensiero e la riflessione, che sono l’anticamera dell’azione. Voglio che spinga a far nascere qualche opinione personale, rispetto magari a problemi finora nascosti o anche solo ignorati, animando poi alla discussione. Perché spesso siamo troppo pigri anche per unire qualche sinapsi, e diciamo pure che qualcuno in questo preciso momento ci sta godendo come un riccio.

Quello che questo spazio non vuole essere é invece un mezzo di comunicazione unilaterale. Tutto quello che scrivo rappresenta un tremolante punto provvisoriamente raggiunto nella mia visione delle cose, dopo una serie di eventi ed esperienze che in quasi 28 anni di vita mi hanno portato ad essere la persona che sono. Qui e ora. Probabilmente rileggendo queste pagine in futuro proveró tenerezza o un accondiscendente senso di divertimento per quel ragazzo che scriveva. Ma non é questo il punto.
Chi scrive non crede nella perfezione intesa come stato ultimo da raggiungere o raggiungibile in sé; crede nel continuo miglioramento. Lo stesso vale per la conoscenza; é una chimera che inseguiamo quotidianamente ma non raggiungeremo mai; é proprio la conoscenza raggiunta che ci spinge a farci nuove domande, porci altri quesiti cui rispondere...

é la costante ricerca di un’irraggiungibile perfezione a farci migliorare

é la conoscenza stessa a farci capire che non ne avremo mai abbastanza

Credo nel miglioramento continuo e senza limiti, e credo sia possibile solo attraverso uno sforzo di apertura mentale. Un’inesorabile convinzione di essere costantemente in viaggio verso un posto migliore. Una sorta di zingaraggio mentale. In cui é il viaggio stesso peró a meritare attenzione, perché la meta in realtá non esiste.
In definitiva, mi piacerebbe che questo spazio di riflessione servisse sí per potervi comunicare le mie idee, ma anche per poter ricevere contributi da chiunque (C H I U N Q U E) e imparare da tutti (T U T T I).

Per migliorare costantemente ed evolvere la mia visione delle cose in qualcosa che mi possa aiutare ad essere una persona migliore

per aiutare gli altri

magari, anche ad alzarsi in piedi.