Ultimamente peró, mi ha colpito pensare che forse dietro questa corsa
ci sia ben piú di quel che sembra. Qualcosa che non si vede eppure muove da
sempre i fili della storia, instancabile: l’evoluzione della specie.
Darwin diceva che sono i meglio adattati alle condizioni in cui vivono
ad avere piú possibilitá di campare e, quindi, di conservare la specie. Bisogna
fare un passo in piú qui. Dal punto di vista biologico infatti non é tanto la
sopravvivenza dell’individuo ad essere importante, quando quella dei suoi geni.
É proprio lí infatti che risiede la descrizione delle caratteristiche peculiari
che gli hanno consentito di adattarsi al proprio ambiente cosí bene da poter
sopravvivere. Ed é quindi tramandando i propri geni vantaggiosi che questo
organismo fa un favore alla propria specie, visto che in futuro i discendenti meglio
adattati saranno sempre in numero maggiore, fino a diventare la norma. É cosí,
la specie é qualcosa di piú degli individui. Piú grande, piú importante. E
quando si evolve, cioé in continuazione, la cosa non é affatto indolore per gli
individui che la compongono.
Allora mi chiedo se non sia proprio questo il punto. Viviamo in un mondo
che cambia velocemente come mai. É quindi sempre piú necessario sapersi
adattare. Chi non riesce a farlo, rimane indietro. Chi ci riesce invece sará la
base fondante per la specie del futuro. Quella da cui si ripartirá dopo lo
schianto col muro.
É curioso spiegare come accade che qualcuno si riesca ad adattare
meglio di altri. Tutto sta nel fatto che in natura, quella cosa a cui anche gli
uomini appartengono, la diversitá non é un problema, ma una ricchezza. Se punti
tutto sullo stesso numero in una roulette puoi vincere tanto. Ma hai anche
tantissime possibilitá di non vincere proprio nulla. Per questo la natura
decide di puntare su quanti piú numeri possibile. É per questo che nel processo
attraverso cui i geni vengono tramandati cerca sempre di mischiarli il piú
possibile. A volte poi accade anche qualche imprevisto, percui il codice non viene
riprodotto come dovrebbe: sono le mutazioni genetiche. Intendiamoci, una
mutazione genetica non é buona o cattiva in sé. É semplicemente quello che é:
un qualcosa di inaspettato. Sebbene siamo portati a immaginarci deformazioni e
cose aberranti quando pensiamo alle mutazioni genetiche (magari retaggio di
quelle provocate dall’uomo coi suoi bei giocattoli nucleari), in realtá sono un
valido strumento in piú nelle mani dell’evoluzione. Perché puó accadere che siano
associate a caratteri sfavorevoli, e in quel caso non vengono tramandate visto
che l’individuo muore o comunque avrá maggiori difficoltá di riprodursi, ma puó
anche succedere che siano favorevoli. E in quel caso rappresentano un bel
vantaggio competitivo, non c’é che dire. Un colpo di fortuna. Non stiamo parlando
degli x-men chiaramente, ma con le dovute proporzioni il discorso é in realtá
abbastanza simile.
La stessa cosa puó succedere con i comportamenti: alcuni favoriscono
la sopravvivenza della specie, mentre altri no. Chiaramente qui la cosa é,
almeno in teoria, piú semplice visto che non ci sono mutazioni genetiche random
di mezzo. Se si vede che un certo gioco
funziona, sarebbe normale iniziare a giocare secondo le sue regole. La realtá
non é poi cosí semplice, almeno non per tutti. Probabilmente anche in questo ci
sono individui piú predisposti di altri a cambiare, a esplorare, a curiosare e
a provare cose diverse. Ma non c’é dubbio che, visto in termini evolutivi, l’eclettismo
é la tendenza ad auto-aiutarsi.
Ma che siano caratteri o comportamenti, viene da pensare che il loro
valore evolutivo probabilmente diventa evidente solo nel momento in cui serve
davvero. Fino ad allora rimane qualcosa che non si capisce, senza valore. Finché
non ti rendi conto che in effetti campare senza é dura. Ma ormai é troppo
tardi.
C’é da aspettarsi che inizialmente si veda perfino con sospetto,
essendo fuori dagli standard. Qualcosa di strano, di stravagante, di anormale. E
tutti sappiamo quanto ci piaccia essere considerati normali, ricadere dentro il
rassicurante sacco della media.
Pensateci: immaginatevi la prima comunitá di pesci che si sono spinti
a vivere fuori dall’acqua. Muoversi non doveva essere la cosa piú semplice:
sicuramente dovevano dimenarsi di continuo, scodare a scatti per saltellare di
lato. Eppure pensate al primo che ha messo su le zampe... l’avranno guardato stortissimo!
Denigrato e sbeffeggiato: “ma guarda te sto fricchettone che si mette in testa!
Mica lui scoda come tutti, no! Ma dove vuole andare, con quelle cosacce che gli
spuntano dalle pinne! É bruttissimo! Ti diró che poi, secondo me, é pure
cattivo!” Eppure presto sarebbe stata l’evoluzione stessa a zittire tutte le malelingue.
Ma daltronde é cosí, il diverso fa paura. Percui si osteggia, di deride, si
perseguita al di lá di quello che la razionalitá suggerisce. Eppure se cercate
di vedere il futuro, é proprio lá che dovreste guardare.
Mi chiedo allora se non siamo di fronte allo stesso processo, senza
accorgercene. Si sta sviluppando in una parte sempre maggiore della popolazione
mondiale una certa coscienza ambientale. Qualcosa che va al di lá delle patine
verdi di facciata, qualcosa di profondo e vero. Un autentico senso di
appartenenza, di rispetto e di ammirazione per la natura. I fricchettoni degli
anni ‘60 (come venivano affettuosamente chiamati dai loro denigratori) hanno
dato il via a questo processo. Beh, a giudicare dalla diffusione sempre
maggiore, verrebbe da dire che l’evoluzione sta dalla loro parte. E se é cosí, di
certo non é per partito preso. É perché quel modo di vivere e di rapportarsi
col mondo, quella coscienza profonda probabilmente é in grado di assicurare una
miglior capacitá di sopravvivere nel mondo di oggi. Il fatto che siano stati a
lungo derisi, mentre ora – di fronte all’evidenza – vengono in qualche caso osteggiati,
in altri strumentalizzati, non fa che accrescere la mia convinzione.
Mi piace allora pensare che sia cosí. E che in futuro questa coscienza
si diffonderá ancora di piú fino a diventare comune a tutta la specie. Proprio
perché vantaggiosa. Ma non mi faccio illusioni sul come. Il fatto che dobbiamo
capire infatti, e al quale probabilmente ci dobbiamo preparare, é che il
processo non sará affatto indolore. Per fare un esempio, non mi aspetto che
possa essere una diffusione uniforme come quella che avviene da una bustina di
té nell’acqua calda, in cui il té si propaga dalla fonte fino ad estendersi a
tutto il sistema. Ammesso che potesse funzionare come strategia, non ne abbiamo
tempo. Piuttosto sará una diffusione dovuta alla riduzione delle dimensioni del
sistema, fino ad includere la fonte e poco piú. Come quando metti un cucchiaino
di miele in un secchio pieno di acqua. Che differenza vuoi che faccia? Ma se
fai un buco appena sopra il fondo dove si é depositato il miele, l’acqua esce tutta
fino ad arrivare appena sotto il buco. Percui é chiaro che in quel modo l’acqua
rimasta sará piú dolce di prima. Ma solo perché ce ne sará molta, molta di
meno. L’acqua che ci sará permesso tenere dentro al secchio sará tanto maggiore
quando piú riusciremo a metterci d’accordo sul frenare quella macchina lanciata
contro il muro prima dello schianto inevitabile. Limitare i danni.
Ma anche dopo le tragedie, le catastrofi, la distruzione cui siamo
destinati, la specie continuerá il suo cammino. E sará una specie diversa,
senza dubbio. Sará una specie meno miope e piú lungimirante. Una specie che
saprá vivere in armonia con la natura perché ne avrá infine compreso l’importanza.
Sará una specie che é stata in grado, con le buone o con le cattive, di
cambiare rotta.
Per lo meno mi conforta allora pensare che, d’ora in poi, ogni volta
che mi sentiró deriso o denigrato per manifestare la mia convinzione che quello
che stiamo facendo come uomini é essenzialmente e profondamente sbagliato e
controproducente, almeno sapró di avere Darwin dalla mia parte.
“Ogni volta che la gente è d'accordo con me provo la
sensazione di avere torto.”
Oscar Wilde.
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