Lasciare qualcosa di incompleto lo rende interessante,
da l’impressione che ci sia spazio per la crescita”
Yoshida Kenko in Tsurezuregusa
(Saggi sull’ozio), 1322
La nostra ricerca quotidiana di ordinare il mondo secondo criteri di
intellegibilitá é cosí forte da divenire devastante per il mondo stesso che cerchiamo
di comprendere. O di domaniare, sarebbe forse il caso di dire. La conoscienza spesso
si distorce nel fluire dal mondo reale alle nostre menti, dandoci l’illusione
del controllo su cose che in veritá non controlleremo mai. Perché non le
riusciremo a comprendere mai fino in fondo. Tanto vale accettarlo e comportarci
di conseguenza. Lasciamo da parte la presunzione e l’orgoglio, la ricerca della
perfezione e la quadratura del cerchio. Abituiamoci all’incompletezza, stato
costante nella sua transitoreitá verso sé stesso.
Percepiamo il mondo attraverso i nostri sensi. Da essi riceviamo le
informazioni secondo le quali ci relazioniamo con esso e con le quali cerchiamo
di comprendere quello che abbiamo davanti. Questo é il nostro primo livello di
conoscienza, non molto diverso da quello
di tutti gli altri animali. Il secondo livello é la nostra capacitá di
astrazione. Il potere della nostra mente. Entra qui in gioco la nostra capacitá
di creare modelli per interpretare quello che i nostri sensi ci hanno detto
finora, per prevedere risposte a domande che ancora non ci siamo fatti. È
davvero magica la nostra capacitá di astrazione. Si pensi solo all’intero
universo matematico creato nei secoli con le sue leggi e il suo linguaggio, che
ci permette di arrivare a contemplare cose che non avremo mai la possibilitá di
percepire con i nostri sensi. Senza poi parlare della filosofia e della
costante tensione nei secoli dell’essere umano verso ció che trascende i suoi
sensi. Conosciamo e ragioniamo di cose che non avremo mai la capacitá di vedere
o sentire, ma cui riusciamo a dare una applicazione piú o meno pratica nella
vita di tutti i giorni.
Questa nostra capacitá di astrazione é come una finestra su un altra
dimensione, una dimensione che non ci é dato percepire ma che pure é lí davanti
a noi. O attorno a noi, sarebbe meglio dire. Ed é senza limiti. Continuando sullo
stesso percorso di astrazione, non dovremmo sorprenderci se, al pari di cose
che non percepiamo e che pur possiamo immaginare e considerare al pari di oggetti
concreti, ne esistessero altre che non solo non percepiamo, ma nemmeno
immaginiamo. Non dovremmo meravigliarci se dopo piú di migliaia di anni di
storia evolutiva, la nostra conoscienza delle leggi che governano il mondo é
ancora del tutto parziale. Lo rimarrá sempre. Incompleta.
Ci sono quelli che credono che esista una veritá, e la nostra
conoscienza é semplicemente un tentativo di avvicinarci ad essa, di raggiungerla.
Altri non credono che di veritá ne esista una, ma infinite, come infinite sono
le modalitá di intepretarla e rapportarsi con essa. In ognuno dei due casi, mi
pare di poter concludere che si tratta di qualcosa cui possiamo solo –
eternamente – tendere, senza per questo poterla mai raggiungere. Siamo
limitati, facciamocene una ragione. I nostri sensi sono limitati, le nostre
menti sono limitate. Le nostre vite sono limitate. Abbiamo ampliato i nostri
sensi con strumenti straordinari, le nostre menti si sono sviluppate in modi
incredibili, raggiungendo perfino quello che si potrebbe definire come una
mente collettiva, che tramanda le proprie conoscienze ben oltre i limiti delle
vite individuali. Ma non é ancora abbastanza. Né lo sará mai.
La nostra visione del mondo, la nostra conoscienza, sará sempre
incompleta e parziale. E cosí dobbiamo accettarlo. Ció non significa fermare il
progresso, tutto il contrario. Ció significa peró che per quanto lo si porti avanti,
non sará mai abbastanza da darci la sicurezza di aver capito il mondo. Né tantomeno
di poterlo controllare o piegare a nostro piacimento. Occorre quindi guardare alla
realtá attorno a noi con altri occhi rispetto a come facciamo ora. Non dare mai
nulla per scontato perché, per quanto universalmente accettato possa essere,
potrebbe risultare un giorno completamente fallace. O, ancora peggio, potrebbe
semplicemente esserlo senza mai rivelarsi tale.
Alla luce di ció vale sempre piú la pena domandarsi se la nostra
societá sia davvero un anello definitivo, o quantomeno stabille, nella catena
dello sviluppo umano. Nonostante sia ora universalmente accettata come tale.
Oppure se in realtá non stiamo credendo troppo alle favole che noi stessi ci
raccontiamo. Vale la pena chiedersi se dovremmo, invece che credere a noi
stessi, aprire bene gli occhi e cercare altri modelli solidi di sviluppo,
plasmati dalla natura nel corso di milioni di anni. Il tempo che noi non abbiamo
mai avuto, né avremo mai.
Dice Bill Mollison che tutto quello che c’é da imparare nella vita é
davanti ai nostri occhi quando camminiamo in un bosco. Direi che noi, invece, abbiamo
preso una strada radicalmente diversa per organizzare le nostre vite. Limitando
il verde presente nelle nostre vite a sporadiche creazioni artificiali e
sotterrandoci in un mare di cemento. Condivisibile o no come stile di vita,
resta il fatto che lo abbiamo creato noi, basandoci su considerazioni estemporanee
se comparate con i tempi della natura. Eppure non ci passa nemmeno per la testa
rivederle in qualche modo. Dietro questa convinzione ferrea c’é ben piú che l’umana
arroganza, c’é l’infida credenza di possedere qualcosa che in realtá non
riusciremo mai ad avere se non forse solo in una minuscola parte: conoscienza.
La nostra conoscienza é necessariamente caratterizzata dalla validitá
parziale che deriva dalla limitatezza dei nostri sensi e della nostra mente.
Faremmo meglio a capirlo, ad accettarlo e comportarci come tale. La ricerca
della perfezione é una menzogna. Non lo é la ricerca della conoscienza, ma
questa deve essere onesta e rendersi conto che, in qualsiasi momento, potrá
solo essere parziale. Scordiamoci quindi la perfezione o, il suo riflesso, la
completezza. L’incompleto deve essere il nostro stato mentale, quell’incompleto
che ci stimola alla crescita senza fine, senza preconcetti e senza aspettative
frustrate.
Sentiamoci a nostro agio nell’incompletezza, é la nostra condizione
naturale di esseri umani. Non accontentiamoci davanti all’illusione di un qualcosa
che non possiamo raggiungere. Riconosciamo la nostra vera natura e viviamo di
conseguenza. Smettiamo di correre dietro alle chimere ed apriamo bene gli occhi
invece, davanti alla vera unica maestra che abbiamo sempre avuto attorno a noi.
Ascoltiamo l’eco dei boschi. È quanto di piú sensato possiamo fare. Forse.
“La mente
umana é alla disperata ricerca di modelli, per questo siamo ossessionati dalla
simmetria. Un modello implica un significato. Peró a volte le cose accadono per
puro accidente e non seguono nessun modello.”
Marcus du
Sautoy, Simmetria.
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