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martedì 23 settembre 2014

In marcia per il nostro futuro

Pubblico di seguito il mio intervento integrale in occasione della Marcia per il Clima a Rimini, Giovedì 18 Settembre 2014. Quel giorno abbiamo inaugurato una serie di manifestazioni a livello globale sfociate domenica 21 Settembre in più di 2'600 eventi organizzati in 156 paesi diversi, per un totale di oltre 165'000 persone scese in piazza a dimostrare la loro determinazione a vivere in un Mondo pulito e rinnovabile al 100%.

La testimonianza di quella giornata è un gruppo di persone come te che si sta organizzando a Rimini per continuare la mobilitazione, la sensibilizzazione e la promozione di attività che aiutino a migliorare le nostre prospettive future. Aspettiamo anche il tuo contributo, qualsiasi esso sia sarà il benvenuto. Per info ci trovi su:

Facebook: Marcia Globale per il Clima a Rimini
Twitter: @climarimini

Chi non avesse voglia di leggere tutto si porti a casa almeno questo messaggio:

"Capite quello che sta succedendo attorno a voi, e poi guardatevi dentro e capite quanto sia importante agire. E allora iniziate, ognuno per sé, a fare la vostra parte. Fate la cosa giusta, la gente seguirà il vostro esempio e la storia vi darà ragione. E allora davvero saremo in tanti. E non potranno non ascoltarci. Ma faccio qui una scommessa: in quel momento, nel momento in cui saremo davvero in tanti a fare quello che serve, non ci importerà più essere o meno ascoltati. Perché avremo già risolto il nostro problema."


Marcia Globale per il Clima a Rimini, ci trovi su Facebook e su twitter come @climarimini

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In marcia per il nostro futuro

“Oggi è quando inizia la nostra storia, la storia di un momento unico nel cammino dell’uomo. Non l’abbiamo scelto, ci è capitato. Ogni generazione ha avuto le sue gatte da pelare, a noi ne è toccata una bella grossa. È la lotta del nostro tempo. Siamo i primi a sentire gli effetti dello sconvolgimento climatico, e allo stesso tempo gli ultimi a poter fare qualcosa per fermarlo. Siamo chiamati ad affrontare un problema che in futuro determinerà dove vivremo, come vivremo, e se vivremo.”

Parlare da qui oggi per me è molto importante, perché posso fare la mia parte. In quanto cittadino di questo pianeta, esattamente come voi, ho il potere e il dovere di fare la mia parte, esattamente come voi.

Per parlare dei cambiamenti climatici dobbiamo capire razionalmente cosa sta succedendo prima di tutto, dobbiamo parlare di scienza. Ma capire non basta, bisogna fare qualcosa, e per fare servono le motivazioni, la voglia, la passione. Per questo oggi proverò sí a parlare ai vostri cervelli, ma per una volta anche ai vostri cuori.

Conoscete l’IPCC? È l’agenzia intergovernativa sul cambio climatico, il più autorevole organismo internazionale sul tema. È composto da scienziati di tutto il mondo che in maniera volontaria raccolgono ed esaminano dati scientifici (pubblicati in tutto il mondo) per capire essenzialmente tre cose. La prima: esiste il cambio climatico, e se si, è dovuto alle azioni dell’uomo? La seconda, quali sono gli impatti, le conseguenze, e come possiamo fare noi per adattarci ad esse. E la terza: possiamo addirittura mitigarle, cioè ridurle, visto che ormai tornare indietro del tutto non si può?
Piú o meno ogni 5 anni dal 1990 l’IPCC rilascia un rapporto che è un po’ la bibbia del cambio climatico, visto che descrive la nostra attuale conoscenza di una materia incredibilmente complessa. Conoscenza che poi deve servire a stabilire una base comune a livello globale affinché la politica possa prendere decisioni informate ed efficaci, su una questione che riguarda tutti.
Bene nell’ultimo rapporto, rilasciato proprio quest’anno, l’IPCC ci dice che un paio di cose fondamentali sono diventate finalmente chiare. Si, il cambio climatico è una realtà, esiste, non se lo sono inventato gli hippies. E si, non per volerci autoflagellare, ma abbiamo anche capito che è palesemente dovuto alle nostre azioni.
Nel 2007 l’IPCC ha vinto il premio Nobel per la pace, assieme ad Al Gore, autore del film “An inconvenient truth”, tradotto in italiano come una scomoda verità. Questo perché studiando un problema così grande da riguardare il mondo intero, si prevengono letteralmente le future guerre per le risorse. Ma anche perché a soffrire maggiormente degli impatti del cambio climatico saranno, manco a dirlo, i più poveri e vulnerabili. E quindi cercare modi per risolverlo è un modo per aumentare la giustizia e l’eguaglianza a livello mondiale.


I FATTI

Ma di cosa stiamo parlando? Spesso si fa confusione tra cambiamento climatico, riscaldamento globale, effetto serra... queste cose non sono la stessa cosa, ma una la causa dell’altra: il cambio climatico è provocato dal SURriscaldamento gobale, che a sua volta è provocato dall’effetto serra.  In realtà funziona un po’ come una coperta: immaginatevi l’intero pianeta avvolto in una coperta di lana, va a finire che si scalda. Quella coperta è fatta di CO2 e di altri gas detti climalteranti, che assorbono il calore che la Terra emette dopo esser stata riscaldata dal Sole e lo rimbalzano di nuovo verso il basso contribuendo a scaldarla. Oltre alla CO2 i più importanti sono il vapore acqueo, il metano e il protossido di azoto. Questo effetto coperta non è un male in sé, giacché senza di esso non si potrebbe abitare questo pianeta perché sarebbe troppo freddo. Il problema è quando la coperta di lana si ispessisce sempre di più: va a finire che si scalda troppo, surriscaldamento globale. È provato, l’abbiamo misurato, abbiamo capito fuori da ogni dubbio che tutto questo è dovuto principalmente alle nostre attività.


Le cause

C’è stato un momento nella storia dell’uomo, a partire da metà 800’, in cui abbiamo scoperto di avere sotto i piedi una fonte di energia incredibile, concentratissima e ampiamente disponibile: i combustibili fossili, carbone, gas naturale e petrolio. Erano talmente abbondanti e densi di energia da farci ubriacare, energia praticamente gratis. E siccome senza energia non si fa nulla, ma con l’energia si può fare tutto, ecco la rivoluzione industriale, lo sviluppo tecnologico e l’emergere della società moderna. Qualsiasi cosa che facciamo o che usiamo oggi dipende in tutto e per tutto da consumi spropositati di energia fossile: per arrivare fin qui, per scaldare e illuminare le nostre case, per scaldare l’acqua e ormai perfino per tostare il pane a colazione.
Ma da quell’ubriacatura non ci siamo mai veramente ripresi, ci siamo abituati talmente bene che ne usiamo molta più di quella che ci serve, semplicemente perché possiamo. Ecco allora nascere, più che la società dei consumi, la società degli sprechi: oggi divoriamo quantità enormi di energia, spesso in maniera del tutto inutile e spesso male, usandone di piú di quella che realmente ci servirebbe.
Ma tendiamo a dimenticarci, e non dovremmo, di un’altra conseguenza dell’utilizzo dell’energia fossile, cioè che per produrla stiamo bruciando combustibili che inevitabilmente liberano la famosa CO2. 

Ecco da dove ha inizio tutto: il nostro stile di vita, combinato con un sistema che si basa sui combustibili fossili, ci costringe a liberare sempre più CO2 in atmosfera, da cui il surriscaldamento globale, da cui il cambio climatico.


Alcune conseguenze

Avete presente i tifoni e le tempeste tropicali? Sapete perché si chiamano tropicali? Perché avvengono ai tropici, e avvengono ai tropici perché ai tropici fa caldo, e allora l’acqua evapora molto di più e si concentra in atmosfera provocando proprio la nascita di queste tempeste che non fanno altro che scaricare l’eccesso di energia accumulato dalla terra. Già da qui capiamo che non si tratta di andare a lavorare in infradito anche di inverno, c’è molto di più: è molto probabile che di questo andazzo gli eventi estremi aumentino di frequenza e intensità, arrivando anche in regioni dove prima non si verificavano. E quindi mareggiate, inondazioni, piene eccezionali e frane provocate dal dissesto idrogeologico.

Altre cose che ci possiamo aspettare è la trasformazione degli ecosistemi tradizionali, visto che la vita dovrà adattarsi a condizioni climatiche diverse da quelle che abbiamo connosciuto finora. Questo include la desertificazione di aree prima fertili, con conseguente diminuzione della produzione agricola e difficoltà negli approvvigionamenti idrici. In poche parole: meno cibo e meno acqua, oppure cibo e acqua più cari che poi è la stessa cosa. Ma anche la proliferazione di malattie tropicali in zone dove un tempo non vi erano, l’innalzamento del livello del mare che a sua volta favorisce le mareggiate e inondazioni, lo scioglimento dei ghiacci: tutto questo richiederà alle economie del futuro di adattarsi a condizioni che prima non conoscevano. Cosa succede se dove si sciava non c’è più la neve, oppure se dove si andava al mare non c’è più la spiaggia o dove si pescava non c’è più pesce? Tutto questo, è inutile dirlo, porterà a migrazioni. E già si verificano le prime che riguardano qualche sperduta isola del pacifico di cui a nessuno importa nulla, ma di cui ci ricorderemo tutti quando forse sarà troppo tardi e ci renderemo conto di quanto siamo stati miopi.

Prevenire è meglio che curare si diceva. Il problema è che nel nostro caso inizia a essere troppo tardi per prevenire, dobbiamo imparare a convivere con le conseguenze e cercare di non fare altri danni in futuro.
Per questo a livello internazionale è stato stabilito un accordo di di cui forse avrete sentito parlare, per non innalzare la temperatura media globale di oltre 2 °C rispetto ai livelli del 1990. È un limite che piace perché è un numero tondo e fa sembrare tutta la questione semplice, ma non ci assicura nessuna sicurezza: renderebbe accettabile gli impatti e i rischi, permettendoci con grandi sforzi di adattarci in qualche modo, ma evitando probabilmente il punto di non ritorno.


Perché tanta fretta?

Già, perché se una cosa abbiamo capito è che la questione è tremendamente complicata e potrebbe sfuggirci di mano. La Terra è un sistema che si auto-regola, ma che potrebbe farlo su scale che non sono compatibili con la nostra vita su di essa. Le variabili in gioco qui sono tantissime, ma iniziamo a intravvedere alcune situazioni che dobbiamo assolutamente evitare, in cui gli effetti di un processo vanno a rafforzare le cause del processo stesso, in una spirale di causa-effetto in cui il processo si amplifica sempre di più. E proprio per questo, diventa estremamente urgente risolvere questo problema.

Vi faccio tre esempi:
  1. Lo scioglimento delle calotte polari: è dovuto al surriscaldamento globale e a sua volta lo amplifica, visto che fa diminuire la percentuale bianca del pianeta che come uno specchio riflette la luce senza assorbirla. Se dove c’era del ghiaggio oggi c’è un bell’oceano blu scuro, l’energia solare non viene riflessa ma assorbita, contribuendo ancora di più al riscaldamento globale che scioglierà ancora più i ghiacci etc.
  2. Lo scioglimento dei ghiacci perenni della tundra in siberia, da cui si libererebbero grandi quantità di metano, un gas climalterante 33 volte più potente della CO2. Se il riscaldamento globale scioglie i ghiacci della tundra libera il metano che contribuisce ancora di più a surriscaldare il pianeta.
  3. L’acidificazione degli oceani, il più grande serbatoio al mondo di CO2 (più della foresta amazzonica) ma che diventano sempre più acidi assorbendola, impedendo a specie alla base della catena alimentare (come il plankton e i coralli) di sopravvivere, con conseguenze enormi per gli ecosistemi acquatici ma anche terrestri. Inoltre recenti studi ci dicono che proprio il fitoplankton è la maggior fonte di composti che in atmosfera favoriscono la formazione delle nuvole, che riflettendo parte della luce solare aiutano a mitigare il riscaldamento globale. Percui anche l’acidificazione degli oceani potrebbe innescare un meccanismo di feedback positivo.

Tre esempi che vi danno un’idea di quante cose ci sono da capire, e quante variabili da considerare, e di quanto sia seria la questione e quandto sia facile che sfugga al nostro controllo. Per cui capirete ora quanto è importante rispondere a questa sfida, farlo bene e farlo il prima possibile. Sono 20 anni invece, dalle prime conferenze sul clima, che si parla molto e si stringe poco.
Per risolvere sfide come queste, serve un livello di cooperazione internazionale mai visto prima. Fino ad oggi invece, quello che abbiamo ricevuto è stata tanta ipocrisia. Basta pensare che gli stessi firmatari dell’accordo sui 2 °C hanno approvato misure che porteranno complessivamente ad un innalzamento di 6 °C della temperatura media globale, un livello a cui la civilità come oggi la conosciamo non sarà più possibile. Per non arrivare a questo punto dobbiamo lasciare l’80% delle riserve conosciute nel suolo. Capite come questo sia difficile sia per noi che per le compagnie petrolifere.


COSA FARE?

A questo punto la vostra domanda dovrebbe essere: cosa facciamo? Ve lo dico io cosa facciamo: ci rimbocchiamo le maniche e invece che stare ad aspettare la fine col telecomando il mano iniziamo a fare tutto quello che possiamo per rallentare questo processo (perché fermarlo ormai non riusciremo) e per adattarci al meglio alle sue conseguenze.

Non possiamo aspettare che qualcuno da qualche parte prenda qualche decisione. I politici che facciano le leggi giuste, gli scienziati che inventino miracoli tecnologici o i preti che mettano una buona parola per noi con chi conta lassú. Certo, anche loro dovranno fare la propria parte, e siamo qui oggi anche per questo. Ma non possiamo pretendere che risolvano i problemi che abbiamo contribuito a creare se non facciamo anche noi la nostra. Serve che ognuno di noi si attivi e prenda in mano il proprio destino. Pensateci: siamo stati noi che, consapevoli o meno, con le nostre azioni quotidiane abbiamo provocato tutto questo. Com’è stato possibile? Ci siamo messi daccordo per farlo? C’era da qualche parte scritto un piano per arrivare nel 2014 in questa situazione, con l’acqua alla gola? O forse qualcuno ha iniziato a scavare, a usare l’energia fossile, ha visto che conveniva e gli altri hanno semplicemente seguito? E allora vi chiedo: cosa ci impedisce di fare esattamente lo stesso, ma in una direzione migliore, intraprendendo una strada che non vada cozzare contro la natura ma ci vada a braccetto, la rispetti e ne possa trarre giovamento?

Sono le nostre azioni che determinano, che lo vogliamo o no, il futuro che vivremo. Che ne siate o meno consapevoli, è quello che fate oggi che definisce quello che sarete o che potrete fare domani. Che danno forma al mondo in cui vivrete. E allora pensate al vostro stile di vita, pensate a come potete consumare di meno e consumare meglio. Energia, cibo, rifiuti, acqua, trasporti... tutto conta, perché per tutto serve energia, e quindi tutto contribuisce al cambio climatico e tutto può mitigarlo. Per cui vi prego, non sentitevi stupidi nel cambiare le piccole abitudini, perché sono proprio quelle a lungo andare che fanno la differenza. Sono quelle che contagiano chi vi sta attorno ed arrivano a raggiungere le grandi scale, molto piú di un like su Facebook!
Anche se vi può sembrare assurdo, fate molto di più piantando uno dei piccoli alberelli che vi abbiamo dato oggi, o cambiando le abitudini di quello che fate ogni giorno. Prendete la bici o camminate se potete. Mangiate meno carne possibile, comprate prodotti biologici e locali. Fate attenzione a quello che comprate, comprate solo quello che veramente vi serve. Usate meno energia per fare quello che vi serve, e fate attenzione che provenga il più possibile da fonti pulite e rinnovabili. Tra di queste vi ricordo che c’è la vostra energia muscolare, che non fa male tornare ad usare di più perché tiene in allenamento. Parlate ai vostri amici ed educate i vostri figli a convivere in armonia con la natura, a rispettarla.
Tutto questo, sommando assieme quello che ognuno di noi nel suo piccolo può fare, a grande scala può davvero fare la differenza. E soprattutto, dipende solo da voi e la vostra volontà di vivere in un futuro migliore. Non dovete aspettare niente o nessuno per farlo.


L'emergenza della vita

Quest’ultima parte è dedicata in particolare a quelli che ancora non sono convinti da questo discorso da boy-scout. C’è una cosa, in natura, che si chiama emergenza. Non intendo qui uno stato di eccezionale e improvvisa necessità, ma quando qualcosa che prima non c’era emerge inaspettatamente da un’associazione di molte cose più semplici. La vita stessa è un fenomeno emergente: molte cellule assieme fanno un tessuto e molti tessuti fanno un organo, molti organi fanno un organismo: voi. Ognuno di voi è un fenomeno emergente, la prova vivente che unire le forze di quei miliardi di cellule conveniva. La nostra capacità di volere e di pensare, di provare emozioni è qualcosa che non esiste a livello delle molecole che formano il nostro corpo. Possiamo solo provarle una volta che diventiamo persone. Allo stesso modo, questa piazza è qualcosa di emergente. Ognuno di voi può fare delle cose come dicevamo, ma una piazza come questa può fare cose che trascendono quello che chiunque di voi può fare individualmente.

E allora perché diciamo che oggi #contaesserci, perché in una giornata così ci guardiamo attorno e ci sentiamo parte di qualcosa di più grande, di emergente appunto. Ci sentiamo parte di una piazza intera. E in questi giorni, in tutto il mondo, in mille altre piazze come questa milioni di persone come noi si staranno guardando negli occhi, facendo emergere qualcosa che prima non c’era, qualcosa di straordinario, di mai visto prima. Una coscienza collettiva che basta aspettare, bisogna agire, bisogna fare qualcosa.
Siamo qui per chiederlo ai politici, certo. Quello è il loro lavoro, li paghiamo per per ascoltarci e rispondere alle nostre esigenze, e non ce ne dimentichiamo. Ma queste piazze in connessione oggi e domani dovranno arrivare ben oltre. Dovranno arrivare a connettere ciascuno di noi, con quello che sappiamo e con quello che facciamo. Abbiamo di fronte un compito straordinario e verremo ricordati in futuro come quelli che hanno risposto ad una delle più grandi sfide della storia.


La lotta di tutti

Ma non pensiate che sia una questione per ambientalisti, è anche e forse soprattutto una questione di diritti umani e di giustizia sociale. Questo è un movimento che ha mille sfaccettature, perché è talmente importante da poterle riunire. C’è un enorme varietà e diversità in questa piazza oggi e ci sarà domenica in tutte le piazze del mondo. Movimenti per la sovranità alimentare, per il diritto all’acqua, per le energie rinnovabili, per la giustizia sociale, per l’equità nello sviluppo... tutte assieme con un unica voce, quella del più grande movimento mai visto nella storia dell’uomo. Quello di una specie che chiede in coro a un pugno dei suoi eletti di darsi la possibilità di sopravvivere.
E di farlo nell’unico posto in cui sappiamo esser possibile: il pianeta Terra. Cercate di capire l’eccezionale bellezza e unicità della situazione che viviamo oggi: la Terra è un sistema unico nell’Universo conosciuto. Un sistema meraviglioso che ci permette di vivere. Non potremmo farlo in nessun altro posto, gli unici che hanno qualcosa da perdere siamo proprio noi. Qui non si tratta di salvare il pianeta. Significa di salvare noi. In qualche modo, magari martoriato, il pianeta sopravviverà altri miliardi di anni, magari molto diverso da come lo conosciamo ma sopravviverà. Ma noi? Cosa faremo se si creeranno, anche per effetto delle nostre azioni, delle condizioni in cui vivere non sarà più così facile come abbiamo sempre conosciuto, o addirittura non sarà possibile?

Chi ha figli pensi che a quanti anni avranno tra 15 o 20 anni, quando dovremo verificare se abbiamo o meno ragginto gli obbiettivi che ci diamo oggi, e se sono stati o meno efficaci. Pensi a come vivranno loro allora, per le scelte che noi avremo o non avremo fatto oggi.

Ora non siete più un gruppo di persone, siete una piazza. E tra qualche giorno leggete le notizie, vi accorgerete che non solo siete una piazza, siete una rete mondiale. Non molleremo, sempliceamente perché non possiamo. Non molleremo, semplicemente perché se non lo facciamo noi, e voi con noi, non lo fará nessuno al posto nostro.

Capite quello che sta succedendo attorno a voi, e poi guardatevi dentro e capite quanto sia importante agire. E allora iniziate, ognuno per sé, a fare la vostra parte. Fate la cosa giusta, la gente seguirà il vostro esempio e la storia vi darà ragione. E allora davvero saremo in tanti. E non potranno non ascoltarci. Ma faccio qui una scommessa: in quel momento, nel momento in cui saremo davvero in tanti a fare quello che serve, non ci importerà più essere o meno ascoltati. Perché avremo già risolto il nostro problema.

Grazie di cuore per esserci stati.


#sosteniamoci   #marciaperilclimarimini   #contaesserci   #peoplesclimate

martedì 23 luglio 2013

L’emergenza della vita sulla Terra

Una notte stellata, guardando il cielo. Quel silenzio che porta consiglio e aiuta la riflessione. Vi siete mai chiesti qual è il nostro ruolo in tutto questo? Vi siete mai sentiti piccoli e inutili, impotenti, di fronte alla vastità delle galassie e del cosmo? Avete mai provato quel senso di irritazione per il fatto che ci consideriamo così importanti, quando in realtà altro non siamo se non un insignificante puntino disperso in uno spazio senza limiti? È bello, è perfino utile a volte, provare questo senso di vertigine, aiuta a dare una prospettiva a tutto quello che facciamo. Personalmente, penso che tutto abbia un senso. Il fatto è che forse non dovremmo cercarlo a priori. Forse ce l’ha, ma è ancora nascosto. È lì, ma deve ancora sbocciare. Glielo darà poi la storia.

La storia, quel susseguirsi di puntini uno dietro all'altro in fila indiana, così piccoli e insignificanti a guardarli da vicino. Così meravigliosamente importanti e significativi a guardarli in successione, a vedere in che direzione puntano nel loro complesso. La storia é un po’ come la vita, ha senso solamente a guardarla dalla fine, all'indietro. Chi può infatti dire di conoscere la vita, o di comprenderla, a priori? Chi può dire che quell'ammasso di molecole, di elementi, di particelle che sono i mattoncini costitutivi della vita, abbia un qualsiasi senso per noi, se non osservando il risultato di miliardi di combinazioni andate a male e di altrettante andate bene, fino a formare il risultato compiuto e meraviglioso che abbiamo davanti agli occhi? Chi può interpretare gli avvenimenti in partenza? Chi comprende la prospettiva ultima che li definisce, o l’orizzonte temporale sconfinato sul quale agiscono? Dio, risponderà qualcuno; nessuno, risponderà qualcun altro. Non é questo il punto.

Per noi uomini, così limitati, non è possibile né forse lo sarà mai. Per noi, pur capaci di raggiungere vette cognitive ammirevoli, picchi filosofici e scientifici incredibili, c'è qualcosa che rimane necessariamente inesplorato e sempre lo rimarrà. Per noi, in grado di meravigliarci di fronte alla vastità e immensità dell’universo dentro e fuori di noi, in grado di porci domande eterne e senza risposta. Per noi che non ci rassegniamo alle frontiere che da sempre limitano la nostra conoscenza... per noi, in definitiva, non esiste altro che il qui e l’ora. Esiste quello che conosciamo in questo momento e le nostre azioni sono – spesso – guidate da questo tipo di sapienza, necessariamente e inesorabilmente limitata. Eppure, a guardarli con gli occhi del tempo, le nostre piccole azioni in fila indiana possono avere conseguenze inimmaginabili. Conseguenze che vedremo solo dopo, mai prima.

Perché è cosi che funziona l’intero universo. Funziona in base a leggi molto semplici, ma mai banali. Parrebbe, a guardarlo al microscopio, che funzioni in maniera meccanica, priva di intelletto o di scelte da compiere. Se in maniera orchestrata o del tutto casuale, dopotutto, non ci interessa. Il punto è che funziona in maniera molto semplice, ma su scale cosi enormi, nello spazio e nel tempo, che queste semplicissime leggi fisiche si sommano, si uniscono, si potenziano e generano l’inaspettato e l'inaspettabile. Emergono nuove proprietà ogni volta che saliamo di livello, ogni volta che la complessità del sistema aumenta. Ogni volta che cambiamo la lente e dal microscopio passiamo dapprima all'occhio e poi al telescopio nuovi mondi nascono, regolati da quelle che sembrano nuove leggi ma non lo sono. Cambia solo il modo in cui le interpretiamo, il modo in cui le capiamo. Il tutto non corrisponde mai alla la somma delle parti, c'è sempre qualcosa di più, un valore aggiunto. Si chiama emergenza: all'ampliare la prospettiva di osservazione, all'aggregare componenti e aumentare la complessità del sistema indagato emergono tratti inaspettati, comportamenti nuovi e imprevedibili. Succede con l’universo intero e con qualsiasi sistema complesso osserviamo; succede con la storia e persino con i sistemi creati dall'uomo come l’economia e la finanza; succede con la vita: è l’emergenza della vita, il sorgere di forme di vita sempre più complesse e splendidamente adattate al loro ambiente, partendo da mattoncini insignificanti e inanimati. È il meccanismo su cui appoggia l’evoluzione.

Ed è la bellezza della vita. La bellezza, ciò che noi interpretiamo come simmetria, come equilibrio, come armonia; ciò che vediamo come un fine, un qualcosa di prefissato da raggiungere, sta in realtà tutta qui. Sta nel fatto che nel tempo, in seguito a miliardi e miliardi di prove e di tentativi, le cose si sono infine evolute sino allo stadio in cui noi oggi le vediamo, le conosciamo, e che interpretiamo come bello proprio perché perfettamente adattato ed in sintonia col proprio ambiente. La bellezza dentro e fuori di noi è il risultato di miliardi di miliardi di puntini messi in fila, di prove andate più o meno a buon fine, di sbagli poi rimediati, fino a che un altro sistema migliore non è più possibile, per cui quello che esiste deve essere per forza armonioso, in equilibrio, perfetto. Bello. Non c'è un fine in tutto questo, ci sono regole molto semplici che si ripetono e ci conducono fino a dove siamo oggi. Siamo noi, poi, a cercarlo un fine in tutto questo. E spesso c'è, ma non è proprio là dove lo stavamo cercando. Ma questo si capisce solo dopo, mai prima.

E allora ha senso cercare di interpretare tutto questo a priori? Di fronte al mare di sconfinate possibilità, alle infinite rappresentazioni  che può assumere un evento davanti ai nostri occhi inesperti, ai miliardi di strade che può prendere la vita e la storia ad ogni singola frazione di secondo, come possiamo pretendere di intravvedere seppur per un istante l’orizzonte del tempo? Non possiamo vedere il futuro, ma possiamo imparare dal passato e vivere il presente. Il presente, uno appena di quei miliardi di puntini in successione perpetua che fanno la storia. Vivere il presente con cognizione di causa è tutto quello che possiamo fare, per poi – un giorno – voltarci all'indietro e capire la portata di quel puntino tracciato quasi per caso, capire dove effettivamente avrebbe diretto la storia, capirne il peso e l’importanza. Ma lì per lì, no. In questo siamo limitati, dobbiamo capirlo. Ma non per questo serve porci altri limiti. Perché non fare semplicemente il nostro, ciò che riteniamo in ogni momento la scelta migliore, la scelta più giusta, e aspettare poi di vedere come si combinerà inaspettatamente con i miliardi di miliardi di altre scelte simili lungo i meandri dello spazio e del tempo?

L’emergenza della vita sulla Terra significa la vita che nasce ogni giorno dalla successione degli eventi, dalle scelte che si fanno, dalle strade che si percorrono, senza che ce ne rendiamo conto. Ma anche, secondo un gioco di parole beffardo, il fatto che la vita sulla terra, oggi, è in uno stato di emergenza. Di eccezionale rischio e instabilità. Di straordinario pericolo. Ed è qui che nasce, infine, la questione della sostenibilità. Dobbiamo fare qualcosa per rendere il nostro mondo più sostenibile, aumentare le nostre probabilità di sopravvivere nel tempo assieme col nostro pianeta e tutto quanto ci circonda, visto che senza di esso non potremmo, in ogni caso. Ma attenzione: dobbiamo non perché lo decidiamo noi, ma perché non c'è altra scelta. Insostenibile non significa infatti moralmente o eticamente sbagliato, significa semplicemente che non può continuare, che lo vogliamo o no. Ma anche volendo, come potremmo farlo se in fin dei conti non riusciamo a vedere il futuro, non possiamo immaginare cosa succederà e non abbiamo in ogni caso il controllo sulle conseguenze profonde di ciò che facciamo? Se siamo così piccoli che ci sentiamo schiacciati a confrontarci con gli eventi? Se ci sentiamo insignificanti di fronte a problematiche globali e ad orizzonti sconfinati? Cosa potrebbe fare una singola persona come me, o un insignificante gruppo di persone come noi, di fronte a simili magnitudini?

Quando vi ponete queste domande, guardatevi allo specchio. Voi stessi siete la prova vivente dell’emergenza della vita sulla Terra. Se gli elettroni si chiedessero che differenza farebbe ruotare o no attorno ai nuclei degli atomi, se le molecole che avete all'interno del vostro corpo pensassero che dissociarsi per liberare energia all'interno delle cellule fosse inutile, se il cuore si chiedesse che senso abbia continuare a battere... voi oggi non sareste qui. Non potreste guardarvi allo specchio. Ognuno fa la sua parte nell'universo. E la fa, semplicemente, perché quello é il suo ruolo. Il cuore batte senza chiedersi il perché, perché è semplicemente quello fa per costituzione: batte. Perché i tessuti di cui si compone si contraggono e rilassano ritmicamente, così che lui non deve in realtà decidere nulla, ma per noi è fondamentale che lo faccia.

Noi siamo uomini, abbiamo il privilegio di poter ragionare, di poterci meravigliare, di poter tendere alla conoscenza, di poter decidere se agire o non agire. Questo è il nostro privilegio e questo è il nostro ruolo. Quello di avere un impatto sul nostro ambiente in molti modi diversi. Ma il nostro dovere é sempre lo stesso. Fare ciò che ci viene richiesto nelle circostanze in cui ci troviamo. E allora nel momento in cui vi guardate allo specchio pensate anche alle conseguenze di tutto quello che voi, e altri 7 miliardi di esseri simili a voi, stanno avendo su questo pianeta, su questo enorme sistema complesso che é la Terra, che assieme a noi ospita milioni di altre specie viventi e che vive secondo una grandezza che per noi risulta appena comprensibile. E smettete di pensare al fatto che qualsiasi vostra azione, in comparazione, possa essere insignificante. Semplicemente, agite. Fate come gli elettroni, come le molecole, come gli organi. Noi uomini ci interroghiamo, poi capiamo, poi agiamo. Non preoccupatevi di cosa verrà dopo, fate ciò che credete giusto. Muovete il vostro puntino di presente nella direzione che la vostra coscienza vi indicherà come giusto. Il resto seguirà, emergendo ancora una volta dalle righe della storia. E allora, ma solo allora, al girarvi all'indietro, comprenderete la potenza di quel gesto così insignificante. Comprenderete cosa, per davvero, voleva dire sostenibilità.

Guardatevi allo specchio e pensate all'emergenza della vita, di cui siete la prova vivente. Guardatevi allo specchio e pensate all'emergenza della vita, che vi spinge ad agire. Il resto, poi, verrà da sé. Nel momento in cui tu stesso sei la prova del successo, agire diventa un dovere per chiunque.